Di Leonid Andreiev (1871-1919) si è perduto ogni ricordo. Del resto anche in vita era uno sconosciuto. Avvocato di mestiere, alcolista incallito, antizarista e antibolscevico, acquista una certa notorietà negli anni 30, quando Victor Sjostrom, regista hollywoodiano, trasforma uno dei suoi racconti (Colui che viene schiaffeggiato) in "Lacrime di clown", film di discreto successo. A sollevare un angolino della spessa coltre di polvere che si è accumulata sull'opera di Andreiev è ora Olivier Werner, eccellente attore francese, un "one man show" di un'ora e quaranta, che finirebbe con l'annoiare a morte se non fosse, Werner, un grande attore. Modula alla perfezione gli stati d'animo del personaggio che mette in scena, un folle assassino che confessa le ragioni del suo gesto, senza un solo intoppo e senza un attimo di respiro. Andreiev elabora un fatto di cronaca, di cui era stato testimone, in quanto avvocato, al tribunale di Leningrado. Ma fa suo il personaggio, la cui confessione vibra al ritmo della sua propria incalzante follia (Andreiev morira inguaribilmente folle). Più volte, durante la sua confessione, l'assassino dice di essersi sentito un attore. Un paragone che fa riflettere: cosa hanno in comune un folle e un attore? Forse il fatto che entrambi vivono una realtà parallela. Una realtà inventata, una finzione. Che nel caso del folle è una patologia, nel caso dell'attore una professione. Tranne che all'origine del teatro, quando la rappresentazione nasceva dalla esaltazione religiosa e orgiastica, molto simile a quell che definiamo oggi follia. Con conseguenza ben diverse, ovviamente. Ma la radice è la stessa: l 'estraneazione. Non è certo casuale la insistenza di Werner sulla somiglianza della condizione del folle e quella dell'attore. Che si arricchisce di altri elementi: il folle assassino di Andreiev entra in un mondo di parole che non riesce più a dominare, cavalca la sua lunga confessione come un cavallo imbizzarrito. E che cosa sarebbe l'attore senza le parole? Certo, rimarrebbe il gesto, ma verrebbe meno quell che consideriamo in lui essenziale, la recitazione.
Atto unico di Leonid Andreiev tradotto e interpretato da Olivier Werner.-di Attilio Moro
Pubblicato in
I Fatti
Etichettato sotto