SIRENE
Progetto LCZ Laquidara Carlesso Zago
con Stefania Carlesso, Patrizia Laquidara, Anna Zago
testo e regia Anna Zago
consulenza drammaturgica e registica Piergiorgio Piccoli
ricomposizioni musicali, drammaturgia sonora, sound design Patrizia Laquidara
luci Enrico Berardi
scena Franco Sinico
costumi Anna Zerbaro e Mariaclara Zanin
produzione Theama Teatro
Rassegna 74.mo Ciclo dei Classici al Teatro Olimpico – sezione OFF
Vicenza, Teatro Comunale, 13, 14, 15, 16 e 17 ottobre 2021
Il canto-incanto delle Sirene è in questa drammaturgia di Anna Zago incantamento e incantesimo, a tre voci, che preludono all’invito delle protagoniste a Odisseo, e all’uomo, a tutti gli uomini. Alla base del testo l’Odissea appunto, in un contesto, un isolotto, tra foresta e spazio invitante si’, ma austero e buio, di sicuro pieno di fascino, una specie di porto sicuro, un nascondiglio aperto, un meraviglioso locare e cantare. Certo, la loro voce, soprattutto il loro canto va a scuotere chi veleggia lì attorno, vuole sedurre, con una mira finale che volge in altra direzione, e si fa carico di confronto con il prode Odisseo. Lui e i suoi simili vengono in questo testo visti attraverso un’aggressività delle stesse, soprattutto quella che riguarda Nausica, come simbolo dei conti in sospeso tramandati nel tempo. La magica seduzione avviene in quanto forza unita del loro canto, più che della rabbia, e quando non si cela dietro a questa è di una prepotenza suggestiva appunto, d’incanto, per usare un momento del titolo. Le tre attrici si muovono con grazia e trasformazione emotiva in un susseguirsi di immagini, tra l’essere o meno immerse nella vasca scoglio, con riverberi vocali e i sussurri, le dolci movenze e i cori unisono, in una cantilena diradata di bell’effetto. La storia prende da altre storie vissute nelle prime persone, nei rapporti ricordati di Odisseo, simbolo maschile per eccellenza in questo suo contesto, nel suo arrivo a Itaca A una suadente movenza, a un dolce ricordo corrisponde un netto “Io e te non eravamo più”, dicendola lunga sullo sgretolarsi del rapporto. Il lavoro, prodotto da Theama Teatro, ben si snoda e si racconta, e tutto avviene attraverso una scenografia bellissima di Franco Sinico, dove a completare l’opera sono le luci di Enrico Berardi, oltre naturalmente a una recitazione intensa e ben declamata, spirito di rassegnazione però anche lucidità espressa, segnali di vita lunga a morire, piuttosto a musicare. Un testo decisamente di bella poesia, e un’azione scenica decisa imperano sulla scena, in questo oscuro luogo magicamente posto in un teatro, dove è d’obbligo lasciarsi trascinare. E le acque fanno il loro corso, lo scorrere del tempo anche, e le danze cantate complici sono il trasparire del narrare. Richiami espressivi sono presenti in diverse forme e sembra talvolta di accostarsi a un cunto di Basile e di esserne da esso sublimati, in uno spettacolo che pur richiamando la struttura classica si compone di una raffinata ricerca, grazie a un lavoro di squadra che parte certo dalla composizione scritta, e che si dipana nella storia raccontata sia dalla stessa Anna Zago, che interpreta un’austera e spietata Nausica, che da Stefania Carlesso, una Penelope lucida, che tra le pieghe del suo dire rivela saggezza ma anche annientamento, risoluzione. Le abbraccia metaforicamente Patrizia Laquidara, artefice della drammaturgia sonora, interprete (anche) musicale di presenza e qualità, che in questo caso dà voce e corpo al terzo elemento ed è un canto misto di disperazione, sofferenza, un tripudio di emozioni. Un ottimo spettacolo dal quale non si esce indifferenti ,dove la stessa vasca d’acqua è protagonista indiscussa con una bellezza pari.
Francesco Bettin