Acrobazie per svelare la bellezza del quotidiano
Il festival CloseUp a Crema nel cuore dell'ex convento di Sant'Agostino
di Nicola Arrigoni
La forza del teatro è quella di trasformare e trasfigurare la realtà. Questo è accaduto con la prima edizione del festival di nouveau cirque, video e danza Close Up, ideato da Mara Serina, organizzatrice culturale che si è formata a Teatro a Corte e da sempre attenta a creare legami fra arti performative e luoghi. Non è un caso che Close Up abbia trovato spazio nel centro culturale Sant'Agostino e nel museo civico di Crema, un affascinante convento riadattato a cittadella della cultura. Al di là dei singoli appuntamenti il festival ha mostrato come le arti performative possano essere intelligenti detonatori per rivalutare spazi e creare mondi.
Tre giorni, tre modi di vivere l'arte che trasforma e interroga attraverso visioni, azioni e laboratori. Nella prima giornata protagoniste sono state le installazioni video di Billy Cowie, il padre della danza in 3D di cui sono stati presentati The reverie alone, In the flesh, Tango de Soledad, T'es pas la seule e Art of Movement. Occhialini 3D e improvvisamente l'immagine si fa corpo, il video diventa palpabile e viene voglia di sfiorare quel corpo che emerge dal palcoscenico o si proietta dal soffitto. Suggestione e stupore: due aspetti di una tre giorni che ha proposto visioni, ma anche azioni. Alla performance dal vivo è stata dedicata la seconda giornata che si è aperta con Transports Exceptionells della compagnia francese Beau Gest. Nello spiazzo di CremArena Aureélien Leglaunec ha intessuto una danza con una ruspa di 8 tonnellate su musiche del repertorio melico di Maria Callas. Ne è fuoriuscito un pas de deux – ideato dal fondatore della compagnia Philippe Priasso – insolito, a suo modo poetico e desituante. Alla fin fine il 'trasporto eccezionale' del titolo è apparso essere il danzatore che ha intessuto con la macchina un rapporto coreografico fatto di sfida e tenerezza, di lotta e abbracci con l'escavatrice. Lo spettatore assiste divertito, fino a quando non si insinua il pensiero che quella danza vede confrontarsi la fragilità dell'umano con la potenza meccanica della macchina, guidata con sintonia coreografica da Willy Defresne. Basterebbe una manovra azzardata, un po' più di potenza data alla macchina perché questa calpesti e schiacci il danzatore... Sta forse in questo il brivido circense di una performance che ha alle spalle più di 600 repliche in 170 città di tutto il mondo, un lavoro che ogni volta è nuovo, come nuova è sempre la ruspa che si utilizza, da qui l'abilità di chi la guida e la tenacia di chi danza con essa.
Situazioni insolite e soprattutto immagini che riempiono gli occhi di bellezza. E' accaduto questo con O Ultimo Momento, la danza sul palo di Joao Paulo Pereira Dos Santos in sala Pietro da Cemmo ha coniugato bellezza degli affreschi e armonia del movimento. La location ideata per ovviare al maltempo si è dimostrata azzeccata e ricca di fascino e ha proposto un dialogo inteso e suggestivo fra il corpo del danzatore, uno dei migliori artisti circensi specializzato nella disciplina del palo circense e gli affreschi dell'ex refettorio del convento di Sant'Agostino. Così l'ultima cena con le architetture leonardesche è divenuta interlocutrice suo malgrado con l'ascesa acrobatica dell'artista che volteggia e si confonde con le figure del dipinto, anch'esso dipinto e icona. Tanto pubblico, rapito e ammirato da tanta bellezza. Un invito a coniugare bellezza e abilità è stata la performance sulle corde fra i porticati del chiostro, realizzata dalla bellissima Ilona Jäntti, che ha danzato sospesa fra arcate e colonnati sulle improvvisazioni jazz alla tromba di Gianni Satta. Ne è fuoriuscita una installazione breve ed intensa di un corpo flessuoso che si è fatto segno architettonico in un chiostro dalle austere fattezze. Le azioni di Close Up si sono compiute nelle creazioni coreografiche di Viola Gasparotti, Annalisa Morelli e Lidia Luciani, tra giovanissime danzatrici che si sono mosse nelle sale del museo civico e hanno proposto un modo altro di vivere gli spazi dell'ex convento e fruire le collezioni. In un museo che racconta di un collezionismo che ai pezzi d'arte affianca reperti curiosi e segni della cultura materiale l'azione coreografica delle tre danzatrici ha animato quei quadri, gli spazi museali, trasformati in scenari di un movimento corporeo che nella sua acerbità chiede attenzione e curiosità. La terza giornata è stata interamente dedicata ai laboratori per bambini e comunità della periferia della città, un modo per fare e animare, un modo per dare concretezza partecipata a visioni ed azioni, destinate a trasformarsi in un fare insieme per cambiare, o almeno ipotizzare un cambiamento, una trasformazione, complice l'utopia che sempre regalano arte e creatività.
Al di là delle singole performance, Close Up ha mostrato come lo spettacolo dal vivo possa essere un veicolo di poetico racconto urbano, elzeviro in movimento di valorizzazione delle bellezze di una città. Non tutto è perduto e nel tempo dell'omologazione, della fretta mediatica e dell'anonimato umano, forse le arti dello spettacolo – con quel pizzico di rischio cosciente dell'andare in scena – possono ri-edificare il senso di comunità, rivelarci la bellezza che sta nei luoghi del nostro quotidiano, anche solo vestendoli a festa e facendone un palcoscenico condiviso da un rinato sentimento di appartenenza, La gente ha capito e numerosa non ha mancato l'appuntamento, malgrado il tempo. Applausi e la consapevolezza che Close Up ha le potenzialità di crescere, solo che amministrazione comunale e sponsor lo vogliano insieme allo staff, guidato da Mara Serina.