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TODI FESTIVAL, Stagione 2021 - "Emigranti", regia Claudio Jankowski. -di Pierluigi Pietricola

Riccardo Barbera e Roberto D’Alessandro in "Emigranti", regia Piergiorgio Piccoli Riccardo Barbera e Roberto D’Alessandro in "Emigranti", regia Piergiorgio Piccoli

Emigranti
Debutto nazionale
di Sławomir Mrożek
con Riccardo Barbera e Roberto D’Alessandro
Regia di Claudio Jankowski
Scene e costumi di Eleonora Scarponi
Produzione Golden Show Srl
Con il Patrocinio dell’Ambasciata di Repubblica di Polonia
Todi Festival 2021
Teatro Comunale, 1 Settembre 2021

Quando si nomina il teatro dell’assurdo, subito sorgono alla mente i nomi di Ionesco, Beckett. I più raffinati evocano anche quello di Pinter. Ma in quanti conoscono Sławomir Mrożek, scomparso nel più totale silenzio nel 2013? È stato tra i più fecondi, ironici e originali autori del teatro dell’assurdo. Di origini polacche, egli ci ha lasciato commedie irresistibili e profonde al contempo. Equilibrio difficilissimo da raggiungere, ma anche da mantenere, soprattutto per una carriera lunga e prolifica come la sua. Emigranti ne è un luminoso esempio.
Due protagonisti che non hanno nome. Già iniziano gli interrogativi. Chi sono costoro? Di battuta in battuta, veniamo a sapere essere due esuli a Parigi, scappati – presumibilmente – dalla Polonia, dominata ormai dalla dittatura stalinista. I due vivono in un sottoscala, in condizioni di disagio. Hanno abitudini diverse, interessi all’opposto: mentre uno passa le giornate riflettendo e scrivendo appunti su dei fogli (si scoprirà trattarsi dei primi abbozzi per un romanzo sulla schiavitù), l’altro è dedito al lavoro, al risparmio. Diverse sono anche le ragioni che li hanno spinti a lasciare la patria d’origine: uno per migliorare le condizioni di vita sue e della propria famiglia; l’altro per un dissenso totale con le idee propugnate dal regime.
Fin qui parrebbe non esserci nulla di anomalo, a parte l’anonimato dei personaggi. L’assurdo però scatta quando entrambi intuiscono di non essere liberi neppure da esuli: uno, l’intellettuale, perché ancora legato all’ideale di opposizione che lo fece contrapporre al regime stalinista polacco; l’altro perché non può fare a meno dei soldi: sono il suo padrone, dalle cui catene non riuscirà mai a liberarsi. Non vi è altra soluzione, quindi, che quella di continuare. Allo stesso modo, mutatis mutandis, dei protagonisti di Finale di partita: prendendo coscienza dell’assurdità e dell’irrazionalità che permeano le esistenze di noi tutti.
Rappresentare Mrożek è difficilissimo: o si scade nel patetico, oppure si accentuano i lati ironici della sua scrittura. Si tratta di un autore che non predilige né l’una né l’altra soluzione. Al contrario, richiede equilibrio, distanza. Una delle caratteristiche del teatro dell’assurdo, ancora non compresa fino in fondo, è quella di non essere mai tragedia, ma commedia umoristica della vita. Mrożek ne è l’esempio perfetto. In tal senso, la regia di Claudio Jankowski si è destreggiata molto bene. È entrata nei meandri della scrittura del drammaturgo polacco, seguendolo battuta dopo battuta; e non in modo ciecamente fedele, ma tradendolo quando necessario. Un esempio: gli aspetti umoristici ridotti all’essenziale in termini di intensità. E qui lo spirito di Mrożek è stato realizzato in pieno.
Molto buona, razionale e garbata la recitazione dei due protagonisti: Riccardo Barbera e Roberto D’Alessandro: entrambi misurati e attenti a non calcare troppo la mano sui toni tragici.
Una versione di Emigranti di cui Mrożek sarebbe stato felice.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Domenica, 05 Settembre 2021 01:58

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