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Hungarian Theatre of Cluj - Showcase 25, 2015

Bogdán Zsolt, Viola Gábor in "Julius Caesar", regia Silviu Purcărete Bogdán Zsolt, Viola Gábor in "Julius Caesar", regia Silviu Purcărete

JULIUS CAESAR
di William Shakespeare
directed by Silviu Purcărete
dramaturg András Visky
set and costume design Dragoș Buhagiar
music composed by Vasile Șirli
director's assistant István Albu
dramaturg's assistant Réka Biró
video images Cristian Pascariu
correpetition Zoltán Horváth
stage manager Pál Böjthe, Zsolt Györffy
Julius Caesar Zsolt Bogdán
Marcus Antonius Miklós Bács
Marcus Brutus Gábor Viola
Cassius Szabolcs Balla
Calpurnia Emőke Kató
Portia Enikő Györgyjakab
Soothsayer Csilla Albert
Servant / Octavius Balázs Bodolai
Decius / Messala Áron Dimény
Casca Loránd Váta
Lucius Melinda Kántor
Trebonius Loránd Farkas
Metellus Alpár Fogarasi
Ligarius / Cicero / The Poet Sándor Keresztes
Publius / Cinna, the poet Róbert Laczkó Vass
Cinna Ervin Szűcs
Lepidus János Platz

Il festival Showcase 25, organizzato dal Teatro Ungherese di Cluj, teatro ungherese in terra romena di Cluj Napoca, diretto da Tompa Gabor, si è aperto con un classico scespiriano, quel Giulio Cesare, di cui non c'è grande regista che non ami riattualizzarlo, trattando un tema che riguarda la rivolta di alcuni Senatori contro Cesare, imperatore despota, vanaglorioso, reduce da molte battaglie di conquista, che minaccia la democrazia voluta dal Senato Romano: un tema che si avvicina un po' alla nostra realtà politica, che si sta spostando verso una sponda autoritaria.
Così ha fatto il regista più apprezzato della Romania, che corrisponde al nome di Silviu Purcărete, che ha voluto realizzare un Giulio Cesare che sconfina dal tempo antico romano ad un tempo di oggi, moderno, mescolando segni, costumi, azioni, linguaggi, soluzioni sceniche. Per comprendere ciò che vogliamo dire basta elencare alcune scene, mosse nello spazio nudo e crudo del teatro, tutto in nero, dove gli attori si mescolano coi servi di scena, i quali, mentre gli attori recitano, loro fanno i cambiamenti, spostando letti su rotelle, un tavolo da camerino corredato di lampadine, sedie, da una parte all'altra del palcoscenico. Tutto a vista: evidentemente per dare contemporaneità alla narrazione.

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Oppure vedere un giovanissimo attore-personaggio che si nasconde sempre in uno scatolone assai piccolo, e lì ci rimane per lunghissimo tempo per poi uscire e fare azioni di disturbo, restando poi immobile come statua; oppure l'entrata di un bellissimo e grande cane bianco che gioca con un personaggio; e poi viene portato via per tornare in scena trascinato cadavere; oppure vedere entrare Antonio in tunica bianca che deve arringare il popolo romano in difesa di Cesare che é stato ucciso da Bruto, Cassio, Lucio e altri, con una radio portatile in funzione, e poi raggiungere per disperarsi al al microfono su asta, sotto una pioggia torrenziale, per convincere un popolo in abiti di oggi che "Cesare era uomo d'onore". E poi fare agire questo popolo a piedi scalzi che spinge il cadavere di Cesare disposto su un lettino, "pattinando" in segno di festa per la libertà ottenuta, sul pavimento bagnato.
Insomma, il regista Purcărete, che non manca di creatività fantastica, ha messo insieme tante bellissime soluzioni, quadri, che non tutto il pubblico, molti giovani ma anche molti posti vuoti, è stato capace di decodificare.
Antonio arringa anche il pubblico in sala, mostrando un Cesare a terra, coperto di sangue, una scena "grandignolesca" che ha perfino sporcato le tuniche bianche di tutti i Senatori. Insomma, uno spettacolo con forte presenza di corpi che si agitano, che agiscono all'unisono, dando energia alla teatralità del regista.
Spettacolo degno di una grande rassegna di teatro; peccato che il pubblico non è accorso come avrebbe dovuto per un regista di alta qualità quale è Silviu Purcărete, ma i presenti non hanno lesinato gli applausi.


CELEBRATION
Thomas Vinterberg – Mogens Rukov – Bo Hr. Hansen
Directed by: ROBERT WOODRUFF

Dramaturgy: ANDRÁS VISKY

Stage design / Costume: CARMENCITA BROJBOIU
Music by: ZSOLT LÁSZLÓFFY
Choreography: FERENC SINKÓ
Video images: SOÓS ATTILA
Director's assistant: SIMÓN HANUKAI, ANDREJ VISKY
Stage manager: YVONNE NAGY, ZSOLT GYÖRFFY
Christian Ervin Szűcs
Helene Imola Kézdi
Michael Gábor Viola
Linda Anikó Pethő / Éva Imre
Helge Zsolt Bogdán
Else Emőke Kató
Mette Réka Csutak
Raphael András Buzási
Michelle Csilla Albert
Pia Enikő Györgyjakab / Éva Imre
Kim Ferenc Sinkó
Helmuth von Sachs Balázs Bodolai
Lars Lehel Salat / Loránd Farkas
Bent Attila Orbán
Ms Bent Andrea Kali / Júlia Laczó
Poul Loránd Váta
Ms Poul Tünde Skovrán / Andrea Vindis
Pianist Zoltán Horváth
Cameraman I Szabolcs Balla
Cameraman II Alpár Fogarasi
Waiter I Tibor Molnár
Waiter II Ildikó Andercó
The girl Alia Maria Matei
The boy Mihai Iosif Aconstantinesei

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Spettacolo insolito, coinvolgente per tema, per eccezionale bravura di tutti gli attori coinvolti, che hanno il piacere di offrirsi totalmente ai propri ruoli, tanto da non capire dove sta la differenza tra finzione e realtà. Sono gli attori che fanno parte dello Spettacolo Celebrazione di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov e Bo Hr. Hansen, adattamento scenico di András Visky e Robert Woodruff, regia Robert Woodruff in scena nella Sala Studio del Hungarian Theatre di Cluj, nell'ambito della rassegna Shoccasse 25.

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Ma andiamo per ordine per giustificare "quell'insolito" d'apertura. Immaginate di essere invitati in uno spazio dove sono installate quattro postazioni di interno casa, in cui agiscono contemporaneamente quattro coppie, che si stanno preparando per "celebrare" un compleanno di un padre di cinquant'anni. In questo spazio gli attori ti passano davanti, mentre due telecamere in mano a due operatori riprendendo le scene delle coppie che puoi ammirare su diversi schermi posizionati ai lati dello spazio. Le scene sono di diversa natura, la coppia che litiga, quella che è in crisi, un'altra che si prepara come se niente fosse. Insomma quattro storie diverse, ma legate da un rapporto di parentela tra loro o di amicizia che si preparano per il "rito" di cui si è detto. Poi, il pubblico, una cinquantina di persone, che ha seguito le scene chi in piedi, chi appoggiato alle pareti, chi su un puff, chi su un divano, viene invitato ad entrare in una grande sala, al centro della quale ci sono filari di tavole imbandite, con tanto di calici di vino versato e piatti di leccornie già servite, che formano un rettangolo, mentre ai lati sono stati organizzati dei "luoghi deputati" dove in certi momenti gli attori andranno anche a recitare. Sei invitato a sederti, gli attori che formano le coppie si siedono a fianco degli spettatori, chi ai due estremi delle tavole, chi ai lati al centro di esse; insomma, il pubblico è circondato dagli attori. Inizia il rito, discorso d'apertura, poi i figli del festeggiato cominciano a parlare, e da qui in avanti succede di tutto; confessioni dei figli di soprusi subiti dal padre quanto erano piccoli, tradimenti delle coppie amiche tra loro; insomma più che un compleanno si celebra "un inferno", uno scatenarsi di verità che danno luogo a dialettiche violente, a litigi e lotte fisiche tra di loro, intervallate anche da canzoni e balli, mentre il pubblico rimane basito, coinvolto, commosso per le tragiche storie che si dipanano davanti a loro; e poi, sul finire, tutto si ricompone, le verità "sparate" tornano a essere seppellite per il quieto vivere borghese. E la vita riprende nella solita normalità quotidiana. Ma la bravura degli attori ha lasciato il segno e il pubblico, dopo aver mangiato anche qualche stuzzichino, non gli resta che applaudire alla grande.


LEONCE AND LENA
Georg Büchner
Directed by: GÁBOR TOMPA
Dramaturg: ANDRÁS VISKY
Set and costume designer: CARMENCITA BROJBOIU
Music: VASILE ŞIRLI
Choreographer: FLORIN FIEROIU
Director's assistant: ISTVÁN ALBU
Stage manager: LEVENTE BORSOS, PÉTER MIXTAY
Prompter: IMOLA KEREZSY

King Peter of the Kingdom of Popo Loránd Váta
Prince Leone, his son Balázs Bodolai
Princess Lena of the Kingdom of Pipi Enikő Györgyjakab
Valerio Gábor Viola
Rosetta Emőke Kató
Governess Csilla Varga
Master of Ceremonies József Bíró
President of State Council Attila Orbán
Police Chief Sándor Keresztes
Policeman Ferenc Sinkó
Schoolmaster Ervin Szűcs
Court Chaplain Lehel Salat
First Councilor Róbert Laczkó Vass
Second Councilor Szabolcs Balla
Third Councilor Alpár Fogarasi
Fourth Councilor Melinda Kántor

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Una rassegna di teatro classico,
ma anche di attrici e attori eclettici.

Più che parlare dell'opera di Leonzio e Lena di Georg Büchner, opera scritta dall'autore in giovane età, la cui storia tra il principe Leonzio in fuga in cerca di una vita alternativa da quella aristocratica e Lena, anche alla ricerca di un'altra vita, per poi alla fine incontrarsi e unirsi, sta tra realtà e fantasia, ma ha anche una visione d'impegno sociale, liberatoria, che il regista, nonché direttore artistico del Teatro Ungherese di Cluj, Gábor Tompa ha ripreso, avendola messa in scena ben sei anni fa, per questa rassegna Showcase 25 con soluzioni registiche stupefacenti: addirittura facendo vivere i personaggi settecenteschi, imbellettati, imparruccati, truccati tanto da renderli irreali, clauneschi, in un ambiente di oggi in degrado, una sorta di sala laboratorio con vetrate rotte, mura ammuffite, mobili rotti, come se i personaggi della storia fossero usciti da un sogno polveroso per arrivare a noi; dicevamo, più che parlare dell'opera, vogliamo porre l'accento sugli attori di questo teatro che in tre giorni consecutivi si sono cimentati in Giulio Cesare, Celebrazion", e adesso in Leonzio e Lena, dimostrando così di essere in possesso di un repertorio ben memorizzato d'interpretazioni di genere diverse, così impegnate, così ben recitate, che in Italia attori così ce li sogniamo.

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Quello che più ci ha colpito è il grado di umiltà, la totale disponibilità a passare da un ruolo all'altro nel giro di un giorno all'altro, instancabili, con totale dedizione al loro lavoro di attori. Tanto bravi in scena quanto modesti, semplici, nei modi, nei comportamenti nel quotidiano. Merito di tutto ciò va sicuramente alla formazione ampia, totale, perché questi attori devono saper fare tutto. Infatti in scena, quando è richiesto, sanno anche cantare, ballare, e far di pantomima; passano da primi ruoli a quelli secondari senza porsi problemi divistici. Una bella lezione di professionalità. Ecco di questo volevamo parlare. Dei bravi attori romeni, visto che ci è capitato di vederli all'opera. E che invitiamo il lettore a leggerli in locandina.


AMERIKA
di Franza Kafka
directed by Michal Dočekal
dramaturg András Visky
set design Martin Chocholoušek
costume design Zuzana Bambušek
music composed by Ivan Acher
video images Zsolt Kerekes
director's assistant László Szabó G.
director's assistant Gábor Viola
dramaturg's assistant Katalin Deák
stage manager Zsolt Györffy
Karl Rossmann Balázs Bodolai
Uncle, Servant at the Pollunders Miklós Bács
Klara, Tereza Enikő Györgyjakab
First officer, Fyodor, Brunelda Áron Dimény
Headwaiter, Schubal Csilla Albert
Green, Head cook Kati Panek
Robinson Gábor Viola
Delamarche Loránd Váta
Toll-keeper, Captain, Pollunder Attila Orbán
Stoker, Student Ferenc Sinkó
and Elemér Bacsik, József Gábor Csiszér, József Csiszér, Attila Deák, Endre Erdős, Péter Hermann, Hanna Ivás, Kinga Kelemen, Lajos Major, Róbert Molnár, Tibor Molnár, János Nagy, János Platz, Szilárd Szőcs, Ildikó Varga, Csaba Veress, Timea Vincze

 

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La storia di Amerika di Kafka,
come i tanti migranti di adesso

Intorno al romanzo, incompiuto, di Kafka ci hanno lavorato in molti: sia chi per trasferire il racconto in cinema, sia chi per adattamenti teatrali. Anche Michal Dočekal e András Visky hanno fatto il loro adattamento teatrale per la "Vetrina 25" in programma al Teatro Ungherese di Cluj, per raccontarci il viaggio forzato del giovane Karl, ebreo praghese, spinto dal padre a raggiungere via mare un parente nella lontana New York, per sfuggire ad uno scandalo che lo vedeva coinvolto con la cameriera di casa, più grande di lui, ma che esso aveva messa incinta.
Kafka, pur non essendo stato mai in America, ma suggestionato dai racconti degli emigranti che ritornavano a casa, ha voluto prendere un giovane dalla natura mite e generosa per immaginare le vicissitudini che un migrante di allora, poteva incontrare in una America che tutti "sognavano come un mondo nuovo", e che invece vivono atti di discriminazione, di xenofobia, di disagi di comunicazione, di sofferenza inaspettata, di sopraffazione e violenze varie.

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Kafka ha avuto una sensibilità preveggente come se conoscesse la realtà dei migranti di oggi.
E bene ha fatto il Teatro Ungherese di Cluj ha proporlo adesso per la rovente attualità che riveste in questo drammatico periodo.
La regia di Michal Dočekal, ha saputo sfruttare totalmente la struttura del teatro, trasportando le scene sia della nave che arriva in porto, sia dei momenti di vita di Karl all'interno del palcoscenico sfruttando tutti gli elementi che lo compongono: scale per raggiungere i graticci, porta "mangiafuoco", tiri che scendono dall'alto, fondali sia di tela che rigidi, pedane mobili, giocando a dare altri significati a oggetti di scena, giocando con cambiamenti a vista, mentre si è riservato la platea del teatro per descrivere l'ambiente ricco del parente di Karl, il tutto coordinato da una ripresa televisiva con proiezioni su lati del teatro; e alla fine, dopo aver trasferito il pubblico dall'interno del palcoscenico in platea, per concludere il viaggio in treno verso il Teatro Naturale di Oklahoma del protagonista dove immagina di essere un "indiano", emblema di uomo libero, che cavalca il suo destriero.
Ma quello che ancora una volta ci ha colpito sono gli stessi attori già visti nei precedenti spettacoli giorni prima, che recitano più ruoli con una capacità sorprendente, formidabili per sicurezza e bravura. E che memoria.
Applausi scanditi e continui. Emozionanti.


UNCLE VANYA
A.P. Chekhov
directed by Andrei Şerban
director's assistant Attila Keresztes
dramaturg Kinga Kelemen
set and costume design Carmencita Brojboiu
stage manager Imola Kerezsy, Levente Borsos
prompter Imola Kerezsy
Aleksandr Serebryakov József Biró
Elena Andreyevna Imola Kézdi / Enikő Györgyjakab
Sofia Alexandrovna (Sonia) Anikó Pethő / Csilla Albert
Maria Voinitskaya Emőke Kató / Réka Csutak
Ivan Petrovitch (Vanya) Gábor Viola
Michail Lvovich Astroff Zsolt Bogdán
Ilya Ilyitch Telegin Attila Orbán / Ferenc Sinkó
Marina Csilla Varga / Csilla Albert
Yefim Ferenc Sinkó / Orbán Attila

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Uno "Zio Vania" di Cechov
fuori dai classici schemi

Svincolandosi dai canoni del tipico teatro legato al realismo psicologico dell'800, dominato dalla moda dalle messe in scena alla Stanislavskij, il regista Andrei Şerban ha voluto regalarci uno spettacolo, quello di Zio Vania di Cechov, completamente trasgressivo, tanto è giocato sugli spazi del Teatro Ungherese di Cluj, sugli intenti ludici, obbligando gli attori ad azioni insolite, a volte pericolose, imponendo una recitazione "portata", quasi sempre sopra le righe; con gli attori che si rivolgono a momenti al pubblico (non più di duecento, numero chiuso) e facendoli agire con esso, obbligandoci a sederci da un luogo all'altro.
Lo spettacolo vive in quel teatro da ben otto anni, con due repliche al mese, e solo lì può vivere, cioè nel teatro ungherese di Cluj, visto che il primo atto lo svolge tra la platea e la galleria, muovendo gli attori tra le poltrone, sui bordi del parapetto, in pericolo di equilibro, per poi trasferire il secondo atto sul retro ferroso del palcoscenico e lì gli attori recitano salendo e scendendo le scale, dentro un piccolo spazio arredato al minimo, sospeso in alto, su alte pedane con un divano e pochi elementi scenici, mentre il terzo atto fa girare di 180 gradi il pubblico che si trova di fronte ad una ampia pedana su cui c'è la sintesi di un salotto; e poi, per finire, la recita si sposta su un quarto spazio che sembra un locale con una altissima biblioteca, dove addirittura non ci fa mancare la pioggia per il finale, che segna la partenza di Elena con il vecchio marito.

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In questi spazi gli attori dipanano la trama dello Zio Vania in modo rocambolesco, presentandoci i personaggi in azioni esasperate, energiche, violente, sia di Vania, sia del medico amico di casa, scatenate dalla presenza della bella Elena, giovane ed erotica, seconda moglie, (la prima è deceduta) del professor Serebryakov, padre di Sonia, in visita nella sua tenuta amministrata appunto da lei e lo zio Vania, preso dai suoi acciacchi non ci bada alquanto all'ambiguo comportamento di Elena.
Il significato dell'opera, comunque, rimane vivo ugualmente anche con una impostazione registica così caratterizzata: non sempre si riesce a rompere col quotidiano per rifarsi una vita nuova, anche se si presenta l'opportunità, perché poi la vita ci spinge nella banalità del proprio vivere acquisito.

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Per tornare agli attori, come abbiamo già detto nei precedenti servizi, sono gli stessi e recitano con una scioltezza che è una meraviglia, avendo i testi in repertorio da anni. E come abbiamo già detto, degni di essere conosciuti. Il pubblico, incantato da tanta energia, preso dai momenti ludici un po' forzati del regista, si è spellato le mani nei lunghi e forti applausi.


Un esempio di teatro di ogni tempo
da seguire come bene comune

Quale esperienza utile abbiamo tratto da questa "Vetrina 25"?
Quali conclusioni possiamo trarre?
Poche ma utili al sistema teatrale italiano. Prima conclusione: che il Teatro Ungherese di Cluj, dà lavoro sistematicamente, anno dopo anno, a una compagnia di 35 attori, con un contorno di 120 persone divise in compiti specifici, con la quale ha realizzato un sostanzioso repertorio di teatro classico, con tuffi anche nella ricerca, che può riproporre nell'arco di una settimana, mostrando così il suo campionario di opere che il pubblico ama rivedere e quello giovane di scoprire.
Seconda conclusione: che gli attori di qua non sono girovaghi come i nostri, obbligati a essere scritturati una volta qua, una volta là, per brevi periodi, perdendo la loro identità in una precisa comunità; che gli attori romeni mantengono vivo in loro sapere, il loro repertorio, che possono offrire in qualsiasi momento e che sono ben radicati nella città, diventando un punto di riferimento per i cittadini e svolgendo una vita anche di famiglia.
Abbiamo scoperto che il pubblico ha creato un rapporto d'amore e di fiducia con la sua compagnia, e quindi col suo teatro, e gli attori vengono vissuti come "compagni di viaggio". Che il teatro, creandosi un vasto repertorio, non solo fa una politica d'investimento, ma può permettersi di mantenere modico il prezzo di accesso a teatro. (Pensate, con soli 6 euro, puoi sederti in ogni ordine di posti, senza alcuna distinzione di classe). Che la bravura degli attori matura nel tempo insieme al loro repertorio che viene poi restituita a vantaggio delle riproposte.
Insomma, è tutta una politica diversa dalla nostra. Una politica mirata a "coltivare" il proprio cittadino, giovane e no, consegnando un programma organico e duraturo di teatro. Il che non è poco.

Ultima modifica il Giovedì, 24 Dicembre 2015 09:56

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