Vi sono vari elementi che fanno somigliare lo svizzero Martin Zimmermann a Buster Keaton: il viso triste e scavato su un'esile corpo, l'espressione stralunata, la mimica incisiva, la spiccata ironia manifestata sin dal suo primo apparire in scena quando stride le sue suole gommose sulle tavole del palcoscenico, facendo immaginare che questo suo Hallo sarà uno spettacolo ai confini del surreale e dell'assurdo. Eccolo entrare fasciato da un impermeabile all'interno d'uno scatolone a forma d'armadio e uscirne vestito in modo diverso, trasformando quelle ante in una piccola casa buona per consumare un frugale pasto; modificare poi quella frontale scena astratta in un'opera di Mondrian e lui stesso, indossando una bombetta, diventare un personaggio magrittiano che vola in alto su quella struttura centrale, diventata intanto una cornice, o meglio una vetrina, qualcosa forse che Zimmermann vuole rimuovere visto che in passato ha svolto il lavoro di vetrinista d'un centro commerciale. Da qui in avanti quel rettangolo centrale diventerà per lui un'ossessione, qualcosa da destrutturare senza riuscirci perché i tre lati oscillano senza sosta, pare vogliano schiacciarlo, metterlo sotto, ma lui reagisce andando a ficcarsi all'interno di spazi che si aprono all'improvviso, salvandolo, catapultandosi all'interno d'uno scheletro di sedia metallica senza piano seduta. Sembra che improvvisi Zimmermann, ma tutti i movimenti sono ben studiati, ampiamente provati e collaudati. Sembra un clown circense che al posto dell'oplà pronunci solo Hallo, un modo per dire che lui esiste e che è lì a giocare col pubblico invogliandolo ad intervenire. Nessuno si muove però. Tutti rimangono al loro posto ad osservare quali saranno le prossime giravolte e acrobazie. Adesso gioca con degli specchi e la sua immagine si moltiplica, poi gioca con un manichino, agghindato come lui, un suo doppio le cui due metà non vengono comaciate nel verso giusto. Zimmermann è stato spesso definito un "clown dal gelido umorismo", da qui il riferimento a Keaton, anche se a volte la sua sembra una clownerie metafisica, tipo quella di Karl Valentin sfoderata nel suo osannato Tingeltangel. E' uno spettacolo grottesco questo di Zimmermann, accompagnato da musiche di stampo jazzistico (quelle ad effetto di Colin Vallon), in cui il funanbolico personaggio cerca di riportare l'arte del circo a teatro, la figura del clown al tempo del cinema muto, in cui il corpo e i gesti possano dire tutto senza profferire verbo. Se si vuole Hallo è pure uno spettacolo di mimo d'alto livello, in grado di fare sorridere grandi e piccoli e di strappare alla fine consensi e lunghi applausi.
"Hallo" di Martin Zimmermann al Teatro Mercadante per Napoli Teatro Festival 2015.- di Gigi Giacobbe
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Festival - Rassegna Stampa
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