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POMPEI THEATRUM MUNDI 2021 - "QUINTA STAGIONE", regia Marco Baliani. -di Pierluigi Pietricola

QUINTA STAGIONE
di Franco Marcoaldi
regia Marco Baliani
con Marco Baliani
e la voce dialogante di Franco Marcoaldi
scene Mimmo Paladino
paesaggio sonoro Mirto Baliani
disegno luci Cesare Accetta
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Pompei Theatrum Mundi 2021 
In prima nazionale al Teatro Grande di Pompei il 15/16/17 luglio 2021

A lungo, con proficui risultati, anni fa si discusse su come uscire dal nostro sistema binario di conoscenza. Tutto ciò che sappiamo, vediamo, apprendiamo, sperimentiamo lo facciamo attraverso coppie di categorie: bello/brutto, bene/male, giusto/sbagliato e così via. Abbott, Zolla, Culianu, Jung, persino Primo Levi nel racconto Trattamento di quiescenza hanno indagato vie su come accedere a quella che chiamiamo quarta dimensione. Condizione non facile da raggiungere. Si tratta di scardinare secoli e secoli di aristotelismo, recuperando il Platone della seconda navigazione. Si giunge alla quarta dimensione, così certa filosofia indiana afferma, non contrapponendo i termini ma mediando tra loro con l’aggiunta di un terzo. Su questo filone di pensiero esistenziale e noetico, va compreso il monologo drammatico di Franco Marcoaldi: Quinta stagione. Del quale Marco Baliani ha realizzato una versione teatrale andata in scena al Teatro romano di Pompei: luogo magico che conduce ad una dimensione diversa.
La scena di Mimmo Paladino: uno spazio bianco lattiginoso. Al centro, verso il pubblico, un grande specchio posizionato a terra. Dietro, un solido composto da più piramidi assemblate e sul vertice di una di queste una testa che pencola. Ai lati, manichini senza volto con sopra rami secchi, ricordo di una natura che l’uomo ha ormai brutalizzato.
Quinta stagione, per Marcoaldi, è la quarta dimensione. Alla quale si giunge con mezzi diversi dai soliti. Il poema riflette e divaga sull’argomento. Ricorre a metafore, espedienti retorici, argomentazioni varie, citazioni più o meno rivelate dall’autore. Un monologo che Marcoaldi immagina con un suo Io interiore e che Baliani inscena pensandolo in forma di dialogo con la voce del poeta stesso registrata. Di canto in canto, suoni e rumori di un mondo lontano comunicano un’atmosfera diversa, un’altra tonalità sentimentale cui attingere per entrare nella stagione diversa dalle quattro a noi note.
“Cercando di essere un tramite appassionato di quelle parole”, Baliani ha interpretato l’opera di Marcoaldi raccontandola più che recitandola. Insieme a Celestini, Enia e Paolini, tutti ispirandosi a Mistero buffo di Dario Fo, Baliani anche in questo caso ha realizzato ciò che si chiama teatro di narrazione. In scena non vi sono personaggi, ma storie. Le parole fluiscono nella loro oggettività. Addirittura il teatro di narrazione cerca di trasmetterle al pubblico con un suono il più possibile neutro, volutamente poco colorito e quasi inespressivo. Perché il suono significa, esprime già un punto di vista. Ma questo, l’interprete del teatro di narrazione, vuole lasciarlo al pubblico.
Da qui, la scelta di Baliani di uno stile interpretativo il più possibile neutro. Pochi cambi di registro vocale. Mimica quasi assente. Camicia e pantaloni neri. Ai piedi, sandali che ad un certo punto vengono tolti.
Alla fine, in fondo, un telo nero scopre una scialuppa reclinata. Forse è il solo mezzo col quale si accederà alla quinta stagione?

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 19 Luglio 2021 03:52

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