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BIENNALE DANZA, VENEZIA 2018 - La Biennale Danza si apre con "Built to last" di Meg Stuart. - di Mario Mattia Giorgetti

“Built to last”, coreografia Meg Stuart “Built to last”, coreografia Meg Stuart

Venezia
La Biennale Danza si apre
con "Built to last" di Meg Stuart

Il 12esimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale, sui temi "respirare, strategia, sovversioni", si è aperto con "Built to last", una creazione che risale al 2014, della coreografa Meg Stuart, e ora a Venezia in prima nazionale.
Avanti lo spettacolo la direttrice del settore Danza, Marie Chouinard, in maniera molto disinvolta e un po' col fare comico, smitizzante, le ha consegnato il premio "Leone d'oro alla carriera", concedendole la parola da cui abbiamo appreso che Meg Stuart, coreografa, danzatrice, si è formata sulla scena newyorchese; poi in Europa ha fondato nel 1994, a Bruxelles, la Compagnia "Damaged Goods", con cui ha realizzato oltre trenta produzioni.
Prima di entrare nel contenuto di questo lungo spettacolo, è bene segnalare all'organizzazione che agli ospiti giornalisti occorre dare più dettagliate e precise informazioni sul luogo dove avvengono gli eventi, per evitargli lunghe camminate e soste per chiedere alle persone dove si trova questo "Teatro alle Tese", zona Arsenale, una bellissimo complesso di edifici industriali dismessi e riciclati all'uopo.
Questo spettacolo, assai lungo e ripetitivo nel suo insieme, vorrebbe, e diciamo vorrebbe, raccontare la storia della danza dalle sue origini, dai tempi in cui l'uomo frequentava i dinosauri, affidandosi ad una registrazione di colonna sonora, una metacomposizione del drammaturgo musicale Alain Franco, che funziona come macchina del tempo, un collage da strani rumori alternati da frammenti classici, tra cui Sergej Rachmaninov, Ludwig van Beethoven, Iannis Xenakis e Arnold Schönberg, avvalendosi anche di elementi scenici mobili come una costellazione di grandi palle, gli Astri, che si muovono sopra la testa dei danzatori, una casetta tutta bianca trasportabile, animata al suo interno da proiezioni di ambienti del mondo che ci pervade, lo scheletro ligneo di un dinosauro che viene smontato, distrutto, per essere alla fine ricomposto in maniera confusa, un nuovo mostro.
Condotto con movimenti elementari, segmentati, concettosi, centrati su mani e braccia, lunghe camminate, rotolamenti, corpi che cadono, muoiono, poi risorgono, lo spettacolo è affidato a cinque performer che viaggiano attraverso la storia della danza, domandandosi se oggi è possibile credere ancora ai valori eterni e nell'universalità, quando le cose sono costruite solo per andare verso il disfacimento?
Sono: Dragana Bulut, Davis Freemen, Anja Müller, Maria F. Scaroni, Kristof Van Boven, i cui canoni sono eccentrici: un danzatore piccolo e agile, un altro bello e robusto con tanto di mustacchi, due donne che per immagine sono più vicine al classico modello della ballerina, un'altra danzatrice cicciottella, forte, dinamica ed espressiva, nonostante il grande agitarsi, dicevamo, dei danzatori, o meglio dei performer, che a volte uno di questi si confronta col pubblico, parlandogli, cercando complicità a questo progetto concettuale, un senso di noia pervade la sala del teatro, colma di patiti ballettomani del contemporaneo che non hanno mancato al loro dovere di pubblico attento, paziente, consenziente e plaudente.

Mario Mattia Giorgetti

MEG STUART/DAMAGED GOODS - BUILT TO LAST
prima italiana (2012-2018, 120')
coreografia Meg Stuart
creata con e interpretata da Dragana Bulut, Davis Freeman, Anja Müller, Maria F. Scaroni, Kristof Van Boven
drammaturgia Bart Van den Eynde, Jeroen Versteele
drammaturgia musicale Alain Franco
design sonoro Kassian Troyer
scenografia Doris Dziersk
costumi Nadine Grellinger
luci Jürgen Tulzer, Frank Laubenheimer
video Philipp Hochleichter
con il sostegno del Goethe-Institut Mailand

Ultima modifica il Sabato, 23 Giugno 2018 11:00

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