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SPOLETO FESTIVAL DEI DUE MONDI 2019 - "Proserpine", regia Giorgio Ferrara. -di Pierluigi Pietricola

"Proserpine", regia Giorgio Ferrara "Proserpine", regia Giorgio Ferrara

PROSERPINE
OPERA LIRICA IN DUE ATTI
tratta dal dramma
Proserpine di Mary Shelley
editore Casa Ricordi srl
musica Silvia Colasanti
adattamento René de Ceccatty, Giorgio Ferrara
direttore Pierre-André Valade
regia Giorgio Ferrara
scene Sandro Chia
costumi Vincent Darré
luci Fiammetta Baldiserri
Ceres Sharon Carty
Proserpine Dísella Lárusdóttir
Ino Anna Patalong
Eunoe Silvia Regazzo
Iris Gaia Petrone
Arethusa Katarzyna Otczyk
Ascalaphus Lorenzo Grante
Shades of Hell Caterina Bonanni, Eugenia Faustini, Giulia Gallone,
Cecilia Guzzardi, Elisabetta Misasi, Eleonora Pace 
attori diplomati dell´Accademia d´Arte Drammatica "Silvio d´Amico" di Roma
Orchestra Giovanile Italiana
produzione Spoleto62 Festival dei 2Mondi
Spoleto, Festival dei Due Mondi 2019

"La crescita attraverso un amore violento, l'ombra come parte oscura e apparentemente solo negativa dell'uomo..., la saggezza come accettazione del chiaroscuro": sono parole che Silvia Colasanti pone a mo' d'epigrafe alla sua Proserpine. Lavoro nel quale ogni sapore di dolce consolazione della linea melodica è distante perché qui le note divengono aguzze, simili a speroni che s'inerpicano dando vita ad acuti nitidi e brillanti per poi ridiscendere verso bassi caldi, cupi, dove la luce dirada fin a scomparire.
Il mito della fanciulla rapita da Plutone, condotta agl'inferi per tornare sulla terra su ordine di Giove così restando umana ma divenendo, al contempo, regina del mondo oscuro, non avrebbe potuto conoscere composizione musicale più adeguata. Abbandonandosi alle note, chiudendo di tanto in tanto gli occhi, sembrava veder prendere vita Il naufragio della Speranza, il celebre dipinto di Friedrich dove "una nave... appena visibile – sono parole di Giovanni Macchia – giace rovesciata su di un fianco, imprigionata da giganteschi blocchi di candido ghiaccio". Parole, queste, che ben si adattano all'opera della Colasanti.
In Proserpine i personaggi sono prigionieri. Da essi promana un senso claustrale che tutto investe: i movimenti paiono serrati come quelli d'impigrite marionette; gli abiti simili a scafandri senza pieghe che rivestono e abbelliscono le fattezze dei corpi femminili; le scene dai colori privi di sfumature e con un'accennata plasticità che vagamente ricordano le pennellate di Sironi; le musiche, ben orchestrate e dirette da Pierre-André Valade, di tanto in tanto pareva avessero intenzione di volersi abbandonare ad ampi giri armonici, distensivi e consolatori; ma subito venivano richiamate all'ordine con un secco rapido e serrato rullio di grancassa.
Con uno stile raccolto, concentrato, condensato all'inverosimile, Silvia Colasanti ha raffigurato la garitta nella quale vive l'uomo che da sé abolisce ogni opposto, qualsiasi elemento abbia il sapore dell'imperfezione. Il mito di Proserpina, colei che ha fatto esperienza della luce e della tenebra nutrendosi d'entrambe, è libera da tutto: anche dal volere di Giove, il re dell'Olimpo e degli dèi.
Libertà che nel canto si esprime attraverso la voce nitida, possente e al contempo sottile di Disella Lárusdóttir, la cui Proserpina è stoica, dignitosa. Da lei è distante qualsiasi melensaggine, ogni insulso romanticismo.
La regia di Giorgio Ferrara, che firma anche il libretto assieme a René de Ceccatty, poco aderisce ai presupposti del lavoro della Colasanti, così apparendo come suo tenue e garbato rivestimento piuttosto che sua interpretazione attraverso lo sviluppo d'una idea o d'una metafora.
Malgrado ciò, Proserpine ha comunque incantato il pubblico spoletino. Non ultimo perché, come insegna il poeta Karel Toman, "l'unica legge è germogliare e crescere, – crescere nella tempesta e nelle intemperie – a dispetto di tutto".
È questo, puro e semplice, l'insegnamento che Proserpina ci invita a seguire.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Mercoledì, 03 Luglio 2019 08:41

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