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SCH.NEE – coreografia Nunzio Impellizzeri

"SCH.NEE", coreografia Nunzio Impellizzeri "SCH.NEE", coreografia Nunzio Impellizzeri

“SCH.NEE”

COMPAGNIA Nunzio Impellizzeri Dance Company

COREOGRAFIA Nunzio Impellizzeri

REGIA Nunzio Impellizzeri

MUSICHE Tarek Schmidt

ASSISTENZA COREOGRAFICA Irene Andreetto

COSTUMI Theama for dance

LIGHT DESIGNER Viktoras Zemeckas, Nunzio Impellizzeri

DANZATORI Federica Aventaggiato, Lionel Ah-Sou, Claudio Costantino, Clementine Dumas, Ioar Labat Berrio, Katharina Ludwig
Al Festival Internazionale La Sfera Danza, Padova, Teatro ai Colli, 6 novembre 2022

www.Sipario.it, 11 novembre 2022

Lo avevamo visto quest’anno, durante la rassegna estiva Fuori programma al Teatro India di Roma, firmare la breve performance Please, old me, una creazione installativa in cui l’ingegnoso costume blu, elastico e a frange, della danzatrice, si estendeva come una ragnatela sul corpo di uno spettatore coinvolto nella sequenza, integrandolo "a distanza" nella performance. Quell’estensione e le articolate posture della performer facevano fantasticare su architetture e soggetti scultorei, su immagini pittoriche e di moda, aprendo a dimensioni con lo spazio attorno. Questo riferimento a Please, old me per dire che le arti visive fanno parte, per formazione e per passione, dell’universo creativo del siciliano Nunzio Impellizzeri, approdato poi alla danza e alla coreografia, e dal 2014 a capo di una compagnia che porta il suo nome, con sede a Zurigo. Attento osservatore del comportamento umano all’interno del contesto sociale, ritroviamo altri segni del suo immaginario espressivo legato alle arti visive nel nuovo spettacolo Sch.Nee (prima nazionale al Festival Internazionale La Sfera Danza, di Padova, anche coproduttore) parola che racchiude il suono dello zittire che i danzatori ripeteranno gestualmente, e la sillaba iniziale della parola neve. I colori accesi dei semplici costumi – calzamaglie, t-shirt e pantaloncini casual, poi abiti bianchi - rimandano a pennellate sulla tela; e le azioni dei danzatori, che in sala accolgono il pubblico a piccoli gruppi interagendo con loro, a incursioni di body art (quanto questo sia poi legato al resto dello spettacolo sinceramente ci sfugge). Terminata la movimentata ‘accoglienza’, ecco i sei danzatori seduti sul proscenio intenti a osservarci. Da lì in poi la scena si anima di lente sequenze sempre più dinamiche che presto e inaspettatamente si interrompono. Si arresterà anche la luce, lasciando posto al buio. Pure la musica - del compositore elettronico Tarek Schmidt - cesserà all’improvviso imponendo il silenzio, rotto, appena dopo, da rumori e clangori (un trapano usato anche in scena, calpestio, ritmo dei piedi…). Un invito ad ascoltare il silenzio, e a vedere ciò che l’assenza di suono suscita: è questo il binomio dentro il quale si sviluppa la coreografia di Impellizzeri tesa a rappresentare quanto in acqua il corpo possa cambiare, e la neve possa sottrarre il suono. La danza vive di posture plastiche, di allungamenti degli arti, di contorsioni, di movimenti fluidi che sembrano creare metamorfiche trasformazioni umane e di animali specie acquatici. E il bellissimo assolo a terra, in penombra, di un danzatore con una maschera subacquea illuminata, ci immerge nel mondo marino e le sue creature. Poi, il richiamo gestuale, mimico e sonoro del boccheggiare, è, inevitabilmente, ai pesci, mentre il gruppo ripete una serie di segni con le mani sul viso e sugli occhi chiusi. Infine, il bianco dei costumi – riferimento alla neve - nel frattempo mutati, e la bocca aperta bloccata da una pallina bianca, ci immergono in un’atmosfera più impalpabile. Niente come i pesci e la neve possono meglio indagare il silenzio, cercando di scolpirne le forme, il bisbiglio, le leggi, e grazie alla danza mostrare quei momenti in cui, prendendo a prestito una riflessione di Peter Handke “l’estremo bisogno di comunicare, (…) coincide con l’estrema incapacità di parlare”.

Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Mercoledì, 16 Novembre 2022 07:27

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