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TODI FESTIVAL, Stagione 2021 - "L’INIZIO DEL BUIO", regia Peppino Mazzotta. -di Pierluigi Pietricola

"L'inizio del buio", regia Peppino Mazzotta "L'inizio del buio", regia Peppino Mazzotta

L’INIZIO DEL BUIO
Adattamento teatrale dall’omonimo romanzo di Walter Veltroni
Con Sara Valerio e Giancarlo Fares
Regia di Peppino Mazzotta
Light Designer: Francesco Barbera
TODI FESTIVAL 2021
TEATRO COMUNALE
Debutto nazionale
28 agosto 2021

Si narra che un noto critico d’arte, recandosi in visita a Giorgio Morandi, questi gli fece vedere le sue nature morte con bottiglia. Alla quindicesima, il critico esclamò: “Tutto qui? Mi sembra un po’ pochino”. Stessa esclamazione che è sorta alla mente dopo aver visto L’inizio del buio, spettacolo inaugurale del Todi Festival 2021, scritto da Walter Veltroni e diretto da Peppino Mazzotta.
Il risultato finale è stato discreto. Un lavoro ben fatto, ma poco convincente. L’animo dello spettatore, calato il sipario, non ne resta appagato.
La vicenda si può riassumere così: due signori, moglie e marito, dal 1954 fino agli albori degli anni Ottanta, trascorrono gran parte delle loro vite davanti alla televisione. Attraverso questa finestra sulla realtà – così credono –, si sentono protagonisti degli eventi maggiori che hanno scandito la storia italiana degli anni del boom. Sui tanti fatti, due hanno attirato l’attenzione di Veltroni: il luttuoso evento di Vermicino e l’uccisione Roberto Peci da parte delle BR, fratello del noto brigatista Peci. Due eventi che accaddero contemporaneamente e che avvinsero tutti gli italiani, inchiodandoli per ore e giorni di fronte allo schermo.
I coniugi, prototipi dell’italiano medio, divengono narratori delle vicende. E le scandagliano nei particolari, sunteggiando punto per punto quanto avvenuto. Man mano che la narrazione procede – perché, in fin dei conti, al teatro di narrazione è da ascriversi questo lavoro di Veltroni – si vorrebbe un ridestarsi collettivo del pubblico, delle coscienze di ciascuno, un’indignazione di fronte a eventi gestiti in modo palesemente negativo. Ma questo non avviene. E perché? Perché, da un punto di vista drammaturgico, non si va oltre il livello della cronaca, la registrazione puntuale dei fatti posti in successione. Il teatro, al di là di ogni etichetta, è metafora: non riproduzione o cronaca della realtà, ma sua espressione artistica, sua comprensione. Tutto ciò, poi, deve tramutarsi in poesia. E la poesia risveglia sempre gli animi.
A causa di questo limite, anche la recitazione di Giancarlo Fares e Sara Valerio, insieme alla regia, ne hanno risentito. Tutto si è risolto, scenicamente parlando, in un’aderenza spasmodica al testo. Sia Fares che la Valerio hanno ritmato le battute colorendole il più possibile. E in questo sono stati bravi, perché hanno dimostrato che il teatro è in grado, quando può, di attenuare quella coltre grigia che cronaca e media stendono su una realtà non edificante né brillante. Ma, in fondo, sempre di narrazione s’è trattato. E la narrazione è cosa diversa dal teatro.
Lavoro critico nei confronti della televisione, L’inizio del buio si conclude con battute severe verso il media per antonomasia: i due protagonisti sperano in trasmissioni fatte di verità e non di finzione. Ma dopo un attimo spengono il loro apparecchio, consapevoli che verità e tv sono inconciliabili. “Tutto qui? Mi sembra un po’ pochino”, come disse il noto critico d’arte a Giorgio Morandi.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Domenica, 29 Agosto 2021 18:21

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