Ken Loach SFIDARE IL RACCONTO DEI POTENTI Lindau, Torino, euro 9.00, pp.49 (CINEMA - Alberto Pesce)
Cineasta militante che per istinto e passione non ha mai rinnegato la sua vocazione "antisistema", l'inglese Ken Loach a volte è sembrato ammorbidire rabbioso furore e tagliente piglio realistico, ma sapeva sempre tornare aspro e duro, contro greve conservatorismo di un Occidente capitalista, democrazia thatcheriana in via di privatizzazioni e smantellamenti sociali, spietatezza di un'economia di mercato, illegalità colonialiste in una straziata Irlanda del Nord. Con i suoi film Loach ha sempre cercato di "inceppare il congegno, stravolgere lo status quo, sfidare il racconto dei potenti". Sono i criteri con cui Loach abbrivia una intervista-confessione concessa a Frank Barat e in cui prima di pestare pedale sul respiro "politico" del suo cinema, precisa idee e forme della propria poetica. Come calibrare obiettivo-sguardo di cinepresa a livello degli spettatori per "guardare il mondo attraverso i loro occhi". Come vivere il set "seguendo l'ordine della storia", dopo aver aiutato gli attori ad essere "film-maker" in modo che "ognuno sa chi è e quale è stato il suo passato". Come ben lavorare con una squadra "all'unisono", a cominciare dallo sceneggiatore complice anche sul piano ideologico. Come sia il lavoro di montaggio "sempre su pellicola" e funzione "universale" della musica. Ciò premesso, Loach esemplifica a rimpiattino le varie temperie storiche nelle difficoltà e nelle speranze.. Con i quattro documentari di Channel 4 il "periodo nero" degli anni 80 ai tempi della Thatcher. Con Sweet Sixteen l'"indignazione puritana della piccola borghesia". Con i film sull'Irlanda, miopìa di istituzioni, distributori, esercenti. Con i problemi familiari di Cathy Come Home o la guerra civile spagnola di Terra e libertà la proposta politica che possa "fare da detonatore, essere la scintilla che dà fuoco alle polveri".Alberto Pesce
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