di Bio Linga Company
Idea e coreografia: Katarzyna Gdaniec e Marco Cantalupo
Musica originale: Mathias Delplanque, Philippe Foch
Con la collaborazione dei danzatori
Interpreti: Martin Angiuli, Enzo Blond, Bonni Bogya, Aude-Marie Bouchard, András Engelmann, Lia Ujčič, Csaba Varga, Cindy Villemin
Luci: German Schwab. Costumi: Geneviève Mathier
Video Detours Film. Foto Gregory Batardon, Michel Bovay. Administration Françoise Oehrli
Una coproduzione: Compagnie Linga, l’Octogone – Théâtre de Pully.
Sala “Trionfo” del Teatro della Tosse di Genova, nell'ambito del Festival “Resistere e Creare”, 16 novembre 2024
C'è un filo rosso, quasi un cordone ombelicale, che lega la nuova danza contemporanea con il suo passato tragico ed arcaico, questo filo è il cerchio che circuita e delimita lo spazio e il mondo rendendolo ritualmente infinito ed eterno. Semà, titolo che fa ovvio riferimento ai Dervisci, i più famosi tra i danzatori tournants, vive in questo circuitare circolare, e non è tautologico, che è insieme uno scavare come una trivella nel profondo dell'Umanità prima di ogni parola che la esprima, trasfigurando la musica che l'accompagna, essendo dalla danza come 'provocata' in una sfida di reciproca significanza, nell'ambiente ritmico che quella parola, la parola dell'essere umano che si alza sopra la gravità per tentare un necessario assalto al cielo, predispone. Frutto della ricerca coreografica di Katarzyna Gdaniec e Marco Cantalupo della Compagnia Linga, questo spettacolo, che in qualche modo richiama, anche semanticamente, Sonoma del coreografo spagnolo Marcos Morau, è un costruire dentro la ritmica che la ingloba una lirica melodia che in un certo senso riesce a transitarla (quella musica) facendosi man mano sempre più autonoma in un afflato di libertà che ci coinvolge. Il 'cerchio', quello magico di Susan Langer, è genesi dell'uomo e della donna dentro un mondo che ancora non gli appartiene perché ancora non è stato 'creato', e solo attraverso il cerchio, simbolo stesso della coreusi nicciana, si fa consapevole, consentendo all'uomo e alla donna di finalmente 'toccarsi' e 'riconoscersi'. Di questa creazione la musica (coreusi è come noto il coro che canta e danza) è alimento, energia e insieme materia da formare come la biblica creta, ed è veramente efficace l'abbinamento e la miscela che si costruisce sulla scena, grazie ai bravissimi musicisti dal vivo, il compositore Mathias Delplanque e il percussionista Philippe Foch, tra musica elettronica e musica corporea abbinando onomatopeie e geroglifici sonori che segnano simbolicamente il movimento. Forse un ricordo del “Paradiso Perduto” che l'arcaica coreusi tentava di richiamare avendone una maggiore vicinanza, e che il danzare conserva sempre nell'enigma che in essa trova riparo dalle tempeste dell'oggi. È scritto nella Genesi: “Dio creò l'uomo a sua immagine / a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò”, e chissà se il racconto della creazione non sia anch'esso stato una 'danza' che ha dato forma alla materia e la ha illuminata del suono che produce e dionisicamente si riproduce ritornando eternamente. Sulla scena questo equilibrio è, in Semà, quasi evidente nella quadruplice coppia di danzatori che si intersecano in linee tangenti irresistibilmente attratte dalla perfezione del 'cerchio', danzatori in questo di grande qualità non solo tecnica ma anche per così dire 'sentimentale', sapendo fecondare il gesto con un platonico 'Amore'. Uno spettacolo di grande intensità che sa, nella coreografia, abbinare con sapienza il 'lento' della meditazione di sé con 'l'ossessivo', in cui le sonorità quasi esplodono oltre sé stesse, della trance che porta 'fuori' di sé come il pharmakos che ci riscatta. Un ulteriore appuntamento di rilievo nell'ambito del Festival “Resistere e Creare” diretto egregiamente da Marina Petrillo e in corso al Teatro della Tosse di Genova. Nella rinnovata sala “Trionfo” ai teatri di Santagostino, pubblico numeroso e entusiasta con molti richiami sul palcoscenico e battimano ritmicizzati a sottolineare il gradimento. Maria Dolores Pesce