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IV° Edizione POMPEI THEATRUM MUNDI - "Pupo di zucchero – La festa dei morti", regia Emma Dante. -di Gigi Giacobbe

Carmine Maringola in "Pupo di zucchero", regia Emma Dante. Foto Ivan Nocera Carmine Maringola in "Pupo di zucchero", regia Emma Dante. Foto Ivan Nocera

Pupo di zucchero – La festa dei morti-
Liberamente ispirato a Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
Testo e regia di Emma Dante
Interpreti: Carmine Maringola, Nancy Trabona, Maria Sgro, Federico Greco,
Sandro Maria Campagna, Giuseppe Lino, Stephanie Taillander,
Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout, Martina Caracappa, Valter Sarzi Sartori

Costumi: Emma Dante. Sculture: Cesare Inzerillo, Luci: Cristian Zucaro
Assistente ai costumi: Italia Carroccio. Assistente di produzione; Daniela Gusmano
Coordinamento e distribuzione: Miguel Grompone
Produzione: Sud Costa Occidentale, Teatro di Napoli-Teatro Nazionale
Scene National Châteauvallon-Liberté/ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur/ Teatro Biondo di Palermo/ La Criée Thèâtre National de Marseille/ Festival d’Avignon/ Anthéa Antipolis Téâtre d’Antibes/ Carnezzeria e con il sostegno dei Fondi di integrazione per i giovani artisti teatrali della DRAC PACA e della Regione Sud.
IV Edizione Pompei Theatrum Mundi
Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei 8-10 luglio 2021

«I morti messi in scena da Emma Dante non sono revenant. Non ritornano perché non sono mai andati via (…) abitano lo spazio che da vivi condividevano con gli altri vivi». Scrive esaustivamente Giorgio Vasta nella prefazione del libro Bestiario umano di Emma Dante contenente quasi tutti i suoi testi teatrali. É così in Vita mia, nelle Sorelle Macaluso, in altri lavori ancora, fino a questo suo ultimo Pupo di Zucchero sottotitolato La festa dei morti che esprime meglio ciò che vuol dire la Dante messo in scena stessa in prima assoluta nel Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei, curandone lei stessa pure i costumi. Sul palcoscenico sta seduto un vecchio (quello di Carmine Maringola) che festeggia il 2 novembre esprimendosi in napoletano, impastando il lievito utile a preparare i morticini, i cosiddetti pupi di zucchero, invitando i suoi cari defunti che non tardano ad arrivare e festeggiare con lui il giorno dei morti. Sì, festeggiare, perché in Sicilia, pure in Campania e in genere nel sud Italia, non è un giorno di lutto ma una festa, soprattutto per i più piccoli che svegliandosi al mattino di quel giorno trovano giocattoli, dolci di frutta martorana e stampini di zucchero e ossicini gustosi che a Messina chiamano “scardellini”. Qui, su una scena interamente nera, in cui Maringola sembra un Krapp beckettiano che scava sul suo passato senza bisogno di registratori, o quel vecchietto bergmaniano de Il posto delle fragole che si tuffa nei ricordi e nei rimpianti per le occasioni perse, è attorniato da una mammina (Stephanie Taillander) dal core tremmolante che aspetta che torni suo marito (Giuseppe Lino), dai tre ciuri c’addorano ‘e primmavera delle tre sorelle Rosa, Viola e Primula e Viola (rispettivamente Nancy Trabona, Maria Sgro, Federica Greco), da Pedro ballerino di flamenco (Sandro Maria Campagna) che ama alla follia Viola e poi c’è zio Antonio (Valter Sarzi Sartori) che prendeva a mazzate zia Rita, (Martina Caracappa) nonostante manifestassero amore reciproco, facendo sbottare il vecchio Maringola a dire che l’omo che picchia na femmina è nu vigliacco e tra di loro s’aggira Pasqualino. (Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout), in grado di fare ogni cosa. Emma Dante in più occasioni ha detto che per questo lavoro si è ispirata al racconto Pinto smauto (Smalto splendente) inserito nella quinta giornata de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, lì dove una giovane fanciulla di nome Betta rifiuta di sposare gli uomini che gli presenta il padre, plasmando con le sue mani degli ingredienti che gli ordina di farle avere a base di zucchero di Palermo, mandorle, acqua di rosa, muschio e altro ancora, costruendo un marito di suo piacimento che le viene rubato da una regina e che dopo molte traversie riesce a ritrovarlo e portarselo felicemente a casa sua. Un racconto come si può notare, tranne il pupo che la donna costruisce, i cui intenti sono lontani da quelli trattati nel giorno dei morti. Sia come sia lo spettacolo della Dante è una firma d’autore e riesce ugualmente ad intrigare spettatori e critici, intravedendovi all’interno atmosfere tratte da Les éphémères di Ariane Mnouchkine, qui senza piccole pedane scivolanti su rotelle, ma in più momenti colti in danze liberatorie, festose, gioiose e allegre, somiglianti a quelle donne che corrono sulla spiaggia di Picasso. Lo spettacolo culmina alla fine con una decina di sculture create da Cesare Inzerillo ingabbiate in una sorta di loculi, cinque in ognuna delle due strutture che ricongiunte al centro formano una croce, somiglianti a quelle mummie delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo o a quelle meno numerose della Cripta del Convento dei Frati Cappuccini di Savoca, paesino collinare ad una trentina di chilometri da Messina arroccato su un colle bivertice roccioso prospiciente il litorale ionico. “I morti - ha detto Ema Dante – finché ci sarà qualcuno che non li dimentica non spariranno mai”. Lo spettacolo sarà al Festival d’Avignon dal 16 al 23 luglio e inaugurerà il 7 ottobre p.v. la nuova stagione del Teatro Biondo di Palermo.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 16 Luglio 2021 16:13

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