mercoledì, 22 gennaio, 2025
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FRAMMENTI DI INFINITO - coreografia e regia Aristide Rontini

Frammenti di infinito - "Back Eye Black", coreografia e regia Aristide Rontini. Foto Federica Musella Frammenti di infinito - "Back Eye Black", coreografia e regia Aristide Rontini. Foto Federica Musella

Tre Atti per le lucciole.
Programma, Atto I Lampyris Noctiluca, Atto II Back Eye Black, Atto III Corporale,
coreografia e regia Aristide Rontini
danza (in o. a.) Silvia Brazzale, Cristian Cucco, Orlando Izzo, Aristide Rontini,
con la partecipazione di persone della comunità bolognese
collaborazione produttiva Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale – Focus CARNE, Oriente Occidente
nel progetto Europe Beyond Access co-finanziato Creative Europe e Nexus Factory, nell’ambito di CARNE – focus di drammaturgia fisica
all’Arena del Sole, 14 dicembre 2024

www.Sipario.it, 18 dicembre 2024

Dal sottotitolo di Frammenti di infinito: Tre atti per le lucciole, è partita la voglia di rileggere il pezzo di Pier Paolo Pasolini, passato agli onori della cronaca col titolo: L’articolo delle lucciole, ma titolato dal Corriere della Sera il 1° settembre 1975 con un banale ma più chiaro: Il vuoto del potere in Italia. Di questo infatti parla l’articolo, tratta del continuum di un fascismo non di nome, ma di fatto, incarnato dalla Democrazia cristiana, di un potere svuotato di sè e della sua efficacia, nell’Italia trasformata dal benessere e soprattutto dallo sviluppo industriale ed economico. Profetizza Pasolini rispetto al mantenimento del potere da parte dei democristiani che «non vedevano che il potere che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, già manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi politiche tecnocratiche». E a distanza di cinquant’anni questo passaggio è certo il più interessante dell’intero articolo che chiude «Io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola». 

Perché questa premessa? Per rendere chiaro che la suggestione delle lucciole e la loro scomparsa è tale e tale rimane, in gioco c’è ben altro, nel testo pasoliniano, e forse anche la nostalgia puerile nei confronti di un buon tempo antico che non era per nulla buono, ma solo antico e per questo passato. Questo per dire come la riflessione di Aristide Rontini guardi, più che altro, forse a questa epidermica sollecitazione iconica e dopotutto scrive il coreografo: «L’immagine della lucciola, il cui corpo organico è sorgente di tenui bagliori nella notte, – scrive Rontini – ha permesso di creare un parallelismo con il corpo e la sua capacità di accendersi se ascoltato. Quali sono le condizioni grazie alle quali accediamo a noi stessi?». 

Per questo, forse, il riferimento pasoliniano rischia di produrre più danni che altro a un percorso coreutico che ha un suo sviluppo e non abbisogna della mitologia pasoliniana per avere una sua logica centratura che parte dal corpo. L’inizio di Frammenti di infinito è l’assolo Lampyris Noctiluca di Aristide Rontini. Il danzatore è corpo/immagine, in cui il corpo diversamente formato vive di una sua estetica, di una sua armonica potenza figurale che fa della disarmonia articolata una immagine che emerge dal buio, è intermittente nel suo essere modellata dalla luce, qui sì come una lucciola, se si vuole tenere il riferimento letterario/giornalistico. Con Back Eye Black i tre performer danzano il buio e la luce e lo fanno con un segno coreografico preciso e a tratti insistito, un viaggio notturno in cui in controluce raccontano di una luminosa resistenza, dello sforzo di gettare luce su di sé e sul mondo. Sono ancora le suggestioni delle lucciole a muovere il coreografo in questo itinerario verso l’invenzione di una comunità nuova o di un modo alternativo di vedere la realtà. A questo punta il terzo movimento, Corporale pezzo nato dal coinvolgimento di alcuni non-danzatori della realtà bolognese che hanno preso parte al laboratorio di Rontini. Ne fuoriesce un quadro variegato, colorato, in luce e vitale nella diversità dei corpi e del movimento, della gestione dello spazio come della ritmica del fisico. Viene da pensare che in quella comunità mutante per volti, provenienza, età ci sia quella nostalgia pasoliniana che qui non è un guardare indietro, ma in realtà è un proiettarsi in avanti per recuperare lo spazio dell’incontro fra persone nel qui ed ora della vita, sia quella fuori dai teatri che quella simbolica della scena. Ed allora Frammenti di infinito appare un buon esercizio di pensiero, indipendentemente o forse grazie a Pier Paolo Pasolini. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Venerdì, 27 Dicembre 2024 09:33

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