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PIETÀ PER ICARO – coreografia Francesca Selva

"Pietà per Icaro", coreografia Francesca Selva "Pietà per Icaro", coreografia Francesca Selva

produzione
Compagnia FRANCESCA SELVA/ Consorzio Coreografi Danza d’Autore
Coreografie: Francesca Selva
Interpreti: Roberto Gonnelli (attore) e Luciano Nuzzolese (danzatore)
Soggetto e messa in scena: Marcello Valassina
Siena, Teatro dei Rinnovati 3 novembre 2021

www.Sipario.it, 8 novembre 2021

Era stato vincitore del Bando SCA 2019, Pietà per Icaro. E dopo il debutto al Museo del Bosco di Sovicille (un delizioso borgo in provincia di Siena) nell’ambito della rassegna estiva di riapertura dopo l’emergenza covid, ha cominciato il suo percorso dal Lazio, alle Marche, a Grosseto ed all’Aquila nell’Auditorium Renzo Piano. E finalmente la senese Compagnia Francesca Selva ha debuttato ai Rinnovati, quale inaugurazione della Stagione teatrale che è stata presentata giovedì 28 ottobre.
Due gli interpreti, Dedalo ed Icaro, un attore e un danzatore, per una interpretazione moderna dell’antica tragedia, come sempre per quanto riguarda la drammaturgia classica capace di essere archetipo di ogni conflitto e pena e tragedia umana. Non si è così entusiasti dapprima di vedere su scena due uomini di età diversa in mutande, circondati da scatoloni dell’ennesimo trasloco. Anche se subito Roberto Gonnelli, nel ruolo di Dedalo, architetto-ingegnere fallito, che piange la giovinezza e la morte della sua compagna, si dimostra capace di introdurci nella sua vita, carica di illusioni e fallimenti. Forte il suo legame genitoriale, che grazie al talento di Luciano Nuzzolese attraverso il linguaggio esclusivamente fisico della danza racconta la tragedia di un rapporto padre-figlio nel quale a quest’ultimo è riservato il compito di riscattare i fallimenti paterni col suo volo “non troppo vicino al sole, non troppo vicino alla terra”. Così forte il legame tra i due, così commovente. E così straordinaria la performance di Luciano Nuzzolese, una giovane figura degna di Caravaggio, un danzatore straordinario per il quale il virtuosismo non è valore a se’, ma espressione artistica assoluta. La grazia e la pregnanza di questa pièce, che dalla sua ha il dono di un’assoluta originalità, nel continuo cavalcare un’attualità priva di idee che ci tocca così spesso sopportare, è un vero miracolo, ma per fare i miracoli ci vogliono i santi, nello specifico questa rappresentazione ha bisogno di due talenti, attoriale e coreutico, di assoluta eccellenza, che ne rendano la straordinaria bellezza. Non è roba per dilettanti. Neanche se ad accompagnare la storia di un rapporto padre-figlio, così poco frequentato (ecco l’originalità del racconto di una vicenda mitologica) ci sono le musiche giuste, da Schnelr’s List Theme di Johon Williams, a Red Sea dei Chkkr, a Creep dei Radiohead, al Requiem di Benedetto Marcello. Ed è lì che si capisce il titolo della pièce, non una pietà che rappresenta una madre che tiene tra le braccia il corpo senza vita di suo figlio, ma un padre e un figlio, sono loro i protagonisti dell’antica nostra icona culturale. Un crescendo quasi incredibile in poco più di un’ora di spettacolo, un cimento quasi insostenibile, una catarsi per gli spettatori, degno di una tragedia classica. Una storia universale, non contingente.
Lunga vita a questa magnifica performance, un vero miracolo di verità e bellezza, che intanto proseguirà il suo cammino in Piemonte, a Moncalieri, e al Festival danza curato dalla Fondazione Egri al Vigliano Teatro Erios.

Annamaria Pellegrini

Ultima modifica il Martedì, 09 Novembre 2021 08:41

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