venerdì, 19 aprile, 2024
Sei qui: Home / Recensioni / Rassegna Festival / 5. Middle East Now Festival (2014) di Benedetta Buti

5. Middle East Now Festival (2014) di Benedetta Buti

Omar - regia Hany Abu-Assad Omar - regia Hany Abu-Assad

La quinta edizione del Middle East Now apre i battenti presso il Cinema Odeon di Firenze. Il festival internazionale, inserito nel cartellone della Primavera di Cinema Orientale, è l'unico in Italia interamente dedicato al Medio Oriente contemporaneo e si propone di intraprendere un viaggio di sei giorni, dal 9 al 14 aprile, attraverso un programma ricchissimo fatto di cinema (sono almeno 50 i titoli presentati tra film e cortometraggi), documentari, fotografia, musica, incontri ed eventi culinari. A due passi da Palazzo Strozzi, nel cuore della città fiorentina ed all'interno del bellissimo cinema teatro Odeon, contornati da questa varietà di sensazioni ed accostamenti sinestetici, si può davvero cercare di entrare in contatto non solo con i problemi di questa area del mondo, ma soprattutto con la società, la cultura, gli scenari di innovazione e d'attualità, assimilando un'idea di questi paesi che non sia costruita solo sulla base dei fatti e delle immagini di cronaca, andando oltre stereotipi e luoghi comuni.

Si tratta di una serata fatta di anteprime quella che inaugura la prima tappa della rassegna: a fare da apripista è la musica dei Mashrou' Leila, il gruppo indie-rock libanese diventato colonna sonora alla gioventù rivoluzionaria araba, che ci accompagna fino alla proiezione del cortometraggio "The Deep" del regista fiorentino-iracheno Haider Rashid, vincitore del premio speciale della Giuria al festival di Dubai; per poi in seguito accogliere il regista palestinese Hany Abu-Assad, in sala per presentare l'anteprima italiana del suo ultimo film, "Omar" (con Adam Bakri, Leem Lubany, Iyad Hoorani, Samer Bisharat). Il film, vincitore del premio speciale della giuria "Un Certain Regards" al Festival di Cannes e candidato agli ultimi Oscar come miglior film Straniero, apre anche la prima retrospettiva italiana dedicata al regista, già premio Oscar nel 2005 per il film "Paradise Now".

Hany-Abu-Assad

Opera che punta sulle relazioni personali, concentrato sui volti degli interpreti, quasi tutti esordienti, sulle emozioni trasmesse dai loro sguardi, nella realtà della Palestina di oggi, fortemente provata dall'occupazione israeliana. Il regista mette in scena anche con umorismo, una storia d'amore, amicizia, fiducia e tradimento, intrecciata sullo sfondo del collaborazionismo dei palestinesi. Le prime immagini del film ci mostrano Omar mentre scavalca, arrampicandosi, il muro che divide la Cisgiordania, azione che fa costantemente per entrare nella zona proibita e raggiungere i suoi amici d'infanzia Amjad e Tarek, quest'ultimo capo di un piccolo gruppo di resistenza per la libertà, e la sorella di lui, Nadia, la ragazza che vuole sposare. La situazione precipita quando, dopo aver portato a compimento il loro piano ed ucciso un soldato israeliano, in una scena d'inseguimenti dal montaggio serrato, Omar viene catturato. Imprigionato e torturato fin quando un agente israeliano, Rahmi, non riuscirà a strappargli una mezza confessione, il protagonista è costretto a promettere collaborazione per la cattura di Tarek, sospettato dell'uccisione del militare, per poter tornare a casa. Da quel momento in poi, a seguito di un tentativo di imboscata finito male ai danni delle milizie israeliane e una nuova cattura di Omar, la fiducia verrà meno sempre più, amore ed amicizie si sfalderanno in un crescendo di paranoie e paure, dando vita in una costellazione di ostacoli e barriere già esistenti, a muri interiori oltre che fisici, che il protagonista tenterà di superare lottando con incessante e disperata vitalità per realizzare i propri desideri.
In un incastro narrativo ben congegnato, il thriller (debitore delle tradizioni egiziane, americane e francesi, per dichiarazione del regista stesso) entra in un vicolo cieco senza via d'uscita. Amjad confessa ad Omar di essere stato costretto a fare da spia per salvaguardare la propria vita e quella di Nadia: gli israeliani, venuti a conoscenza che era incinta di Amjad, minacciavano di rivelare l'accaduto, provocando inevitabilmente la morte di entrambi. Omar conclude che l'unica soluzione possibile sia dirlo a Tarek affinché i due si sposino e si salvino; ma quest'ultimo, sconvolto, aggredisce Amjad e in una colluttazione tra i tre, muore accidentalmente. Omar consegna il corpo dell'amico agli israeliani e rinuncia per sempre a Nadia. Sarà solo anni dopo che con il ripresentarsi alla sua porta di Rahmi, scoprirà che tutto ciò che aveva raccontato Amjad era falso. Resosi conto di essersi fatto trascinare in un vortice di paranoie e di aver "creduto all'incredibile", senza aver concesso possibilità di replica a Nadia, verrà inevitabilmente sopraffatto anche lui dal peso degli errori, delle menzogne e dei tradimenti. Andando incontro ad un destino inevitabile e simbolico, sceglie di compiere un atto necessario alla salvaguardia di se stesso, della sua identità e del suo perduto amore: nell'ultima inquadratura Omar, attorniato dai militari, punta la pistola contro il volto agente israeliano e spara. Il film si chiude con il gesto accennato, uno stacco nero ed il rumore dello sparo. Un "non risolto" che però non lascia dubbi allo spettatore.

Rags & Tatters di Ahmad Abdalla

All'interno del variegato programma di giovedì 10 aprile, è stato proposto un pomeriggio all'insegna della creatività, in cui grafica, video, design e cibo si sono incontrati, grazie agli eventi collaterali allestiti nei vari luoghi deputati del festival, come la CCC Strozzina e la mostra "The Comic City of Beirut" di Raphaelle Macaro, inaugurata allo IED di Firenze. Per quanto riguarda il cinema, nella serata dedicata all'Egitto e chiusa dalla proiezione di Nazareth 2000, che rientra nella retrospettiva del regista Abu- Assad, colpisce "Rags & Tatters" (Farsh Wa Ghata) di Ahmad Abdalla: terzo film del giovane ed acclamato regista egiziano, ambientato nel Cairo durante le manifestazioni in Piazza Tahrir nel 2011. Ritratto forte e vivido della primavera araba, propone una rivoluzione vista dagli occhi degli egiziani della periferia e da quelli del suo protagonista senza nome, interpretato dall'attore Asser Yassin. L'opera, che non cerca di dare risposte, tantomeno semplici, è un semi-documentario quasi interamente senza dialoghi, in cui domina il silenzio, ma che non manca di comunicazione grazie a delle immagini che raccontano così tanto da sole della storia ed alle musiche che le accompagnano, in particolare il romantico riecheggiare della musica tradizionale Sufi. Il film stesso deve il proprio titolo ("Rags & Tatters", in italiano "stracci e brandelli") ad una musicassetta di musica Sufi, ascoltata dal protagonista. Il dramma inizia con l'apertura improvvisa ed inspiegabile delle prigioni durante le manifestazioni: il protagonista ferito ad un piede fugge in cerca di riparo insieme ad altri prigionieri liberati ed un uomo, suo amico, a cui hanno sparato nello stomaco. Il protagonista è costretto a lasciare indietro il compagno, al quale prende l'indirizzo ed il cellulare con il quale ha filmato, insieme ad altre migliaia di altri egiziani, cosa ha visto durante le rivolte, in modo che le persone sappiano e nessuno dimentichi "cosa è davvero successo". Il caos e l'incertezza regnano in questo collage di atmosfere, momenti e scene dalla fotografia scura, in cui i personaggi non sono mai sicuri del loro ruolo all'interno ai grandi eventi storici che stanno avendo luogo intorno a loro. Tuttavia la chiave del film risiede proprio in questa volontà di documentazione degli avvenimenti, in modo che questi vengano condivisi e non strumentalizzati dal potere. E se c'è una qualche speranza in questa storia, che termina in scene di violenza e con la morte dell'uomo senza nome, sta proprio nella possibilità concessa a tutti da un semplice telefonino di filmare ciò che vedono e di denunciarlo al mondo.

Venerdì 11 aprile. Tanti gli appuntamenti ad la terza giornata della rassegna: eventi speciali come l'inaugurazione all'Aria Art Gallery della mostra "Occupied Pleasures" della fotografa palestinese Tanya Habjouqa, nome di punta della fotografia contemporanea dal mondo arabo; le proiezioni all'Auditorium Stensen di corti e documentari su Qatar, Iran e Israele; in contemporanea, al Cinema Odeon, 5 cortometraggi all'interno del focus pomeridiano "Iraq Now" ed in seguito la proiezione del documentario "Ford Transit" di Hany Abu-Assad (anteprima italiana alla presenza del regista); terminando la programmazione con la Marocco Night e la proiezione della commedia "Rock the Casbah" di Laila Marrakchi.

"Rock the Casbah" di Laila Marrakchi

È aria di Marocco quella che si respira grazie alle degustazioni in sala di Tè e specialità dolciarie marocchine, introducendoci nelle atmosfere agrodolci della commedia realizzata dalla giovane regista. Il lungometraggio dal cast d'eccezione (include Hiam Abbas, Nadine Labari e Omar Sharif) è ambientato a Tangeri e racconta la storia di una famiglia borghese (tre sorelle e la madre) che si riuniscono in occasione della morte del padre, per i tre giorni di lutto richiesti dalla tradizione marocchina. Il ritorno inaspettato della figlia più piccola Sofia, fuggita in America contro il volere del padre per fare l'attrice, darà modo a tutti di guardarsi indietro, tirare fuori i rancori e scoprire i misteri di famiglia. Un segreto inconfessabile occupa il centro della trama: l'amore proibito tra Zakaria, figlio illegittimo del patriarca (avuto con la governante della casa) e Laila, la quarta sorella morta suicida mentre aspettava un figlio dal fratellastro. Il film termina con un lieto fine traboccante di affetto e buoni sentimenti, magari piacevole, ma anche senza pretese e prevedibile. Oscillando continuamente tra la commedia e la tragedia, senza mai riuscire ad assumere il giusto tono, presenta una galleria di personaggi stereotipati che "regolano i conti" sulla base di dialoghi ben scritti, ma dal sapore quasi caricaturale. Il tutto impedisce un vero sviluppo del sottotema, l'emancipazione e la condizione della donna sottoposta all'autorità del padre/marito: viene sì suggerita una pseudo-presa di coscienza delle donne, ma lasciando la sensazione che manchi quel qualcosa in più in grado di conferire alla sceneggiatura reale profondità.

Ultima modifica il Sabato, 12 Aprile 2014 22:52

Iscriviti a Sipario Theatre Club

Il primo e unico Theatre Club italiano che ti dà diritto a ricevere importanti sconti, riservati in esclusiva ai suoi iscritti. L'iscrizione a Sipario Theatre Club è gratuita!

About Us

Abbiamo sempre scritto di teatro: sulla carta, dal 1946, sul web, dal 1997, con l'unico scopo di fare e dare cultura. Leggi la nostra storia

Get in touch

  • SIPARIO via Garigliano 8, 20159 Milano MI, Italy
  • +39 02 31055088

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.