con Alessandra Ferri, Herman Cornejo, Bruce Levingstone
ideazione di Clifton Taylor, costumi di Deanna Berg MacLean
la partecipazione dei Solisti dell'Opera Italiana (Silvia Mazzon, Davide Gaspari, Pietro Scalvini e Massimo Tannoia)
coreografie di Demis Folpi, Fang Yi Sheu, Herman Corejo, Russel Maliphant, Angelin Preliocaj
al teatro Ponchielli, l'11 aprile 2015
Ci sono danzatrici che vivono di un'aura di leggenda che evidentemente non soddisfa. Se l'annuncio dell'addio alle scene fa riempire i teatri e le pagine dei giornali, non lo è da meno un rinnovato rientro in scena. Questo accade ed è accaduto per Alessandra Ferri che con squillar di trombe diede l'addio alle scene ed ora ritorna, richiamata da quella malattia dolcissima e faticosa che è la danza. Peccato che questo rientro sia un pallido riflesso di ciò che Alessandra Ferri è stata per la danza e debba per tanto considerarsi una sorta di divertissement. Il pretesto è offerto dalla citazione di una frase di George Balanchine: «Guardare la musica, sentire la danza». Da qui l'idea di affiancare l'étoile al pianista Bruce Levingston che non si limita a fornire un tappeto sonoro alla danzatrice, ma si ricava un'autonomia espressiva da concertista. L'effetto è piacevole ma anche un escamotage per costruire uno spettacolo il cui Alessandra Ferri calibra energie e potenzialità espressive legandosi e aggrappandosi sensualmente a Herman Cornejo. In Trio ConcertDance non certo manca l'eleganza, la raffinatezza della situazione ma tutto appare un po' pretenzioso, o meglio finalizzato a esaltare – come è giusto che sia – ma anche a tutelare l'immagine di Alessandra Ferri. E così di Alessandra Ferri viene restituita l'immagine, la plasticità del movimento, il suo posare impudico sotto i riflettori per raccontare di una seduzione al rallenty, di un essere corpo che freme e danza (poco). L'effetto sulla platea è di piacevolezza, di curiosità voyeuristica nei confronti dell'ètoile che si concede a singhiozzo in passi a due che ne valorizzano la fisicità esile e avvolgente. Non c'è nulla di fuori registro in Trio ConcertDance, tutto ha una sua dignitosa eleganza, una costruzione raffinata e a tratti seducenti, ma ciò che manca è l'emozione, la verità, l'energia della grande interpretazione e allora Alessandra Ferri rischia di rimanere solo il riflesso di se stessa, un'icona che richiama ciò che ha fatto o è stata e lo fa con un po' di impudica nostalgia.
Nicola Arrgoni