Anton Giulio Mancino LA RECITA DELLA STORIA. IL CASO MORO NEL CINEMA DI MARCO BELLOCCHIO
Bietti, Heterocopia, Milano, 2014, Euro 22.00, pp.313 (CINEMA - Alberto Pesce)
Benché rievochi sequestro e assassino nella primavera 1978 dell'on. Aldo Moro, presidente della Dc, Buongiorno, notte (2003) di Marco Bellocchio non ha niente a che vedere con Il caso Moro (1986) di Giuseppe Ferrara, cronaca di due "regie" brigatista e piduista, e tanto meno con Piazza delle Cinque lune (2003) di Renzo Martinelli, thriller su intrigante presenza di servizi segreti. Bellocchio cambia angolatura, entra all'interno della normale vita quotidiana dei carcerieri di Moro, ne segue movimenti e ostinatezze, fanatismi e crisi. Anton Giulio Mancino, senza trascurare testimonianze e documenti di una infinita "Moroteca di Babele", tra cui lettere di Moro, libri di Sciascia, Flamigni, brigatiste Balzerani e Braghetti, Atti di Commissioni parlamentari di inchiesta, a traguardo di precedenti saggi politico-indiziari, non solo lascia intravedere in Buongiorno, notte vibratile lucidità autoriflessiva del regista con sue regole "chiaroscurali" tra discorso morale e cinerifrazione stilistica. Va anche più addentro. Con straordinaria ricchezza e profondità di analisi che incrocia coincidenze, riscontri, analogie, persistenze di emblematiche figure e luoghi, di nomi e cognomi, legge il film come "una controstoria alla maniera di Bellocchio", monumento spettroscopico che pur realizzato nel 2003 investe tutta la sua filmografia. Dalla "svolta" di Salto nel vuoto (1980), quasi presagio di futuribile scelta sul caso Moro, sino a L'ora di religione (2002), persino più in là con Il regista di matrimoni (2005), Vincere (2009) e Bella addormentata (2012), non mancano di esserne segnati i film, ma per Mancino, che ne rivaluta l'importanza, anche il precedente La macchina cinema (1978), pur con "ex post connessioni impensabili" testo esemplare di una "continua interferenza" tra "il cinema di Bellocchio e il caso Moro".
Alberto Pesce
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