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SPOLETO FESTIVAL DEI DUE MONDI 2019 - "COLTELLI NELLE GALLINE", regia Andrée Ruth Shammah. -di Pierluigi Pietricola

"Coltelli nelle galline", regia Andrée Ruth Shammah "Coltelli nelle galline", regia Andrée Ruth Shammah

COLTELLI NELLE GALLINE
di David Harrower
traduzione Monica Capuani e Andrée Ruth Shammah
regia Andrée Ruth Shammah
con Eva Riccobono Giovane Donna
Alberto Astorri Pony William
Pietro Micci Gilbert Horn

scene Margherita Palli con la collaborazione di Marco Cristini
luci Camilla Piccioni
costumi Sasha Nikolaeva
musiche Michele Tadini
video Luca Scarzella
collaborazione artistica Isa Traversi
assistenti alla regia Beatrice Cazzaro, Lorenzo Ponte
assistente scenografo Katarina Stancic
assistente video Anna Frigo
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
in collaborazione con gli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti Chiara Carrettoni, Chiara Sgrignuoli, Martino Grande, Francesca Pesce e Kelly Linciano
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Campania dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia
in collaborazione con Spoleto 62 Festival dei 2Mondi
Spoleto 62 Festival dei 2Mondi, 8 luglio 2019

"Quello che debbo fare è mettere i nomi a ciò che vedo come quando infilo un coltello dentro il cuore delle galline. Ma io so che davanti a me c'è molto di più". Battute che racchiudono il senso della pièce firmata da David Harrower Coltelli nelle galline e diretta da Andrée Ruth Shammah.
Siamo in un villaggio dell'antica Scozia. Una giovane donna, senza nome, è sposa d'un contadino, Pony William, selvaggio e ignorante, i cui interessi sono tutti concentrati su ciò che è concreto. Egli è teso a produrre e non bada a nient'altro. Concepisce la moglie come una proprietà, è cosa sua e deve fare ciò che le ordina.
La protagonista, benché impacciata e obbediente, in sé nutre aspettative maggiori. Vuole conoscere, è curiosa. Soddisfazione, questa, che le verrà data dal mugnaio Gilbert Horn, uomo che sa scrivere e pensare, dal quale si reca per macinare del grano. Ne resterà come affatturata, invaghita al punto da uccidere il consorte, concedersi una notte di passione con Horn, che in villaggio considerano una specie di stregone, per poi tornare libera di essere ciò che vuole.
Lavoro che ovunque emana odore di campo, quello di Harrower, terragno, dove il sudore della fatica agreste, le piccinerie, le ottusità tipiche dei gretti villaggi di tempi remoti ricoprono il palco in ogni angolo.
Lo spettacolo ha scenari essenziali. Scritte che appaiono su d'uno sfondo bianco rendono noto l'ambiente nel quale ci si trova e il tempo esatto dell'azione. Piccoli modellini di case abitate da bambole che, in miniatura, rappresentano i tre protagonisti, vengono spostati a seconda delle esigenze e dei mutamenti d'ambiente. Soluzioni, queste, che ricordano gli espedienti del teatro epico di Brecht, affinché lo spettatore non si immedesimasse con quanto accadeva sul palco.
Nonostante lo spunto interessante - la contrapposizione fra conoscenza e ignoranza, libertà e grettezza d'animo - lo spettacolo stenta a spiccare il volo per come è stato scritto e non per via degli attori, bravi e ben ancorati ai ruoli, con misura, senza esagerazioni e ricorrendo a poche ma decise sfumature interpretative.
In conclusione ci chiediamo: chi sono questi personaggi? Come vivranno quando usciranno di scena? Cambieranno i loro destini? Saranno in grado di farlo? Non lo sapremo mai.
La regia di Andrée Ruth Shammah è impostata sulla parola e sul modo di pronunciarla, sulla ritmica della frase, le diverse tonalità da adottare. Lavoro che si riflette nella recitazione di Eva Riccobono (la Giovane Donna), simile ad una bimba intimidita, bizzarra perché ingenua e apparentemente sottomessa.
Fino a quando il fantasma della parola in teatro avrà il sopravvento? La felice lezione di Beckett sul linguaggio, ormai divenuta un classico delle nostre scene, può ancora comunicarci qualcosa? E cosa di nuovo, soprattutto?
Domande che sorgono al termine di Coltelli nelle galline. E che, come alla protagonista, fan sorgere il dubbio che davanti a quanto appena visto ci sarebbe potuto essere, forse, molto di più.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Sabato, 13 Luglio 2019 10:43

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