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SURRÉALISME AU SERVICE DE LA REVOLUTION (LE) - coreografia e regia Marcos Morau Dukowshka

"Le Surréalisme au service de la Revolution", coreografia e regia Marcos Morau Dukowshka. Foto Arno Paul "Le Surréalisme au service de la Revolution", coreografia e regia Marcos Morau Dukowshka. Foto Arno Paul

di Marcos Morau Dukowshka
Coreografia e regia  Marcos Morau Dukowshka

Drammaturgia Roberto Fratini

Luci  Bernat Jansà

Scene e costumi La Veronal

Musica  Akira Rebelais, Benjamin Britten

Percussioni Gregory Terendij

Ripetitori Thomas Caley e Valerie Ferrando
Al Festival Bolzano Danza 2017, il 24 luglio 2017. Prima nazionale

www.Sipario.it, 6 agosto 2017

A suon di tamburi il surrealismo di Marcos Morau Dukowshka

Al buio, al suono di rulli di tamburi, il sipario si apre su una donna appesa a due anelli da ginnastica mentre elenca ad alta voce le Beatitudini, il discorso della montagna di Gesù sul tema della giustizia contenuto nel Vangelo di Matteo. Inizia così Le Surréalisme au service de la Revolution di Marcos Morau Dukowshka, creazione per il CNN-Ballet de Lorraine (che ha debuttato al festival Bolzano Danza in un'unica serata che comprendeva anche la coreografia di Merce Cunningham Fabrications). Ad esse, alle categorie cui appartiene il regno dei Cieli, il coreografo catalano assieme al drammaturgo Roberto Fratini, aggiunge i drogati, i rifugiati, i senzatetto, i folli, gli artisti impegnati, i truffatori, i resistenti e i dissidenti, e molti altri; ma anche "il petrolio e l'energia nucleare, perché resteranno fuori dal regno dei cieli", e poi "Garcia Lorca, Max Jacob, Walter Benjamin e tutti i perseguitati delle dittature, perché nella casa di Dio il vostro tempo vi verrà restituito". Il lungo elenco si interrompe con la caduta della performer che, carponi, esce di scena mentre si illumina il fondo su una replicante nella stessa posizione. Richiuso, il sipario si riapre rivelando un velario trasparente formato cinemascope dietro il quale si materializzano in eleganti tutù e in completi bianchi altri performer che entrano silenziosi posizionandosi frontalmente. Sembrano anime angelicate, creature di un limbo che ricorda le fantasmatiche Villi di Giselle impiantate dentro le atmosfere immaginifiche delle installazioni di Romeo Castellucci, mentre sonorità sospese o canti d'alleluia avvolgono quello spazio onirico. I danzatori si muovono in gruppo, da un angolo all'altro, con passettini rumorosi, con piccoli movimenti meccanici e poi fluidi, con vaghezza di orientamento, paurosi o spavaldi. Si posizionano a terra, di schiena, aprendo e fluttuando le gambe in aria, o stando a testa in giù; componendo cerchi a terra, strisciando, ancheggiando, alzandosi e piegandosi in avanti e indietro. Hanno scatti di braccia e di teste. Spesso guardano in alto, come se scrutate da una presenza misteriosa. Bisbigliano; si immobilizzano; si osservano tra loro, curiosi o sorpresi, quando qualcuno esce dal gruppo per degli assoli, subito ricondotto dentro; e ondeggiano su due file di braccia unite tra loro. Quando si spezzano e si disgregano uscendo di scena, ricompaiono in processione portando una croce sulla quale inchioderanno una donna, innalzata e poi deposta. Svuotata la croce di legno di quel Cristo-donna che prima, dall'alto, avrà indicato col braccio qualcosa ad uno degli uomini che l'ha crocifisso, rimarrà solo un cerchio di luce intermittente a illuminarla. Di nuovo buio, e un lungo rullare di tamburi. Si materializzerà, dapprima, la figura di un percussionista incappucciato con il capirote, il tipico cappello a forma di cono dei Penitenti della Settimana Santa sivigliana; quindi, dietro di lui, tutta la compagnia mascherata allo stesso modo, rigorosamente in fila ordinata, a ritmare con i tamburi, in un crescendo all'unisono e per un lungo tempo, una sorta di rito collettivo che va oltre il folklore. Caro al sovversivo e iconoclasta regista spagnolo Luis Buñuel, quello strumento di folklore – del quale diceva: "Fa tremare la terra sotto i nostri piedi e può diventare un fenomeno portatore di rivoluzione" – e il mondo dei surrealisti, è diventato l'oggetto ispiratore dello spettacolo di Morau. Denso di simboli, di atmosfere, di rimandi onirici legati all'inconscio, evocativi di una cultura artistica, di un universo tra sacro e profano, tra realtà e fantasia, Le Surréalisme au service de la Revolution ha un afflato visionario potente, una visceralità che riflette la geniale creatività di Morau, guida del collettivo La Veronal – il suo ensemble con sede a Barcellona -, coreografo in grande attività per molte compagnie. Fra queste il CNN-Ballet de Lorraine, compagnia versatile impegnata nella riproposizione di capolavori del Novecento ma soprattutto aperta alle scritture coreografiche contemporanee con un repertorio che spazia da Cunningham a Forsythe, da Twyla Tharp a Emanuel Gat, e ancora Mathilde Monnier, Andonis Foniadakis, La Ribot, Noé Soulier, Xavier Le Roi, e, naturalmente, Petter Jacobsson direttore artistico dal 2011.

Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Lunedì, 07 Agosto 2017 11:31

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