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GUIDA AL VUOTO_PIENO – LA NATURA DEL VUOTO - coreografia Michela Pegoraro

"GUIDA AL VUOTO_PIENO – LA NATURA DEL VUOTO", coreografia Michela Pegoraro "GUIDA AL VUOTO_PIENO – LA NATURA DEL VUOTO", coreografia Michela Pegoraro

coreografia di Michela Pegoraro
con Michela Pegoraro 
musicista al didgeridoo, campana tibetana e voce, Marco Ciscato
tecnico luci Alberto Salmaso
produzione Compagnia Naturalis Labor
Festival Danza in Rete 2025  -    Danza in Rete Off
Vicenza, teatro Comunale, 22 marzo 2025 – Prima nazionale

www.Sipario.it, 23 marzo 2025
 

Un lungo silenzio iniziale, un corpo disteso, una figura sullo sfondo. Qualche silenzio di apnea, scandito da brevi suoni di campana tibetana, intermezzi che introducono un vuoto, che come dice il titolo, è pieno, deciso. Il corpo lentamente si muove, ondeggia, reagisce agli stimoli sonori che il musicista Ciscato esegue ed è un unico agire, sentire, esplorare. Quel proprio senso di vuoto pieno, un’inquietudine in via di elaborazione, un turbinio di vibrazioni musicali e corporee. Un dualismo che affonda la sua radice in un colpo a ferire antico, dolorosamente contemplato. Guida al vuoto _pieno – La natura del vuoto è, da parte della coreografa e danzatrice Michela Pegoraro uno scavare in se stessa, con a fianco quel vuoto che ancor oggi, dopo anni, fa fatica ad abbandonare. I due performer vanno all’unisono, movimenti e suoni, oscillazioni, e quando la musica e gli sbuffi si fermano il dolore e la sua diretta coscienza vanno ancor più nel profondo, è una continua elaborazione-trivella. Quei corpi, quel corpo, cerca libertà dall’oppressione, dal dolore, cerca nuova strada di elaborazione a un lutto in una nuova, sperata installazione di se stesso. Michela Pegoraro con questa coreografia indaga senza se e senza ma le proprie emozioni, le vicissitudini che fanno parte del proprio vivere. Del resto, il vuoto presente è osservazione, maturità, un portarsi appresso qualcosa di pesantemente presente e ancor più passato, e l’occasione è proprio quella di cercare con il corpo, usandolo, ampliando il respiro e la conoscenza, la propria suggestione. Un tuffo al cuore, che si perpetua ed è vivo, emotivo, è reazione-azione. Quel corpo altro non è che il mezzo per fortificarsi, un’analisi di sé che diventa proclama. Seguendo l’istinto, cercandolo, assecondandolo, il corpo trova un significato, quanto meno si sforza per arrivare a ciò. E’ un momento intimo guardando dentro se stessi, è una sobillazione che porta dietro sé arcaiche ombre, oscure e tristi, eppure vanno elaborate altrimenti non se ne esce. Fa eco a tutto ciò un’importante colonna sonora che Michele Cisco propone creando suoni talvolta a mezz’aria e suonando il didgeridoo, strumento aborigeno dal suono cavernoso, profondo. Fino a che trova spazio completo nel momento di cambiamento, quando la danzatrice esce e si rinnova, ed entra in nuova veste. E’ uno spettacolo di non facilissima lettura che non è certo però, privo di fascino, in cui ricerca, postazioni e posizioni si incrociano, un open mind in un certo qual modo rinfrescante e amletico, dove rimane qualche incompiuta. Danza bene la Pegoraro, lasciando spazio anche all’improvvisazione sull’errore che tale, appunto , non è, tecnicamente, semmai va nella direzione opposta, diventa esercizio di se stessa applicato a creazione estemporanea. E’ il gesto a guidare le metafore, un disarmo da ricostruire, una nuova sfida a nascere per essere, un accompagnamento. Ho trovato invece più pretenzioso, nonostante accompagnamento anch’esso della performance, la presenza sul palco strumentale e vocale, di suono verbale, di Ciscato, che a mio parere distoglie un po’ dal significato principale proprio per la presenza costante, togliendo in qualche maniera una certa potenza visibile, anche se la stessa per paradosso è aumentata con accenti sonori. Continua il mistero della propria elaborazione, continua la ricerca dell’io sull’io, lo stato di evoluzione necessaria per poter ascoltarsi.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Domenica, 23 Marzo 2025 17:05

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