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A Verona la poesia d'attore protagonista. Giuseppe Battiston, Carlo Cecchi e Valerio Binasco al Teatro Romano. -di Nicola Arrigoni

"Lost in Cyprus. Sulle tracce di Otello" - regia Giuseppe Battiston "Lost in Cyprus. Sulle tracce di Otello" - regia Giuseppe Battiston

C'è voglia di tradizione, c'è un'esigenza di tornare alla parola poetica, esaltata, incarnata dall'attore e dal suo essere medium fra chi l'opera la concepì e il pubblico chiamato a parteciparla, a farla propria. È questo lo spirito e il taglio estetico che si è respirato nell'edizione dei 450 anni della nascita di William Shakespeare dell'Estate teatrale veronese del teatro romano, una tradizione che si rinnova ogni anno dal 1948. E se l'attenzione al grande drammaturgo inglese è scontata nella città di Romeo e Giulietta, non lo è la volontà di far risuonare la poesia di Shakespeare, partire dalle sue parole per suggerire pensieri agiti in scena. Non è neppure un caso che il premio Renato Simoni quest'anno sia stato consegnato a Luca De Filippo, attore e regista che nel suo cognome e nella sua dedizione alle assi del palcoscenico ha la ragione stessa della sua vita. Lo si dice perché è l'attore che emerge negli spettacoli del Teatro romano, l'attore/autore e regista che si fa corpo e interprete non passivo nei confronti del racconto e della parola dell'autore.
Questo è parso evidente di Lost in Cyprus. Sulle tracce di Otello, da un'idea di Giuseppe Battiston, Valentina Fois, Francesco Rossini, Paolo Civati. In realtà in origine l'allestimento prevedeva la regia di Pappi Corsicato e la presenza di Paolo Pierobon, poi le cose sono andate diversamente. Nell'aprire lo spettacolo lo stesso Giuseppe Battiston presenta il suo/loro Otello come una sorta di recital, come il desiderio di un gruppo di attori di misurarsi con la parola di Shakespeare, mediata dalla bellissima e squillante traduzione di Patrizia Cavalli, già usata qualche anno fa da Arturo Cirillo nel suo Otello. Detto questo, Lost in Cyprus si coniuga in un continuo alternarsi fra recitato e lettura a leggio con alle spalle una parete lignea di volta in volta retroilluminata. L'effetto di questa alternanza è funzionale all'idea di mise en èspace pensata da Battiston in cui alla fin fine a farla da padrone sono le parole, quasi indipendentemente dalla trama e dalla vicenda; ciò che va in scena è l'attore che si fa mediatore, servitore della parola poetica e la condivide con il pubblico coro. Come non tornare in questo alle teorie di Mario Apollonio e ai suoi circoli di Drammaturgia e forse come non leggere in tutto ciò che a fronte di un declino della regia critica, gli attori abbiano deciso di prendere in mano i testi, farli propri, raccontarli con una disposizione d'animo aperta all'abbraccio del pubblico.

Dodicesima notte di Carlo Cecchi

Sembra plausibile leggere in questa direzione l'intera proposta del cartellone con la Dodicesima notte di Carlo Cecchi e un gruppo di giovani e affiatati attori, alle prese con l'intricata vicenda della notte magica dell'epifania. Cecchi che per sé ha riservato il ruolo commovente ed esilarante di Malvolio ha costruito un allestimento molto raffinato, lavorando sulla stilizzazione e sull'essenza dei personaggi, affidandosi anch'egli alla traduzione di Patriza Cavalli. Anche nel caso della Dodicesima notte è la propsttiva attoriale che emerge e che si fa ancilla della parola poetica chiedendo al pubblico di cogliere non solo ciò che accade in scena ma anche e soprattutto ciò che viene suggerito dalla deflagrante poesia shakespeariana che procede per immagini, metafore, costruzioni verbali di mondi possibili e ignoti.

Popular Shakespeare Kompany di Valerio Binasco in "Il bugiardo"

La Popular Shakespeare Kompany di Valerio Binasco - che al Bardo affida la sua idea di compagnia di attori, impegnati nel rileggere i grandi classici, non solo shakespeariani, proponendoli in un contesto di minimalismo scenico ma di grande spessore attoriale- si è consegnata a Il bugiardo di Carlo Goldoni, una commedia sulla menzogna e non solo che ha rivelato inattesi e inquietanti lati noir nella lettura di Binasco. Nei panni di Lelio, il bugiardo del titolo, Maurizio Lastrico, un comico che ha raggiunto grande popolarità grazie a trasmissioni televisive come Camera Cafè, Zelig off e Zelig, un attore comico che Valerio Binasco ha pienamente integrato nella sua compagnia di attori. Da tutto ciò è fuoriuscito uno spettacolo intenso, elegante, acuto nella lettura registica tesa e volta a fare e dare chiarezza al testo, esaltandone l'italiano quanto mai moderno e di grande incisività nelle bocche degli attori., una commedia sulla bugia e la menzogna, quindi una commedia sul linguaggio e gli effetti che questo può avere, come ben prova Lelio che con le sue continue menzogne, finisce infatti con l'innescare un meccanismo perverso e inesorabile che lo porterà alla rovina.
Nel 450° anniversario della nascita di William Shakespeare la poesia e gli attori si sono ripresi il loro ruolo da protagonisti, almeno sul palcoscenico del Romano, ribadendo come il teatro sia un dono fra attore che incarna la parola poetica e il pubblico coro che si dispone ad accogliere il suo racconto. Una disposizione assoluta che ha visto – in questa estate piovosa – più volte il pubblico rimanere seduto malgrado la pioggia per godere della magia del teatro di poesia. E scusate se è poco!

Ultima modifica il Lunedì, 27 Ottobre 2014 16:51

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