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(CINEMA) - "L'Afide e La Formica" di Mario Vitale.

Cristina Parku e Giuseppe Fiorello in "L'Afide e La Formica" di Mario Vitale Cristina Parku e Giuseppe Fiorello in "L'Afide e La Formica" di Mario Vitale

L'Afide e La Formica
di Mario Vitale (opera prima)
con Giuseppe Fiorello, Cristina Parku, Valentina Lodovini, Alessio Praticò, Nadia Kibout
Italia 2021

Fatima (Cristina Parku) è una giovane italiana di origini musulmane: come vuole la sua religione, indossa il velo che pur coprendo i suoi bellissimi capelli esalta la sua presenza. Testarda, forse anche un po' fragile, è una classica adolescente piena di fragilità, paure e spavalderie, tenace come una donna del Sud.
Quando però il velo diventa ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi, Fatima inizia a chiedersi perché non può essere come tutte le altre ragazze.
Parte da questa domanda intima il percorso che ne L’Afide e La Formica si dirama come i rami di un albero in diverse sottotrame, un insieme di storie che formano l’esordio alla regia di Mario Vitale: il giovane autore conferma con la sua prima opera di lungometraggio l’eleganza dello sguardo del regista e la sua lucidità, portandosi dietro l’esperienza maturata con i suoi corti di successo (tra tutti, Al Giorno D’Oggi Il Lavoro Te Lo Devi Inventare) per provare a raccontare una regione e una storia da un’angolatura traversa, lontana dalle cronache nere mediatiche.
Lo fa restituendo le immagini di una Lamezia Terme, in Calabria, quasi metropolitana, tra ponti illuminati di notte e strade deserte -il film è stato girato durante il lockdown- sconfinando in un hinterland verdeggiante che non dimentica lo stato sociale. Mettendo da parte i sofismi della sua cifra autoriale (che ritornano solo nei brevi flashback onirici del personaggio principale), racconta una storia di solidarietà e inclusione evitando i clichè dei film ambientati nella regione e sorpassa anche la pericolosa ovvietà delle faccette di Beppe Fiorello con un’ottima direzione degli attori, su tutti l’esordiente Cristina Parku che stupisce con la sua intensità mai banale né scontata.
L’Afide e La Formica è una storia semplice e diretta -da non dimenticare il patrocinio della Calabria Film Commission e di Rai Cinema, e viene da una sceneggiatura tratta dal testo teatrale di Saverio Tavano La Lunga Marcia, mentre si costruisce sull’idea del tempo e dello spazio: un tempo che scorre inesorabile, moltiplicandosi in ricordi che diventano pesi e segreti, e uno spazio che ingabbia e che libera, coordinate che Fatima (insieme al coprotagonista, il Michele di Beppe Fiorello) percorre e decifra.
L’Afide e La Formica è allora ben piantato su primi piani e lunghi campi d’azione: la corsa, simbolo poco originale ma qui declinato in maniera sincera e forte, diventa la corsa della vita, spezzata nei ricordi del professore, interrotta nei problemi di Fatima, risolta nell’incontro tra i due che, proprio come gli insetti del titolo, insieme troveranno stimoli ed energie per affrontare le loro paure.
Fiorello e la Parku, probabilmente uno dei volti esordienti più interessanti nella sua inedita e sincera freschezza, si muovono nel territorio che Vitale sceglie per il suo film, una location che mostra finalmente la qualità intrinsecamente cinematografica della città principale.
L’Afide e La Formica risente senza dubbio di un impianto da fiction, ma non è necessariamente un problema: anzi, forse la storia avrebbe avuto un respiro più ampio e risoluto proprio con una durata seriale, superando alcune empasse che strozzano lo svolgimento nei soli 90 minuti del film.

Valentina Arichetta

Ultima modifica il Mercoledì, 10 Novembre 2021 10:22

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