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(CINEMA) - "Mektoub, My love Canto 1" di Abdellatif Kechiche. - Travolti dalla gioia dei sensi

"Mektoub, My love Canto 1" di Abdellatif Kechiche "Mektoub, My love Canto 1" di Abdellatif Kechiche

Mektoub, My Love - Canto 1
di Abdellatif Kechiche
con Shain Boumedine, Ophélie Baufle, Salim Kechiouche,
Lou Luttiau, Alexia Chardard
Francia 2017

Travolti dalla gioia dei sensi

Amin, un aspirante sceneggiatore che vive a Parigi, ritorna per l'estate nella sua città natale, una comunità nel sud della Francia, occasione per ritrovare la famiglia e gli amici d'infanzia, fra cui suo cugino Tony e la sua migliore amica Ophélie, da cui è segretamente attratto. Ma anche nuove conoscenze sono all'orizzonte, come le affascinanti Céline e Charlotte, che incontrerà in spiaggia. Incantato dalle numerose figure femminili che lo circondano, Amin resta soggiogato da queste sirene estive, all'opposto del suo cugino dionisiaco che si getta nell'euforia dei corpi. Munito della sua macchina fotografica e guidato dalla luce eclatante della costa Mediterranea, Amin porta avanti la sua ricerca filosofica lanciandosi nella scrittura delle sue sceneggiature. Ma quando arriva il tempo dell'amore, solo il destino, il mektoub, può decidere.
Da subito l'accento viene posto sul corpo femminile, sul desiderio e sulla sessualità. Questo è un film che parlerà di passioni sembra annunciare la prima sequenza. L'eros travolge in modi diversi tutti i personaggi, protagonisti di danze dionisiache grondanti di sensualità. Solo Amin sembra non esserne totalmente coinvolto, attratto e affascinato sì, ma con la distanza prospettica di un fotografo. Lui suo malgrado è il voyeur della storia: più volte il suo legame con una donna si fa intimo, ma sempre regredisce, favorendo la posizione di Amin come spettatore giudizioso e sapiente, colui che ha uno sguardo filosofico sulle intense esperienze della gioventù. È l'alter ego di Kechiche, il cui cinema è un puro tendere al naturalismo e all'autenticità.
Un film di corpi messi a nudo, che danzano e sono attraversati dal desiderio, un'energia irrefrenabile che è vita e gioia. Le relazioni tra i diversi personaggi sono dominate da un dinamismo prorompente: le coppie sembrano assemblarsi per poi però spezzarsi, isolando personaggi, sconvolgendo equilibri e avvicinando tra loro altri personaggi ancora. Una concezione antitetica all'immobilità, dove il mutamento è inevitabile, generando una trama imprevedibile. Forse perchè, come dice Ophélie, ci si stanca di tutto con l'abitudine. Allora il cambiamento risulta un ingrediente vitale per la pozione magica della felicità, o di quella che si crede tale. "Nessuno è fedele" si ripetono fanciulle in cinto di sposarsi. Ed effettivamente di fedeltà qui non ce n'è, mentre domina un vorticoso inebriamento dei sensi e la cinepresa si focalizza sui corpi, spesso in atteggiamenti sensuali.
Una sequenza ammalia: la nascita degli agnellini. Con un'atmosfera quasi sacra contempliamo, immedesimandoci nello stupore di Amin, il miracolo della vita. Tutto si sospende per ammirare, quasi pregare, questo inspiegabile mistero dell'esistenza. Chi siamo? Da dove veniamo? C'è un destino per noi? Domande che risuonano nella mente, in un momento in cui la bellezza del creato, incarnata nei dolci agnellini, si manifesta. La simbiosi uomo-natura è fondamentale in questo film, parte integrante dell'esperienza sensoriale dei protagonisti.
Tratto dal romanzo "La ferita quella vera" di Francois Begaudeau, il regista ha scelto di inserire nel titolo del film la parola mektoub, che significa destino. Pazientemente segue il cammino non longilineo dei suoi personaggi, analizzandoli senza giudicarli, osservandoli e amandoli, chiedendosi quale sarà il loro destino e a cosa sono predestinati. Di tutti questi incontri quali saranno quelli determinanti? La regia realista da l'impressione che seriamente il regista si limiti a osservare e registrare il reale, indugiando anche su lunghi tempi morti e su scene alle volte forse troppo prolisse, come quella della discoteca. Mektoub, My love Canto 1 è un film anarchico e provocatorio, che si muove su un terreno dove il confine tra bene e male è ambiguo, e in cui è valorizzato il diritto alla libertà.
L'euforia che scorre nel sangue dei personaggi è contagiosa anche per lo spettatore, anche se per i ben pensanti risulterà fastidiosa. Una voracità lussuriosa muove le azioni dei personaggi, tanto che perfino il mangiare diventa un atto a suo modo passionale, dettaglio fortemente presente anche nel precedente film del regista, La vita di Adele.
Non resta che attendere il seguito del film, il canto 2, e lasciarci stupire dall'imprevedibilità del mektoub.

Corinne Vosa

Ultima modifica il Giovedì, 31 Maggio 2018 11:52

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