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"Giocasta Edipo" al Tindari Festival con la regia di Stefano Molica.- di Gigi Giacobbe

Caterina Vertova Caterina Vertova

All'interno del Tindari Festival 2015 diretto da Anna Ricciardi Il Teatro dei due Mari, giunto al suo XV anno di attività, ha presentato sulla skené d'uno dei più suggestivi Teatri greci con vista sulla penisola di Milazzo e sulle sette Isole Eolie, Giocasta Edipo, con la puntigliosa regia di Stefano Molica, originario di Patti, che ha assemblato tutto d'un colpo le due tragedie sofoclee Edipo re e Edipo a Colono. Solo una seggiola di velluto rosso con braccioli e alto schienale e una pedana lignea sono sufficienti al Tiresia di Renato Campese per introdurci all'interno d'una storia fra le più tremende del teatro classico e che ha dato modo a tanti studiosi capitanati da György Lukas e Peter Szondi di stilare le proprie teorie sul dramma moderno e a Freud, e non soltanto a lui, d'impiantare le teorie psicanalitiche, nella fattispecie il noto complesso edipico, che vede come oggetto l'eroe greco che senza saperlo uccide il padre Laio e prende in moglie la madre Giocasta, da cui per giunta avrà quattro figli: Eteocle e Polinice, Antigone e Ismene: i due maschi saranno poi i protagonisti dei Sette a Tebe di Eschilo, le due femmine dell'Antigone dello stesso Sofocle. Sembra un po' un gioco ad incastro tutto il teatro greco in cui puoi incontrare dei ed eroi nei modi e nei luoghi più disparati, riuscendo infine, con po' di fatica, a completare il puzzle. La prima parte dello spettacolo era incentrata su Giocasta, colei che uno s'immagina essere un gran donnone in grado di affrontare il cruccio d'avere partorito un bambino che il marito Laio le sottrae, abbandonandolo sul monte Citerone, perché l'oracolo gli aveva predetto che un figlio nato da Giocasta sarebbe stato causa della sua morte. Sopravviverà Edipo perché il pastore tebano incaricato dell'abbandono disobbedirà agli ordini affidandolo ad un pastore di Corinto che a sua volta lo consegnerà al re Polibo, il quale essendo senza figli lo adotterà dandogli il nome di Edipo. Caterina Vertova è una superba Giocasta, impetuosa nel suo incedere e femmina quando dice che suo marito se fosse stato magnanimo le avrebbe dovuto consentire di avere altri uomini con cui unirsi, non avendo poi tutti quei sdilinquimenti, in questa versione secondo Molica, allorquando scopre che colui che l'ha ingravidata quattro volte è il suo naturale figlio Edipo (quello che passa quasi inosservato di Cesare Biondolillo) abbracciandolo voluttuosamente a più riprese senza mettere fine ai suoi giorni. La seconda parte dello spettacolo vede in scena un possente Edoardo Siravo nel ruolo d'un Edipo somigliante un po' all'Hamm beckettiano di Finale di Partita, forse per via degli occhiali neri, in realtà è perché avendo visto la sua condizione di figlio-sposo della madre Giocasta e fratello o fratellato dei quattro figli messi al mondo ha preferito non vedere più queste brutture e s'è letteralmente strappato gli occhi. Adesso è lì a Colono guidato dalla figlia Antigone (Valentina Enea) che per non farlo sentire abbandonato veste i ruoli della sorella Ismene che racconta la lotta fratricida tra Eteocle e Polinice, gli fa credere d'essere il cognato Creonte che vorrebbe ricondurlo a Tebe, dello stesso Polinice e dei suoi propositi bellici, mentre la notte si fa più fonda e la fine per Edipo diventa sempre più prossima, addentrandosi nell'oscurità e scomparendo misteriosamente.

Ultima modifica il Venerdì, 21 Agosto 2015 01:45

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