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XLIII FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA DA CAMERA – Incontri Asolani - "HISTOIRE DU SOLDAT". -di Francesco Bettin

"HISTOIRE DU SOLDAT", con Sergej Krylov, violino, Alessandro Carbonare, clarinetto, Gloria Campaner, pianoforte. Foto Claudio Sartorato "HISTOIRE DU SOLDAT", con Sergej Krylov, violino, Alessandro Carbonare, clarinetto, Gloria Campaner, pianoforte. Foto Claudio Sartorato

HISTOIRE DU SOLDAT
Con Sergej Krylov, violino, Alessandro Carbonare, clarinetto, Gloria Campaner, pianoforte
Musiche di Igor F. Stravinskij, Maurice Ravel, Darius Milhaud, George Gershwin, Béla Kovàcs, Reiner Kuttenberger
XLIII Festival Internazionale di Musica da Camera – Incontri Asolani
Asolo (Treviso), Chiesa di San Gottardo, 14 settembre 2021

Quando sul palco salgono grandi musicisti in grado di trascinare letteralmente il pubblico con i loro virtuosismi è sicuramente festa grande, ed è quello che in pura sintesi è capitato nel penultimo appuntamento degli Incontri Asolani, al XLIII Festival Internazionale di Musica da Camera. Eravamo ad Asolo, in una cornice peraltro già di per sé estasiante, la Chiesa di San Gottardo, e si esibivano tre artisti di gran livello, Sergei Krylov al violino, Alessandro Carbonare al clarinetto e Gloria Campaner al pianoforte. Location di prestigio la chiesa francescana, di origine trecentesca, con tele di grande suggestione, che ha in qualche maniera accompagnato con la sua magnificenza un concerto molto atteso. “Histoire du soldat” era il semplice titolo richiamante l’opera scritta da Stravinskij, della quale veniva presentata la seconda suite nei cinque momenti per violino, clarinetto e pianoforte, mentre il resto del programma ha riguardato sonate, ballate e divertissement di altri compositori, con la chiusura affidata a Kovàcs e Kuttenberger, Sholem Aleikem, Rov Feidman, per clarinetto e pianoforte, e Habdala-Freilach Dance, per clarinetto, violino e pianoforte. Un programma in crescendo, che è partito dalla celeberrima storia del soldato che incontra il Diavolo, e gli vende il violino, cioè l’anima, cercando poi di recuperarlo attraverso varie peripezie finendo però malamente. I tre musicisti hanno affrontato Stravinskij con precisione e senza suggestioni, in un tema che come si sa mostra il compositore in una forma rigorosa, altalenante nei generi ( vengono affrontati anche il tango argentino, il ragtime, il valzer), che non manca di una certa linearità, e che ha fatto notare i diversi registri esperti di Krylov, Carbonare e Carboner. Un trio di alto livello, che si è subito confermato nelle composizioni eseguite seguenti, la Sonata n. 2 in sol maggiore per violino e pianoforte, in tre movimenti, di Ravel, il Divertissement per violino e clarinetto di Milhaud, dove si è potuto soprattutto apprezzare l’intesa tra Krylov e Carbonare. Stravinskij e la sua musica sono ritornati subito dopo, nei tre pezzi per clarinetto solo, seguito da Ballads, da Porgy and Bess, per tutti e tre gli strumenti, altra intesa di grande raggio dove Gloria Campaner con il suo tocco deciso e felpato allo stesso tempo ha mostrato a sua volta il rigoroso impegno e una formazione di alta scuola. Diversi, determinanti per la completezza ottimale della serata sono stati i due momenti musicali finali, che hanno richiamato estri artistici facenti capo all’Est Europa e all’ebraismo, forte fonte di tradizione musicale. Nella prima composizione di Bèla Kovàcs, dedicata a Giora Feidman, re del kletzmer, si sono visti e sentiti i Balcani in tutta la loro pienezza, in un crescendo che diventava attesa, e ripartiva. Il clarinetto di Alessandro Carbonare è stato ispiratissimo, partito lancia in resta e ha mostrato molto bene come la musica kletzmer abbia sempre dato indicazioni e altrettante folgorazioni agli esecutori, portandoli a interpretarla con enfasi e bellezza della vita, come si addice del resto a una “musica felice”, così chiamata in certi contesti culturali. Non ha potuto essere altrimenti, infatti, in quanto esprimeva la gioia di vivere e l’allegro modo di guardare il mondo con occhi contenti e con il sorriso, ben lontano dunque dalle pene e dalle tristezza che invece quotidianamente l’individuo medio si porta dietro. Una tradizione di musica yiddish che siamo sicuri hanno apprezzato in molti, e che ha dato il senso di benessere, voglia di leggerezza e di dimenticarsi dei problemi, una visione della vita che al contrario guarda al bello. Ed è andata in questa direzione anche la parte conclusiva del concerto, con la musica di Kuttenberger che è andata a rinnovare uno spirito liberatorio, con i tre musicisti divertenti e divertiti sul palco, in pieno virtuosismo, al quale il folto pubblico non ha certo mancato di tributare un pieno successo certo molto gratificante.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Sabato, 18 Settembre 2021 21:11

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