Sicilia, Sciaranuova Festival
Fare teatro tra le vigne dei Planeta
ai piedi dell'Etna è motivo di successo
È vero che il teatro si può fare ovunque, purché ci sia una zona dove far agire gli artisti e una zona dove sistemare il pubblico. Questo rapporto è imprescindibile, fisso, indispensabile, mentre la location è una variabile: oggi è quasi una necessità cambiare spazi pur di fare spettacolo. Infatti, andando per festival, siamo passati dai teatri all'italiana a palestre scolastiche, dagli anfiteatri alle piazze, dalle chiese sconsacrate all'interno di scantinati. E ora tra le Vigne. Meraviglioso.
La fantasia dell'uomo non ha limiti quando si tratta di "cavalcare" il teatro, sotto tutte le sue forme; cioè fare incontrare un pubblico con chi fa spettacolo pur di promuovere la città, o spazi di altro genere, interesse.
E ora tra le vigne. Sì, proprio in mezzo ai meravigliosi vigneti posti ai piedi dell'Etna, lontano chilometri dai centri abitati, avventurandosi in auto in strade sterrate, ciottolose, rischiose per gli automezzi, da tempo, in un contesto da favola, da altro mondo, si fanno eventi di spettacolo. Perciò, ora, parleremo del "Sciaranuova Festival - Teatro in Vigna", raccontando la sua genesi.
Da quattro anni, grazie alla perspicace idea di una brillante attrice siciliana, Paola Pace, il pubblico isolano e no, viene invitato a Sciaranuova, nei poderi della Azienda Planeta, (Azienda primaria che produce vino in diversi punti dell'isola e finanziatrice illuminata del festival, capitanata da Vito Planeta che fa sempre gli onori di casa), alle pendici dell'Etna, dove posseggono un agglomerato di antichi casolari che ora fanno punto di riferimento per la degustazione dei vini, offerti con un rito generoso al coraggioso pubblico presente.
Insomma, prima dell'evento teatrale è bene "carburare" il pubblico, renderlo allegro, partecipe, come si faceva nei tempi antichi, con vino a volontà, bianco, rosé o rosso che sia. Appuntamento alle 19.30, all'ora che volge al desio, si percorre a piedi un viottolo segnato da tantissime bocce, che fungono da lanterne, ora spente ma che poi, al rientro, troveremo accese dai tanti servitori e vallette che, prima, avranno "coccolato" il disponibile pubblico, intrattenuto in un'aia costellata da pietre vulcaniche su cui tutti ci sediamo, con tanto di calice in mano (offerto all'entrata, protetto da sacchetto, obbligatoriamente da restituirsi al termine dell'evento), pronti a sorseggiare del buon vino. Un'ora di bevute con stuzzichini da aperitivo, di socializzazione, di chiacchiere, di brusio.
Poi, si alzano due barriere e il pubblico viene condotto nello spazio-teatro, una sorta di anfiteatro rustico, dove oltre un centinaio di sedie sono poste sotto ad grande abete che fa quasi da cappa protettiva e davanti il cosiddetto palcoscenico ottenuto dall'alto muro di cinta in compagnia di bancali di legno, riciclati come pedane. Ai lati casse acustiche, poiché, essendo all'aperto, tra le vigne, appunto, non si può fare a meno di amplificare voci e suoni; e piantane con riflettori gelatinati per fare ogni tanto dei cambi di luce.
Ed è in questo contesto, in questo clima, in questa accoglienza, con vista dell'Etna, tra le pietre brunite, laviche, che il vulcano in tempi remoti ha vomitato in lungo e largo, sui cui, poi, l'uomo ci ha creato il suo ambiente, abbiamo seguito gli eventi di cui riferiamo, che si concludono, alla fine, con altra offerta di cibo e ancora vino.
E chi non ci starebbe con un simile trattamento? Infatti, il pubblico, sempre numeroso, oscilla tra giovani in abiti casual e attempati signori che non vogliono arrendersi alla vecchiaia, che si muovono da eterni giovani, però acciaccati.
Abbiamo assistito a "Fuori di chiave", una raccolta di poesie di Luigi Pirandello, dove si incontra tutto l'universo fantasioso del futuro premio Nobel, centrato su temi della natura, di personaggi, di animali, di terra e grano, di spaccati di vita, che poi rimbalzeranno nella sua drammaturgia.
L'interprete dell'evento è stato Fabrizio Falco, giovane di talento, che si è mosso, con fogli alla mano, in una lettura bene articolata, presentatosi in tono dimesso, con una tenuta troppo casual, per noi poco rispettosa per l'evento dedicato al poeta Pirandello, e poi con troppi intervalli musicali di chitarra, bene eseguiti dal giovane Umberto Orlando.
Le poesie che abbiamo ascoltato sono:
I saltimbanchi, A un olivo, A un gufo, Ultimo vate, Gli occhiali, Conversando, Comitato, Dipartenza, Melbthal, La visita, Padron Dio, Il tesoro, Stormo, e poi alla fine Falco ha letto un piccolo racconto di Roberto Alajmo, dal titolo Le ceneri di Pirandello.
Comunque, il pubblico è stato attento, silenzioso, teso per circa un'ora per poi esplodere in calorosi applausi.
Il secondo evento è stato "Lenór," dedicato a Eleonora De Fonseca Pimentel di Enza Piccolo, Nunzia Antonino e Carlo Bruni; monologo intenso, ben recitato da Nunzia Antonino, che, ferma su una alta pedana, davanti ad una semplice sedia, con pochi movimenti, ma significativi, sul proprio corpo, in costume d'epoca, ha dominato la platea, raccontando la vita, assai travagliata ma impegnata sul versante rivoluzionario di Eleonora De Fonseca Pimentel, portoghese d'origine, ma napoletana d'adozione. Poetessa e scrittrice fu una delle prime giornaliste in Europa, protagonista dei moti partenopei del 1799 e di quella breve ed effimera repubblica meridionale. Ha condotto una vita appassionata e faticosa, e ci parla ancora oggi, con grande forza, di libertà e giustizia, di amore e dignità.
Eleonora combatté sino al patibolo la volgarità e l'inganno, l'ignoranza e la barbarie.
Gli autori e la buona regia di Carlo Bruni, corredata di musica e canzoni ben scelte, da suggestive luci, hanno reso un significativo omaggio a questa esemplare donna che meritava di essere conosciuta e che tutt'ora ci farà da guida in questi tempi difficili.
Il pubblico numeroso non ha lesinato gli applausi e numerose sono state le chiamate a sottolineare la bravura dell'attrice e del buon lavoro fatto da tutto lo staff.
Mario Mattia Giorgetti