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56ª Stagione Teatro Greco, SIRACUSA - "Coefore Eumenidi", regia Davide Livermore. -di Gigi Giacobbe

Coefore Eumenidi di Eschilo
Traduzione: Walter Lapini
Regia di Davide Livermore
Musiche: Andrea Chenna
Scene: Davide Livermore, Lorenzo Russo Rinaldi. Costumi: Gianluca Falaschi
Disegno luci: Antonio Castro. Regista assistente: Sax Nicosia. Video design: D-Work. Direttore di scena: Alberto Giolitti.
Assistenti regia: Giulio Cavallini, Aurora Trovatello
Coefore:
Musici: Diego Mingulla, Stefano Visalli. Oreste: Giuseppe Sartori. Pilade: Spyros Chamilos.

Elettra: Anna Della Rosa. Le Coefore: Gaia Aprea, Alice Giroldini, Valentina Virando.
Cantanti: Chiara Osella, Graziana Palazzo, Silvia Piccollo.
Voce e immagine di Agamennone: Sax Nicosia. Clitennestra: Laura Marinoni. Cilissa: Maria Grazia Solano.
Egisto: Stefano Santospago. Una donna: Irasema Carpinteri.
Le Erinni: Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca.
Guardie: Gabriele Crisafulli, Manfredi Gimigliano, Lorenzo Iacuzio, Roberto Marra, Francesco Piccolo.
Eumenidi:
La Pizia (profetessa): Maria Grazia Solano. Apollo: Giancarlo Judica Cordiglia.

Le Eumenidi: Laila Maria Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca.
Fantasma di Clitennestra: Laura Marinoni. Statua di Atena: Federica Cinque.
Atena: Olivia Manescalchi.
Coordinatore allestimenti: Marco Branciamore. Costumista assistente e responsabile sartoria: Marcello Salvo.
Progetto audio: Vincenzo Quadarella. Responsabile settore scenografico: Carlo Gilè.
Responsabile trucco e parrucco: Aldo Caldarella. Costumi: Laboratorio di sartoria Fondazione Inda Onlus.
Scenografie: Laboratorio di scenografia Fondazione Inda Onlus.
Con la partecipazione degli allievi dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico.
56ª Stagione Teatro Greco 3 luglio- 21 agosto 2021. Siracusa.

«È del poeta il fin la meraviglia...», scriveva circa quattrocento anni fa Giambattista Marino, massimo tra gli esponenti della poesia barocca (e continuava dicendo “parlo dell'eccellente e non del goffo, / chi non sa far stupir, vada alla striglia!». Versi che ben si appropriano alla personalità registica di Davide Livermore che ha il gusto di meravigliare, di épater le bourgeois, di lasciare un segno di grandeur con i suoi spettacoli. Certamente geniale due anni fa, in occasione della Elena di Euripide, quando trasformò l’intera orchestra del Teatro greco (40 metri x30) con i suoi 25 mila litri di acqua jn una sorta di piscina o un laghetto e altrettanto geniale adesso per aver fatto diventare la seconda e terza parte dell’Orestea di Eschilo (Coefore e Eumenidi) una location invernale (a dispetto dei 40 gradi sopra lo zero di questo fine giugno e inizio luglio), che rivela una scena apocalittica con la campata d’un ponte precipitato che ingloba centralmente un mega schermo rotondo somigliante a un pianeta ignoto che diffonde fiamme e saette e immagini di eventi catastrofici, mentre sbuffi d’acqua vaporizzata rendono brumoso e nebbioso l’habitat in contrasto con la fitta e finta neve che viene giù coprendo ogni cosa, diventando ghiaccio ai bordi dell’orchestra lì dove emergono due pianoforti suonati da Diego Mingulla e Stefania Visalli diffondenti nell’aere suoni cupi e sinistri, un tavolino con bottiglia e coppe (plastificate) di champagne, qualcosa che somiglia a un divano, un vecchio grammofono e al centro la tomba tondeggiante di Agamennone. Per questo suo straordinario spettacolo che firma pure le scene con Lorenzo Russo Rinaldi, credo che Livermore si sia ispirato a quei versi pronunciati da Oreste (del bravo Giuseppe Sartori), quando dice che se non darà agli assassini di suo padre la stessa morte che loro hanno dato a lui, proverà sulle sue membra tempeste di gelo e vampe di fiamme. Ghiaccio e fuoco dunque animano Oreste dopo essersi ricongiunto sulla tomba del padre con la sorella Elettra (Anna Della Rosa dai boccoli biondi e dal forte timbro vocale) sia pure affrontandosi di primo acchito con le pistole in mano e architettare poi il piano, col beneplacito di Apollo, per uccidere la madre Clitennestra e il di lei amante e cognato Egisto. Oreste è sempre in compagnia di Pilade, sembrano due partigiani armati di pistola attenti a non farsi scorgere dalle guardie del palazzo armati di mitra come dei nazifascisti. Sembra d’assistere ad un film degli anni ’40, per via dei costumi e degli abiti (quelli di Gianluca Falaschi) indossati, in particolare, dalle protagoniste femminili. E per alcuni momenti Oreste sembra Amleto, allorquando da quel globo incandescente appare il volto di Agamennone (quello di Sax Nicosia) che prendendo a prestito alcune battute del Coro dice al figlio che vuole essere vendicato e lo stesso Pilade sembra essere l’amico fidato Orazio. Con l’aiuto delle Coefore capitanate da Gaia Aprea, entreranno entrambi nella reggia travestiti da pellegrini e mentre Pilade con una revolverata farà fuori Egisto, con un effetto speciale che farà vedere la pallottola uscire dal petto di Stefano Santospago arrossando di sangue la sua camicia bianca, Oreste non se la sentirà di fare altrettanto con la vistosa madre Clitennestra di Laura Marinoni che giunge in scena su una Lancia Aprilia lustrata a nuovo, come una diva hollywoodiana biondo platino, fasciata da un lungo abito argenteo con tanto di mantello tutto luccicori e occhialini a forma di farfalla, la quale dopo aver ricordato al figlio il suo amore di madre gli mostrerà un seno che l’aveva allattato, convincendolo a non farsi ammazzare crudelmente, passando Oreste all’opzione “B”, quella del veleno sciolto in una coppa di champagne. Ecco dunque adesso scatenarsi le Erinni, elegantissime nei loro lunghi abiti dorati con cuffietta in testa d’identico tessuto (Laila Maria Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca) perseguitare Oreste per il matricidio commesso, inducendo lo stesso Apollo, con smoking bianco e revers neri quello di Giancarlo Judica Cordiglia, a fronteggiare da avvocato difensore la loro implacabile vendetta. Chiaramente le Erinni fungono da pubblico ministero durante un processo voluto dalla dea Atena (in rigoroso tailleur nero quella di Olivia Manescalchi) il cui giudizio finale sarà espresso da un consesso di saggi, diventati qui dieci manichini senza volto che prenderanno fuoco dopo aver espresso un numero di voti pari. E dal momento che il matricidio di Oreste equivale all’uxoricidio di Clitennestra i due delitti sono uguali, diventando Atena, anche per una telefonata di Apollo che le raccomandava il suo pupillo, l’ago della bilancia pendente in favore dell’assoluzione di Oreste, diventando le Erinni benevoli dee Eumenidi venerate dal popolo ateniese. Un finale consolatorio che non piaceva a Livermore che per esprimere il suo dissenso di assoluzione nei confronti di chi ha commesso chiari omicidi (in passato lo hanno manifestato Peter Stein, Luca Ronconi, Ariane Mnouchkine …) faceva apparire dal quella palla rossa le immagini di Peppino Impastato, il cadavere di Moro sul bagagliaio della R4, la stage di Capaci e di Ustica, avvenimenti atroci ancora avvolti da gelidi misteri.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 07 Luglio 2021 07:04

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