Natale a Londra - Dio salvi la Regina
di Volfango De Biasi
Con Pasquale Petrolo, Claudio Gregori, Paolo Ruffini, Nino Frassica, Eleonora Giovanardi Italia 2016
In lode del cinepanettone
Il Duca (Ninetto Davoli), rispettato boss della malavita romana, è nei guai con Equitalia e, attraverso il proprio braccio destro (Sergio Di Pinto), incarica il figliastro Erminio ("Lillo" Petrolo) di andare a Londra a riscuotere un vecchio debito dal Barone (Frassica) che gestisce un loro ristorante. Erminio non è una cima ed è stato sempre aiutato nelle imprese criminali dal fratellastro Prisco ("Greg" Gregori), che però, dopo aver scontato una pena, addossandosi un reato del padre, è tornato mite e legalitario e ora fa la guida dei boy scout; Erminio, per coinvolgerlo, inventa un'urgenza clinica per il padre in fin di vita. Il Barone, intanto, ha i suoi guai e, quando i due fratelli arrivano al ristorante, lo trovano alle prese con il gangster con una mano meccanica, Mike the Hammer (Vincent Riotta), che dà a tutti una settimana per consegnargli il milione di sterline che il Barone (che deve il soprannome alla sua specialità di baro ma ora ha perso la mano) ha perso al gioco. La volitiva figlia di questi, Anita (Giovanardi), dopo aver fatto fuoco e fiamme per il guaio il cui il padre l'ha cacciata, decide – anche perché è innamorata sin da bambina di Prisco - di aderire al piano di rapire i cani della Regina (Patricia Ford), che tutti i venerdì, accompagnati da un Lord (David Brandon), vanno a mangiare nel ristorante, di fronte al loro, Monica & Enzo (Monica Lima e Enzo Iuppariello: gli Arteteca). Lo chef Vanni (Ruffini), innamorato di Anita ma incapace di dichiararsi, viene spedito dai rivali in veste di talpa e alla banda si uniscono il Barese (Uccio De Santis), depositario di tutti i congegni utili a qualunque crimine, e U' Mago (Enrico Guarneri), scassinatore con un grande estro ipnotico. Prisco, nel frattempo, grazie ad un colpo in testa, è ritornato se stesso ed è pronto all'azione. Il piano ha, però, un problema: quella settimana si festeggia il compleanno dei cagnetti reali e loro e i loro amici banchetteranno a corte; per fortuna, Sua Maestà vuole che siano, per l'occasione, servite le famose polpette, così Monica, Enzo e Vanni vanno a Buckingham Palace, in un cafonissimo landò, al quale si aggregano, quali lacchè, Erminio e Prisco. Vanni mette del sonnifero nelle polpette, i cani si addormentano e, mentre U' Mago distrae gli ospiti, Anita si dichiara veterinaria, il rapimento viene portato a termine e la banda si accampa nel barcone sul Tamigi del prestigiatore. Qui una telefonata del padre a Erminio fa capire a Prisco di essere stato ingannato e lui, indignato, se ne va, seguito da Anita che, all'improvviso, lo bacia, rendendosi conto di non amarlo affatto, se non come un fratello. I due tornano alla chiatta e la trovano piena di poliziotti: i due ristoratori napoletani, dopo essere stati interrogati, avevano cominciato a sospettare di Vanni e, seguendolo, avevano scoperto tutto e chiamato Scotland Yard. La perquisizione però non ha esito: i cani non sono lì. Dopo il sollievo iniziale, i nostri non sanno che pensare ma l'arrivo improvviso del Duca chiarisce tutto: consapevoli dell'impossibilità di ottenere un riscatto dalla Regina, lui e il Barone hanno venduto i can per un milione a Mike, che ha pronto un ricchissimo cliente cinese che vuole mangiarseli. Prisco, però, si ribella: lui è tornato un duro ma non permetterà quello scempio; Ermino, Anita e Vanni lo seguono. Nel covo di the Hammer, Anita e Vanni, vengono catturati e chiusi in una cella frigorifera, dove si dichiarano reciproco amore, mentre Prisco ed Erminio, dopo aver sgominato a cazzotti (Prisco, Erminio li ha solo presi) la banda, sono, a loro volta, intrappolati. Arrivano, però, i nostri: Duca, Barone, Barese e Mago armati fino ai denti che liberano i ragazzi e i cani. Sua Maestà, infine, è diventata intima di Monica ed Enzo (i suoi cagnetti hanno messo incinta la loro bastardina) e potrà, per il discorso di fine anno, sfoggiare, al posto di uno dei soliti cappellini, uno smagliante chatouche arcobaleno.
Cominciata nell''83 con Vacanze di Natale, la serie delle commedie natalizie prodotta da Aurelio De Laurentis è andata avanti, anno dopo anno, con successo; nel 2012, però, Aurelio (che aveva avvertito i primi scricchiolamenti) ha dato una svolta al genere, lanciando in Colpi di fulmine, l'ultimo diretto per lui da Neri Parenti, la coppia Greg e Lillo (fino a quel momento attiva prevalentemente in teatro e in radio), più moderna ma anche fruibile per progetti a costi più contenuti. Gli incassi, infatti, cominciavano a diminuire, da un lato, per naturale stanchezza ma, dall'altro, per eccesso di offerta di commedia - e non solo nel periodo natalizio. Le produzioni italiane, da qualche anno, salvo poche eccezioni, hanno un mercato sempre più ristretto e la soluzione a molte produzioni – anziché sforzarsi di identificare un pubblico di riferimento e, semmai, differenziare e cercare mercati anche esterni al nostro – è apparsa quella di usare i registi e gli sceneggiatori (nati con tutt'altra vocazione) con i quali erano soliti lavorare per mettere in cantiere, alla bell'e meglio, tante commedie, nella consapevolezza che, con ogni probabilità, qualche soldo d'incasso in più sarebbe arrivato (rispetto al quasi niente di tanti film pseudo-impegnati) e che la Rai e, soprattutto, le banche – quasi unico finanziatore in chiave di tax-credit esterno – sarebbero intervenuti per un genere, i cui esiti potenziali sono certamente più facilmente dimostrabili. Risultato: da un paio di anni ogni settimana esce nelle sale una commedia, in una logica tutta nominalistica e autoreferenziale, senza nessuna reale attenzione al botteghino (tanto il film è già pagato) Ecco così che questo Natale sono usciti ben 6 simil-cinepanettoni, che si cannibalizzano a vicenda. Un peccato per Natale a Londra (vale anche per Poveri ma ricchi) che, nel suo genere, è un buon prodotto, con una bella attenzione a idee di cast: gli Arteteca sono ben usati, Davoli è una simpatica presenza e Guarneri è una bella scoperta (per il cinema: il teatro siciliano lo conosce benissimo); De Biasi, poi, ci mette di suo un piglio da cinefilo degli anni '80, cita le scazzottate di Spencer e Hill e, tira fuori dal cilindro il minidivo degli horror di quegli anni David Brandon e il coatto Sergio "er Parrucca" Di Pinto. Soprattutto, però, un peccato per una cinematografia che va complessivamente in decadimento.
Antonio Ferraro