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Capodimonte, Manifattura della Porcellana - "L’ala destra del Dio di cuoio", regia Luciano Melchionna. -di Francesca Myriam Chiatto

L’ala destra del Dio di cuoio (omaggio a Pasolini)
Di Sara Bilotti e Luciano Melchionna
Regia Luciano Melchionna
Costumi Milla
Musiche Marco Guazzone
Con Veronica D’Elia e Sara Esposito
Suggestioni fotografiche Fabio Schiattarella
Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
Campania Teatro Festival – Sezione SportOpera
Capodimonte, Manifattura della Porcellana, Napoli, 30 Giugno 2021

Se andate a vedere uno spettacolo in cui alla regia ci sia Luciano Melchionna, aspettatevi qualsiasi cosa, tranne che l’ordinario, perché se dietro tutta la rappresentazione c’è lui, allora davvero può succedere di tutto, purché sia appartenente al ramo dello straordinario. Ci deve per forza essere qualcosa che stupisce, che lascia a bocca aperta, che fa pensare che niente è scontato o convenzionale, soprattutto se parliamo di teatro, se parliamo di arte e di espressività. Anche stavolta, non è da meno il risultato. Se inizialmente lo spettacolo può apparire in partenza complesso perché comincia nel mezzo del racconto e perché integra suoni, voci, filmati e recitazione, con interpretazioni del tutto personali e concentrazione sulle parole, il filo si dipana poi in una trama accattivante, ma soprattutto divertente, perché le due bravissime attrici si prestano a battute verso il pubblico e a dialoghi simpatici fra di loro, quasi prendendosi un po’ in giro. È il racconto di Pasolini e dell’ala destra del Bologna, il calciatore Amedeo Biavati, che poteva vantarsi di essere stato l’unico a cui Pier Paolo abbia mai chiesto l’autografo, ma è, in realtà, il racconto di tutti, della libertà di cercare sempre il vero sé, quello che soltanto le persone vere e veramente a noi vicine possono comprendere, nonostante le maschere e le personalità differenti che proviamo ad indossare, nonostante cerchiamo spesso di essere altro da noi e da ciò che siamo. Il calcio come metafora anche della vita, di un obiettivo, un credo, un pensiero, uno scopo che rincorriamo sempre e che, tuttavia, come un pallone, quasi sempre ci sfugge, continuamente e senza darci così frequentemente la possibilità di inquadrarlo e fare goal. È il doppio passo di Biavati che Pasolini rincorse per tutta la vita senza mai riuscire ad arrivarci, pur esercitandosi con costanza; è lo scambio continuo di vestiti delle due protagoniste, nonché uniche, che rappresenta che ciò che conta è quello che c’è dietro un vestito, la persona e non il suo modo di apparire. E poi eccolo, il colpo di scena, loro due che vanno tra il pubblico e tanti palloni di spugna che contemporaneamente, chissà da dove, vengono lanciati sugli spalti degli spettatori con cui Sara Esposito e Veronica D’Elia cominciano a giocare e a palleggiare. E alla fine sono loro stesse a chiamare Luciano Melchionna, prima interagendo con lui, ancora nella parte e poi ai bordi del palco, perché gli applausi li meritano insieme. Pier Paolo Pasolini, nella vita, come nella poesia, nel teatro, nella letteratura e nel calcio, era sempre alla ricerca di rifiniture, limature, di quello stupore che lasciava senza parole, proprio come fa Luciano Melchionna.

Francesca Myriam Chiatto

Ultima modifica il Giovedì, 08 Luglio 2021 05:53

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