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(CINEMA) - "Tolo Tolo" di Luca Medici e Paolo Virzì. Non è un film “diverso”, sono i fan che finora non hanno capito nulla

"Tolo Tolo" con Checco Zalone "Tolo Tolo" con Checco Zalone

Tolo Tolo
Sceneggiatura Luca Medici e Paolo Virzì
Con Checco Zalone, Souleymane Silla, Manda Touré, Nassor Said Berya, Alexis Michalik; 
Soggetto Checco Zalone e Paolo Virzì
Produttore Pietro Valsecchi;
Fotografia Fabio Zamarion;
Montaggio Pietro Morana;
Musiche Checco Zalone in collaborazione con Antonio Iammarino e Giuseppe Saponari;
Scenografia Maurizio Leonardi
Italia

Non è realmente un film “diverso” dai precedenti quest’ultimo di Checco Zalone, “Tolo tolo”. È molto più probabile pensare, invece, che sono i suoi fan a non averci mai capito nulla di tutta l’opera cinematografica di Luca Medici.
Nello stereotipo popolare di “Teatro”, si è spesso portati a pensare che, ad assistere ad uno spettacolo, ci si va solamente “se fa ridere”. Sotto tale “pregio”, Zalone, ha viziato e coccolato questo genere di pubblico (magari anche un po’ ingenuamente – e magari perché è anche il più vasto di tutti), con valanghe di battute spontanee e popolari, e parolacce “semivernacolari”, che hanno fatto sì che il cinema si sovrappopolasse (soprattutto) di spensieratezza e voglia di ridere. La genialità di Luca, è chiaro da sempre, sta nello sversare addosso all’“italiano medio” (Sì! Compreso quello di Maccio!), con la risata spicciola e la freddura comoda, le proprie nefandezze e sciatterie. Deridendole. È (più o meno) come la comicità di Siani. A differenza però, che, quella di Siani, nonostante anch’essa sia troppo costosa rispetto al prodotto che determina, non porta a nulla. Quella di Zalone, invece, fa certamente (anche) riflettere e vergognare.  
“Tolo tolo”, rispetto agli altri film di Zalone (escluso, forse, solo il primo, dove comunque si parla di omosessualità – altro grande problema per l’italiano “pio”), ha solo poche differenze: 1) l’abnorme budget; 2) le ambientazioni (è un film quasi del tutto girato in esterna, in Africa, e con videografica di alta qualità); 3, più importante) la fortissima tematica. Lo stile narrativo, la firma comica “zaloniana”, nonostante qualcuno dica il contrario, è sempre la stessa. E questo rende complesso intercettare la firma di Virzì. 
Verrebbe da dire: “la tematica è quella dei migranti, e di quello che vivono durante i loro terribili viaggi. Hai detto nulla!”. Certo! Ma il personaggio principale, Checco, è sempre lo stesso spaccone tamarro che critica tutto con paragoni fiscali, parolacce e irrispettosità generica. Anzi! Forse questo Checco, a differenza dei quattro precedenti, è più babbeo degli altri. Perché anche tra le esplosioni, le sparatorie, e in mezzo ad una tempesta in mare, critica, fa battute e offende. Con spensieratezza, oltretutto! 
Il film, comunque, in linea generale, non è un film brutto. Tutt’altro. E se molti dei suoi fan non l’hanno apprezzato (politici compresi), è semplicemente perché, la disillusione sortita ai reduci del trailer musicale che hanno poi visto il film, ha messo in luce il reale pensiero di ognuno, e la rivelazione palese del “pensiero zaloniano” e di tutta la sua opera filmica. Particolare che, probabilmente, farà saltare la nomina a senatore a vita a Luca Medici, così come qualcuno prematuramente aveva proposto.
La trama è semplicissima: Checco, deluso e distrutto dalla situazione economico fiscale italiana, che vive nella sua Puglia, decide di trasferirsi in un “paradiso” africano. Trova lavoro, infatti, in un lussuoso villaggio vacanze, affollato da italiani criticoni ed evasori fiscali. Da lì a poco, l’arrivo delle milizie, distrugge il villaggio e costringe Checco, ed un suo collega, a fuggire. Una probabile ricollocazione in un altro stato d’Europa (fiscalmente meno ambiguo e più conveniente dell’Italia), lo convince ad affrontare il pericoloso viaggio, tra battaglie, mitra, bombe, deserto e mare.
Parecchie scene sono suggestive e ben girate, nonostante la “prima volta” da regista di Luca Medici si percepisce. Una delle sequenze migliori del film, è certamente quella del deserto, quando Checco cerca di riprendere il suo posto sul camion, che invece procede impassibilmente. Ed il “cameo” di Nichi Vendola è meraviglioso. A differenza del finale che, nonostante sia un piacevole ritorno ad un passato in stile Roger Rabbit, è assolutamente inaspettato e irragionevole. Tanto si è detto anche sulle particolari “allucinazioni fasciste” che invadono la testa di Checco in alcuni momenti del film. Ma essendo uno spietato “ridicolizzatore” del profondo animo italiano, non poteva non mostrare ai “nostalgici” quanto stupido, indignitoso e imbarazzante, sia essere definiti tali. Per il resto, bambino compreso, molti personaggi lasciano il tempo che trovano da un punto di vista di caratterizzazione; e la sceneggiatura vuole raccontare, in poco tempo, troppe situazioni.
In conclusione: “Tolo tolo” è un film certamente da vedere. Ed è assolutamente paradossale e inappropriato, come qualcuno ha fatto, paragonarlo alla svolta avuta da Benigni con “La vita è bella”. Sono due “altezze” totalmente diverse. Ma, anche questo film di Zalone, vederlo certamente non fa male. Anzi: fa malissimo! Perlomeno a certi italiani. 

Valerio Manisi

Ultima modifica il Venerdì, 10 Gennaio 2020 13:10

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