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CITTÀ MORTE Op. 12 (LA) - regia Graham Vick

"La Città Morte Op. 12", regia Graham Vick. Foto Brescia/Amisano, Teatro alla Scala "La Città Morte Op. 12", regia Graham Vick. Foto Brescia/Amisano, Teatro alla Scala

Opera in tre quadri
Libero adattamento del romanzo Bruges-la-morte di Georges Rodenbach, di Paul Schott
Traduzione italiana di Anna Maria Morazzoni (© 2009)
Musica di Erich Wolfgang Korngold
Direttore Alan Gilbert
Regia Graham Vick
Scene e costumi Stuart Nunn
Luci Giuseppe Di Iorio
Coreografia Ron Howell
CAST
Paul Klaus Florian Vogt
Marietta Asmik Grigorian
Frank/Fritz Markus Werba
Brigitta Cristina Damian
Juliette Marika Spadafino*
Lucienne Daria Cherniy*
Victorin Sergei Ababkin*
Graf Albert/Gastone Sascha Emanuel Kramer
*Allievo dell'Accademia Teatro alla Scala
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Coro di Voci Bianche dell'Accademia Teatro alla Scala
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Prima esecuzione al Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala 14 giugno 2019

www.Sipario.it, 16 giugno 2019

Con il 14 giugno si sono concluse al Teatro alla Scala di Milano le rappresentazioni dell'opera di Erich Wolfgang Korngold, Die tode Stadt, allestito con la regia di Graham Vick e la direzione musicale di Alan Gilbert, una produzione che ha conquistato pubblico nel corso delle repliche. Infatti la pianta del teatro ha sempre offerto in tutte le recite ampia possibilità di scelta in ogni ordine di posto con l'esclusione della prima galleria che segnava esaurito. All'ultima rappresentazione il Teatro si presentava esaurito con un affollamento del loggione da grande evento. E a ragione si può parlare di successo per un titolo di un '900, l'opera fu rappresentata ad Amburgo il 4 dicembre 1920, fatto di tonalità musicali tardoromantiche e rassicuranti per chi non ha dimestichezza con le avanguardie storiche a quel tempo emergenti, opera di un compositore ebreo e austriaco che per necessità della storia dovette rifugiarsi negli Stati Uniti, ma che dà voce e musica ad una storia alquanto inquietante.
Nato a Brünn (Austria) il 29 maggio 1897 e morto a Los Angeles il 29 novembre 1957, Korngold raggiunse la sua notorietà soprattutto quale autore di colonne sonore per film. Eppure, negli anni trascorsi in Europa, Mahler ebbe a definirlo come un genio musicale. Infatti, fu un genio precocissimo grazie anche alla frequenza dei maggiori musicisti dell'epoca conosciuti a Vienna nei primi anni del '900 che plasmarono le sue conoscenze musicali e contribuirono a stimolare il suo pensiero creativo. Il suo capolavoro è il concerto per Violino del 1945. Il libretto dell'opera Die tote Stadt, rappresentato per la prima volta ad Amburgo il 4 dicembre 1920, quando cioè Korngold aveva solo 23 anni, venne tratto dal romanzo di Georges Rodenbach Bruges-la-morte ed alla stesura del testo partecipò il compositore stesso insieme al padre Julius. Alla fine, il libretto, al quale Korngold di suo pugno premise la trama, fu firmato con lo pseudonimo Paul Schott, dal nome del protagonista dell'opera (Paul) e dal cognome degli editori musicali (B. Schott's Söhne).
Opera in cui espressionismo e romanticismo si fondono, Die tote Stadt dispiega i suoi temi drammatici intorno alla città di Bruges con cui viene identificata Marie, la moglie morta del protagonista Paul. Bruges, dunque, vista con gli occhi malati di Paul, si manifesta come una città lugubre, opprimente, decadente, nebbiosa, malsana, morta. A Marie si contrappone Marietta, una giovane e carnale ballerina, che il vedovo conosce casualmente e che entra prepotentemente nella sua vita e l'ossessione di Marie di trasforma in attrazione per Marietta cercando di ritrovare nella donna il carattere della defunta. Uccidere Marietta sarà come liberarsi di Marie per sempre e l'epilogo tragico trasforma la mente di Paul che, risvegliandosi dal delirio e finalmente libero dalla sua ossessione. Fino qui dramma musicale e romanzo coincidono ma poi le strade drammaturgiche prenderanno vie opposte. Nell'opera, quel sogno ossessivo che gli ha fatto smarrire l'identità del reale, lo porterà a fuggire da Bruges, la città morta, con l'aiuto del fido amico Frank con la ferma volontà di ritrovare la sua voglia di vivere al di là del dolore, visto ormai come un incubo, dal quale allontanarsi per sempre per ritrovare la serenità. Esemplificativo del clima che la musica rievoca è la lettura della Premessa ai capitoli dello stesso autore del Romanzo: "In questo studio delle passioni abbiamo voluto evocare una Città, Città come personaggio necessario, che partecipa agli stati d'animo, consiglia, dissuade, spinge all'azione. Questa Bruges che abbiamo scelta appare quasi umana. Il suo influsso si trasmette a tutti quelli che vi soggiornano. Li modella a immagine dei suoi paesaggi e delle sue campane. Questo volevamo suggerire: è la Città stessa che orienta l'azione; i paesaggi non sono soltanto fondali dipinti, motivi scelti un po' arbitrariamente, ma prendono parte anch'essi alla storia. Poiché questi scenari di Bruges partecipano agli eventi, é necessario ricrearli allo stesso modo, qui, tra le pagine: quais, strade deserte, vecchie case, canali; Beghinaggi, chiese, ori del culto, campanile, così che il lettore possa a sua volta subire la presenza e l'influsso della Città, provare il contagio delle acque così vicine, sentire l'ombra che dalle alte torri si distende sul testo".
E tutti questi elementi, trasfigurati, li ritroviamo nell'allestimento che ha creato Graham Vick. Uno spazio chiuso una stanza /mausoleo con teca delle reliquie (un liuto, uno scialle e la treccia dei capelli appartenenti alla defunta) collocata nel tempo e nello spazio della libretto dominata (scene e costumi di Stuart Nunn, luci di Giuseppe di Iorio e coreografia di Ron Howell) da ampi tendaggi da cui si intravedono, in finestre e varchi, le illusioni esterne, i riflessi di tutto ciò che dello spirito della città viene evocato. La capacità di Vick è stata quella di essere riuscito ad intrecciare la vicenda del palcoscenico con gli eventi che coinvolsero la vita stessa del compositore. La cultura germanica degli anni '20 simboleggiata dalla ricostruzione dei personaggi grotteschi del cabaret in cui balla Mariette è per tanto rievocativo della pittura graffiante e deformata dell'arte visionaria degli artisti espressionisti di quel periodo tra Otto Dix, Georg Grosz, o Ernst Ludwig Kirchner, arte dichiarata degenerata dai Nazisti al potere, come degenerata venne dichiarata la musica di Korngold, solo per il fatto di essere ebreo e costretto all'esilio. Ecco la connessione tra le Storie individuali e collettive rievocate con incisività dal regista nella grande scena della processione che scorre per la città raffigurata da una incombente reliquia cattolicissima che evoca i rituali devozionali della citta di Bruges, a forma di teschio ornata dalla corona dei dolori, e dalla contestuale processione di deportati. Del resto Vick in questa sua realizzazione non deborda dal testo rimanendo un passo indietro in ossequio alla vicenda musicale lasciando che sia proprio la musica a condurre lo spettatore per i meandri della mente dei protagonisti in una ricreazione di una illusione onirica tra sogno e richiamo alla realtà affidato alla spogliazione progressiva del palcoscenico finale elemento risolutivo dell'illusorietà della narrazione.
La partitura complessa di Korngold, che alterna tensioni, angosce, combattimenti interiori, momenti di sogno, di smarrimento, pitture sonore della città morta, viene messa in grande evidenza dall'Orchestra della Scala condotta da Alan Gilbert che ha saputo gestire la complessità dei vari registri timbrici della composizione, sottolineando quanto l'opera è debitrice: dalle sonorità post wagneriane e straussiane, dall'esotismo dei modelli dell'opera francese, ai continui rimandi al decadente mondo degli epigoni dell'operetta viennese, anche lei costretta all'esilio americano per sopravvivere. Ma il punto di forza dell'impresa è stata la linea di canto sostenuta nelle parti principali dal tenore Klaus Florian Vogt che ha dominato una parte impostata tutta sul registro acuto della voce, senza momenti di cedimento. Al suo fianco l'esuberante Mariette del soprano Asmik Grigorian che ha delineato un personaggio spavaldo ma non sfrontato approfittatrice nel limite della curiosità della situazione, grazie anche alla sua qualità nella figura che aderisce perfettamente al ruolo di ballerina-soubrette borderline, capace di dare anima nei momenti più lirici (la sua aria sia nel primo atto che nel secondo) e nei momenti di canto esasperato, Degni compagni e spalle il Frank/ Fritz del baritono Markus Werba e la Brigitta, fedele governante e devota beghina, di Cristina Damian, , messosoprano. Ottimi i comprimari nei rispettivi ruoli di Juliette, Marika Spadafino, Lucienne, Daria Cherniy Victorin, Sergei Ababkin, allievi dell'Accademia di Canto della Scala, e Graf Albert/Gastone, Sascha Emanuel Kramer protagonisti del Cabaret del II atto
È stato alla fine un grande successo con gli artisti più volte richiamati alla ribalta anche a sipario chiuso, di un pubblico conquistato dalla musica, dalle voci e da una regia che ha saputo aprire una finestra sulle angosce dell'uomo.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Lunedì, 17 Giugno 2019 10:37

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