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(CINEMA) - "Lontano lontano" di Gianni Di Gregorio. Non è un film per vecchi

"Lontano lontano" di Gianni Di Gregorio "Lontano lontano" di Gianni Di Gregorio

Lontano lontano
di Gianni Di Gregorio
Con Ennio Fantastichini, Giorgio Colangeli, Gianni Di Gregorio, 
Daphne Scoccia, Salih Saadin Khalid
Italia 2019

Non è un film per vecchi

Il Professore (Di Gregorio) vive a Trastevere della modesta pensione di ex-insegnante di latino e greco; il suo amico Giorgetto (Colangeli) si deve invece accontentare della pensione sociale: non ha mai avuto un impiego ed è campato di una piccola parte dei proventi di un banco di frutta e verdura che i genitori avevano lasciato al suo laborioso fratello Oreste (Giancarlo Porcacchia) e a lui, che non vi aveva quasi mai lavorato. Giorgetto tira avanti come può: mangia la frutta che il fratello, brontolando, gli regala, non paga da anni l’affitto della casetta nella quale abita (con costante rischio di sfratto) ma è di buon cuore e consente al giovane immigrato Abu (Saadin Khalid) di usare la sua doccia, dividendo con lui proprio magro pasto; ora, però, ha deciso di seguire l’esempio di altri pensionati e di andare a vivere in un paese nel quale il cambio e le condizioni generali gli consentano di vivere un po’ meglio e coinvolge nel progetto il Professore. Avendo saputo che la tabaccaia Daniela (dalla quale lui compra, speranzoso, i gratta e vinci) ha un cliente il cui fratello è andato a vivere all’estero per i suoi stessi motivi, gliene chiede l’indirizzo e lei, frugando nella memoria, tira fuori un nome e un indirizzo nella estrema periferia. Dopo un lungo tragitto in autobus i due amici arrivano nella villetta (abusiva?) di Attilio (Fantastichini) e si accorgono ben presto che non è lui la persona che cercano; parlando davanti ad una birretta, Attilio – che non ha pensione e si è improvvisato restauratore di mobili, che in parte rivende la domenica nel mercato di Porta Portese – si dimostra interessato all’idea di partire e, all’uopo, si fa accompagnare dagli altri due dal prof. Federmann (Roberto Herlitzka), al quale ha restaurato uno specchio. Quest’ultimo, dopo essersi scolato con loro una grappa di nascosto dalla moglie (Francesca Ventura), dà un saggio di tutto il suo sapere indicando loro le mete più convenienti, salvo richiamarli la sera e proporre come paese ideale le Isole Azzorre. I tre si danno da fare per trovare i soldi del viaggio: il Professore vende alcune delle sue adorate rarità letterarie ad un amico libraio (Matteo Maglia), Giorgetto si fa dare qualche soldo dal fratello e compra tanti gratta e vinci, mentre Attilio – dopo essersi ingaggiato Abu per portare dal rigattiere (Dario Beffa) i suoi strani manufatti e aver visto le precarissime condizioni di vita del giovane immigrato – comincia ad avere dei dubbi sul viaggio: ha appena ritrovato l’affetto della figlia (Daphne Scoccia), che da bambina aveva trascurato. Anche il Professore avrebbe un motivo per restare: è riuscito a parlare con la signora (Galatea Ranzi) che vedeva sempre al bar e della quale si era invaghito. In fondo, anche Giorgetto ha scoperto di stare al banco di famiglia, sopportando addirittura la temibile Signora della Cicoria (Francesca Borromeo). Alla fine qualcuno partirà ma non è detto che siano loro (una fetta di cocomero a Terracina, in fondo, è già abbastanza esotica).
Lo sceneggiatore Gianni Di Gregorio dopo il tardivo e fortunato esordio con Pranzo di Ferragosto sembrava aver esaurito la coinvolgente e teneramente ironica vena: i suoi due successivi film da regista, Gianni e le donne e Buoni a nulla, sembravano stanche riproposizioni del suo personaggio indolente e sognatore. Lontano lontano (tratto dal suo racconto Poracciamente vivere, apparso nella raccolta di autori romani Storie della città eterna, edito da Sellerio) è invece una bella sorpresa: lui sembra aver ritrovato la propria miglior vena, i suoi compagni di scena (Fantastichini nella suo ultimo ruolo prima della scomparsa, Colangeli ed Herliztka) sono bravissimi, Trastevere diventa sommessa ma efficacissima co-protagonista (e non era facile riprenderla per l’ennesima volta e darle un tocco personale) e lo stesso finale buonistissimo (che non raccontiamo per non spoilerare ma è facile da intuire), ben lungi dall’aver lo sgradevole sapore di una forzatura nella chiave dell’odioso politically correct, chiude con un soffio poetico la favola dei tre anziani:.. e vissero “poracciamente” ma, in fondo felici e contenti.

Antonio Ferraro

Ultima modifica il Sabato, 29 Febbraio 2020 18:24

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