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SPOLETO FESTIVAL DEI DUE MONDI, Edizione 64 - "LE SERVE", allievo regista Marco Corsucci. -di Pierluigi Pietricola

Spoleto Festival dei Due Mondi 2021
Accademia Nazionale 
d'Arte Drammatica Silvio d'Amico
Le serve
Rocca Albornoziana
martedì 06-07-08 Luglio 
di Jean Genet
esercitazione del II anno del corso di Regia
con la supervisione di Arturo Cirillo
allievo regista Marco Corsucci
con
Dario Caccuri, Domenico Luca
e l’allieva del biennio Zoe Zolferino
scenografia Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Gianni Staropoli
supervisione al suono Hubert Westkemper
assistente costumi GianMaria Sposito
assistente alla regia Andrea Lucchetta

Difficile, davvero difficile trovare testo più complesso de Le serve di Jean Genet. Lavoro severo, impietoso, ambiguo. Quando si hanno certezze su un personaggio, eccole subito scalzate. Questa pièce ha una carica potente di ambiguità e si tiene su un dubbio che potremmo formulare così: conosciamo davvero il nostro prossimo? Se lo amiamo o lo odiamo, in nome di cosa lo facciamo?
Come ripeteva Gian Carlo Menotti – patron del Festival dei Due Mondi – citando Rimbaud: “Io sono un altro”. Ovvero: nessuno di noi, nel suo cuore segreto, corrisponde a ciò che gli altri pensano, a come ci giudicano. Tutti noi siamo diversi, siamo “altro” per l’appunto. Chi ne tiene conto? Per tutti, gli altri sono come noi li immaginiamo. Bandita ogni traccia di oggettività a favore di un individualismo pervasivo e spesso paranoide.
Con Le serve, Genet ha voluto rappresentare questa dialettica mai conciliata fra la verità e il suo specchio deformante. E i giovani e bravissimi attori dell’Accademia Silvio d’Amico ne hanno realizzato una bellissima versione andata in scena nel Salone Antonini della Rocca Albornoz.
Due serve sorelle, Solange e Claire, sono al servizio di una signora, chiamata genericamente Madame. La odiano e invidiano. Quando è assente, inscenano una simulazione: una delle due finge di essere Madame e l’altra la serva sorella. La storia che questo figmentum, pura immagine mentale, racconta è sempre la stessa: l’uccisione della padrona.
Ma questo non basta a soddisfare l’odio verso Madame. Pur di nuocerle, Solange e Claire arrivano a denunciare il suo uomo per un crimine mai commesso con delle lettere anonime. Quando il malcapitato viene liberato per mancanza di prove, le sorelle serve tentano in estremo di uccidere la loro padrona cercando di farle bere una tazza di tisana avvelenata. Fallito anche questo tentativo, prima che il castello di menzogne crolli irrimediabilmente, Claire si toglie la vita bevendo la tisana avvelenata preparata per Madame. E Solange, ormai sola, attende arrendevole ciò che l’imminente futuro le riserverà.
Dario Caccuri (Solange) e Domenico Luca (Claire) sono protagonisti assoluti della scena (un Salone Antonini allestito in modo vezzoso, pieno di vasi con fiori variopinti, un letto al centro e i vestiti di Madame posti in fondo alla sinistra della platea). Pur vestendo panni femminili, i due attori accennano movenze e loquele da donna non dissimulando la loro mascolinità. Così si evidenzia il marciume, l’ipocrisia, le tenebre che albergano in queste terribili sorelle. Brava anche Zoe Zolferino nei panni di una Madame tratteggiata in modo ambiguo: mai dichiaratamente crudele, mai del tutto buona con le sue serve.
Hanno primeggiato, per equilibrio e ironia, le doti attoriali di Caccuri: sguardo severo e arcigno; sorriso grifagno; passo ferale mascherato con movenze appena aggraziate: la sua Solange diverte, a tratti è buffa. Ma Caccuri è attento a non compatirla. Ed è questo che dà al personaggio quel giusto tocco di elegante crudeltà.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Venerdì, 09 Luglio 2021 05:42

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