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CABARET - regia di Saverio Marconi

"Cabaret" coreografia Gillian Bruce. Foto Giulia Marangoni "Cabaret" coreografia Gillian Bruce. Foto Giulia Marangoni

Testo di Joe Masteroff
Basato sulla commedia di John Van Druten e sui racconti di Christopher Isherwood
Musiche di John Kander
Liriche di Fred Ebb
Traduzione di Michele Renzullo
Adattamento e regia di Saverio Marconi
Con Giampiero Ingrassia, Giulia Ottonello, Alessandro Di Giulio, Altea Russo, Michele Renzullo, Valentina Gullace, Andrea Verzicco, Ilaria Suss, Nadia Scherani, Marta Belloni, Marco Rigamonti e Matteo Tugnoli
Scene di Gabriele Moreschi e Saverio Marconi
Costumi di Carla Accoramboni
Coreografie di Gillian Bruce
Supervisione musicale di Marco Iacomelli
Direzione musicale di Riccardo di Paola
Disegno luci di Valerio Tiberi
Disegno fonico di Enrico Porcelli
Produzione Compagnia della Rancia
Trieste, Politeama Rossetti, 17 novembre 2016

www.Sipario.it, 21 novembre 2016

Il Kit Kat Klub è un covo lascivo e spensierato della Berlino anni '30, nella pericolosa temperie nazista alla vigilia della seconda guerra mondiale. Frequentato soprattutto da uomini in cerca di donnine allegre, il locale celebra il sesso esplicito e l'alcool come mezzi per rendere la vita meravigliosa e scacciare qualsiasi problema. Il cordiale "Willkommen" è dato da un sinistro maestro delle cerimonie, una caricatura sospesa tra il demoniaco e il decadente che inquieta trasmettendo lussuria ad libitum. Sullo sfondo di un drappo cremisi, giocando con l'illusione del teatro nel teatro, questo suadente direttore di night-club (che ha la figura dissacrante Giampiero Ingrassia) ci introduce nel mondo di "Cabaret", nuovo allestimento della Compagnia della Rancia dell'omonimo musical di John Kander (musiche) e Fred Ebb (liriche). La cifra dell'adattamento del testo e della regia scelta da Saverio Marconi è all'insegna dell'essenzialità: l'ambientazione nel retro di un palcoscenico ostenta pochi elementi (un'insegna cadente, un tavolo, una sedia, un armadio, porte che scendono a vista), così come il cast risulta nell'insieme privo dell'attesa dimensione corale, essendo costituito da pochi elementi. Emerge poi la sottolineatura insistente fino al parossismo di una sessualità meccanica, scadendo spesso nella volgarità più gratuita. Pochi lustrini e pailettes quindi, modeste anche le coreografie per trasmettere un'atmosfera amara e degradata.
La figura di Sally Bowles, interpretata nel film celebre del '72 di Bob Fosse da Liza Minnelli, è qui proposta dalla vibrante Giulia Ottonello (star di Amici ma anche dello spettacolo) che offre un'interpretazione convincente della ragazza inglese perduta, con i fluenti capelli rossi e senza caschetto. Le sue notevoli doti vocali e d'attrice si concentrano su un ritratto femminile di diva fragile, a tratti espressionista e brechtiano (come nel brano clou "La vita è un cabaret"), a nascondere un vuoto esistenziale incolmabile. Intorno a lei sfilano una serie di personaggi poco caratterizzati, inconsapevoli di una realtà che sta cambiando e che li travolgerà: il giovane romanziere Cliff (Mauro Simone) di cui inaspettatamente si innamora, l'affittacamere Fräulein Schneider (Altea Russo), la prostituta (Valentina Gullace), il commerciante ebreo (Michele Renzullo), il nazista persecutore (Alessandro Di Giulio)...un affresco umano grigio, squallido che viene cancellato ex abrupto da un finale discutibile che gioca sulla più nota iconografia dedicata alla deportazione. E neanche le hit che hanno fatto la storia del musical (Money, Mein Herr...), tutte fedelmente tradotte dallo stesso Renzullo, riescono a cancellare quel senso di amarezza e inanità messo a nudo in questa versione del musical.

Elena Pousché

Ultima modifica il Lunedì, 21 Novembre 2016 07:07

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