Massimo Giraldi, Enrico Lancia, Fabio Melelli All'ideologia industriale del cinema hollywoodiano, fanno comodo gli attori-divi, centri di potere sull'immaginazione popolare, icone di valori (o sogni) cui d'istinto si modella l'inconscio collettivo. Ma non sono meno utili al prodotto-film gli attori caratteristi, di spalla al protagonista o di sfondo alla scena, pronti con routine di colore, spessore, comportamento a conformarsi funzionali al ritmo del racconto e alle attese del pubblico. Tra "i migliori" caratteristi americani apparsi sugli schermi, tre appassionati ricercatori cinefili Massimo Giraldi, Enrico Lancia, Fabio Melelli, ne hanno individuato parecchie centinaia, pur limitandosi a schedarne esemplarmente cento, in ordine alfabetico da Danny Aiello per lo più "drammatico-gangsteristico" sino a Burt Young, quattro anni fa con Rocky Balboa nomination Oscar come miglior attore non protagonista. Se appagano ricchezza di informazioni e largo apparato fotografico, sia nella proposta biofilmografica come per ogni ruolo nella figurazione specifica, non può non incuriosire la forte presenza di italoamericani. Oltre ad Ajello, ci si imbatte, tra gli altri, in Ernst Borgnine premio Oscar 1955 (Marty. Vita di un timido), James Gandolfini capoclan mafioso nella serie tv I Soprano, Vincent Gardenia sempre in equilibrio tra set USA e set italiani, Paul Giamatti "serio, grintoso,capace di passare con naturalezza dallo scherzo al dramma", Joe Pesci dopo un paio di nomination premio Oscar per il suo Tommy De Vito in Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese, dove compare anche Paul Sorvino caratterista di forte "pulizia interpretativa e dedizione", padre di Mira, Oscar 1996 per La dea dell'amore di Woody Allen, e Marisa Tomei con alterna fortuna a cimento in una varietà di generi. Alberto Pesce |