Alessio Passeri L'ERESIA CRISTIANA DI PIER PAOLO PASOLINI Mimesis, Milano, Euro 16.00, pp. 184
Pier Paolo Pasolini, in meno di trent'anni è stato di una fecondità stupefacente, poeta, narratore, saggista, drammaturgo, cineregista, figlio della coscienza e del dubbio come il corvo parlante del suo film Uccellacci e uccellini, capace di autosuggestioni polivalenti, intensissime, intellettualmente fedele ad un marxismo che egli accettava come tendenza virile e liberatoria, ma al tempo stesso incatenato alla matrice spirituale cattolica, paleocristiana, che lo pungolava dall'interno e trasformava la sua opera in una "ricerca degradata di valori autentici in un mondo degradato". Di questa "eresia cristiana" di Pasolini in assillante ricerca di una autentica sacralità del vivere Alessio Passeri incrocia evoluzione e respiro lungo un duplice percorso. E' quello interiore, via via da un'adolescenza e giovinezza in "affettiva" sintonia con la religiosità popolare della sua nativa Casarsa, anche se di "una religiosità umana, troppo umana, senza alcuna motivazione trascendente", sino ad una diversa prospettiva quale dapprima si esplicita con la raccolta di versi L'usignolo della Chiesa cattolica in un "tentativo di conciliare cattolicesimo e comunismo", e poi si lascia fortemente affascinare dal "cambiamento impresso dall'innovazione conciliare", sui cui riflessi maturano l'incontro assisiate con la Pro Civitate Christiana di don Giovanni Rossi e la cinelettura di Il Vangelo secondo Matteo con un Cristo di predicazione rivoluzionaria. Ed è proprio sulle varie fasi dei rapporti di Pasolini con don Rossi e delle testimonianze che della scepsi pasoliniana riferisce la rivista della Cittadella "Rocca" che Passeri delinea un secondo percorso, attento ad ogni citazione, recensione, postilla, da una prima lettera (1962) di don Rossi sino ad un ultimo ricordo (1975) di Giancarlo Zizola.
Alberto Pesce
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