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TINY di Annamaria Ajmone + EVERYTHING IS OK di Marco D'Agostin

"Tiny", coreografia Annamaria Ajmone. Foto Michelle Von Savino "Tiny", coreografia Annamaria Ajmone. Foto Michelle Von Savino

TINY
di e con Annamaria Ajmone
musiche Marcello Gori
disegno luci Giulia Pastore
costumi Caned Icoda
consulenza artistica Maria Giovanna Cicciari
produzione CAB 008 con il sostegno di Regione Toscana e MiBACT, Fondazione Romaeuropa Promozione Danza, CSC Centro per la Scena Contemporanea - Bassano del Grappa, L'arboreto - Teatro Dimora di Mondaino, in collaborazione con DiDstudio / Ariella Vidach AiEP I Macelli – Certaldo, Premio DNAppuntiCoreografici 2014

EVERYTHING IS OK
di e con Marco D'Agostin
suono LSKA
disegno luci Rocco Giansante
movement coach Marta Ciappina
consulenza drammaturgica Kristin De Groot
direzione tecnica Paolo Tizianel
foto e video Alice Brazzit
una coproduzione VAN, CSC/Operaestate Festival Veneto & Dansateliers con il supporto di inTeatro, Kilowatt Festival, D.ID Dance Identity, C.L.A.P.Spettacolo dal vivo, Teatro Fondamenta Nuove
Teatro Mecenate, Arezzo, 4 dicembre 2016

www.Sipario.it, 6 dicembre 2016

Tiny ed Everything is ok: due assoli sull'osservazione e la riproduzione della realtà

Due assoli costituiscono il secondo appuntamento della IX edizione di Invito di Sosta, rassegna di danza contemporanea curata da Sosta Palmizi e ospitata presso il Teatro Mecenate di Arezzo. Due assoli molto diversi tra di loro, quasi opposti, in cui in ogni caso tornano delle costanti, una fra tutte il rapporto con la propria solitudine e con il mondo che ci circonda.
Tiny di Annamaria Ajmone è un omaggio alla natura, in senso romantico ma soprattutto a livello mimetico, "come se la natura fosse lo specchio dell'anima" – sottolinea la danzatrice durante l'incontro con il pubblico. La musica di Marcello Gori, creata in studio aggiungendo a rumori registrati dal vivo alcuni strumenti musicali che potessero imitare la natura, suggerisce l'ambiente scenico: una sorta di palude popolata da anfibi e insetti che si aggirano lentamente nel proprio habitat naturale. Piccoli sono gli animali, piccoli i movimenti, come il titolo suggerisce (tiny significa, per l'appunto, "piccolo, minuscolo"), che la danzatrice scompone e ricompone nella sua minuziosa creazione coreografica. Le sue movenze ricordano quelle di una bambina fragile che cerca nella riproduzione della natura e degli animali la via d'uscita per fuggire a una sorta di disagio intimo. Non c'è un'evoluzione drammaturgica o emotiva: il tempo rimane sempre uguale a se stesso e ripropone una serie di gesti riconoscibili e molto definiti. L'interprete non si rivolge quasi mai al pubblico, come se volesse riservare il suo sguardo al suo Io interiore: spesso si ritrova a coprirsi il volto con le mani, come se quel confine non potesse essere superato. Il palco è abitato solo da un unico fiore e non dalla distesa di spighe che erano previste inizialmente nello spettacolo ma la musica è sufficiente a proiettarci in questo universo naturale.
Marco D'Agostin, invece, è al mondo dell'intrattenimento che si ispira nel suo Everything is ok. Il performer – racconta al pubblico – si è fatto attraversare da una "cascata di immagini" proveniente dal web, in particolare da youtube, per capire quando arriva il momento in cui ci stanchiamo di vedere o fare qualcosa. Per rispondere alla domanda D'Agostin aveva bisogno di superare i propri limiti e provare un reale senso di stanchezza attraverso un lavoro che richiedesse uno sforzo disumano, sia a livello interpretativo che fisico. Il performer, con addosso una camicia hawaiana nera decorata da pappagalli colorati, inizia il proprio pezzo con un lungo monologo ironico che recita tutto d'un fiato: è un collage in inglese, italiano e francese di note canzoni pop, estratti di discorsi, spot. Concluso il momento dedicato alla parola, il danzatore costruisce "una catena ininterrotta di movimenti", una danza schizofrenica fatta di passaggi rapidi e azioni ricorrenti, in cui si inseriscono anche gesti riconoscibili frivoli e allusivi. Non si evince una critica alla società, ma solo una volontà di prendere in giro le "vittime" del bombardamento di immagini a cui siamo sottoposti. Questo esperimento sulla stanchezza si conclude con il crollo: il corpo, che fino a quel momento non si era mai fermato, soccombe, cade a terra e, arreso, esce di scena per lasciare spazio solo alla luce e alla musica, che ancora per poco continuano a sopravvivere.

Sara Bonci

Ultima modifica il Sabato, 10 Dicembre 2016 08:38

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