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Si corre il rischio di giocare sul doppio senso della parola "delirio!" Qui a Firenze a Teatro del Maggio musicale fiorentino, Delirio è stato il titolo del concerto che il soprano Jessica Pratt ha presentato in recital che raccoglie tutta una serie di arie tratte da opere del bel canto ottocentesco le cui eroine sono interconnesse con le grandi scene di pazzia.  Come "delirio" è la parola descrivere l'accoglienza del pubblico che ha riempito l'auditorium Mehta del Teatro, alla fine dell'esibizione che ha accolto la protagonista con un lunga acclamazione di 12 minuti conclusa con un bis che è stato anche questo parte integrante dello spettacolo che l'artista ha saputo ben congegnare per i suoi estimatori. Il soprano Jessica Pratt, poco importa se australiana o inglese o italiana, visto che la sua carriera si è consolidata in Italia e qui ha impiantato una solida residenza tra le colline toscane, ha porta in scena le arie contenute nel Cd “Delirio” inciso al Maggio, per l’etichetta Tancredi srl, suo progetto editoriale. Un progetto nato ancora nel 2019 quando in quell'estate assieme al maestro Riccardo Frizza, decide si fissare alcuni punti fermi del suo repertorio dopo un concerto nel marzo del 2019 a Bilbao con quel titolo replicato poi a Palermo 2021, e approdato alla fine a Sidney 2023. Concerto con locandine che tenevano ben fissi alcuni punti la triade Sonnambula, Puritani, Lucia di Lammermoor con alcune incursioni sul repertorio francese sempre dedicato alla follia, allora esemplificato dall'Ofelia dell'Hamlet di Thomas che poi sono tale omesse per giungere all'essenzialità di una antologia che rappresentasse la sua essenzialità di interprete del belcanto romantico italiano e che rispecchiasse anche le vicende drammaturgiche e vocali di quelle eroine che ne esaltassero anche le sue caratteristiche vocali di estremo virtuosismo vocale e di esplicare una forte intensità drammatica alle sue eroine. Come mettere anche un punto di una certa modalità interpretativa che ancora non era stata fissata su documento sonoro. Il recital fiorentino non si è presento, comunque, come una predissequa copia del Cd: prima di tutto presentava l'inserimento di brani strettamente orchestrali, magistralmente diretti da Riccardo Frizza alla guida degli organici strumentali e corali del Maggio Musicale quali sinfonia da I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, la sinfonia da Roberto Devereux di Gaetano Donizetti e l’ouverture di La favorite sempre di Donizetti che hanno fatto da sipario alle varie scene in cui è intervenuta la Pratt per dar modo all'artista di "tirare fiato" e di cambiare abiti di scena. Anche spettacolo per quegli abiti e la sapiente gestione delle entrate in scena con cui la Pratt si è presentata in ciascuna delle scene liriche, costumi appositamente realizzati da Giuseppe Palella raffigurati nel libretto a corredo del CD e portati in scena come emblema di ciascun personaggio sia essa Elvira, Emilia, Lucia, Amina, Linda. Non si contano più le sue volte di Lucia di Lammermoor (più di 100 rappresentazioni), acclamata Elvira nei Puritani di Bellini, come Amina nella Sonnambula sempre di Bellini, portate in ogni angolo del mondo; a lei si deve la riproposizione della donizettiana Linda di Chamounix che stenta ancora a prendere il suo posto nel consolidato repertorio lirico, come la totalmente sconosciuta ai più dell'aria di sortita da Emilia di Liverpool, opera giovanile di Gaetano Donizetti che segnò il debutto del compositore bergamasco a Napoli. Donne vulnerabili nel loro intimo, perdute nei loro amori contrastati, persi e ritrovati: solo Lucia di Lammermoor si trascina nel delirio mentale di un omicidio e della sua morte, per le altre esiste un riscatto con un riannodarsi del filo della mente che per un momento è risultato essersi tranciato. Sono “deliri” i vocalizzi della Patt capace di espandersi nell'ampia sala dell'auditorium e di coinvolgere il pubblico ad ogni singolo passaggio e respiro, non risparmiandosi in quello che è anche una sua caratteristica della sua personalità di artista, quella di andare oltre a quanto viene fissato sulla carta dalla musica capace di espandere la voce nelle ampie volute del sopracuto senza perdere smalto e lucentezza vocale, conservando sempre la morbidezza dell'emissione. Ad una certa critica, performata sul filologicamente corretto, questo approccio all'interpretazione emozionale e partecipato non sempre gusta, ma deve prendere atto che questo suo andare oltre le righe del dettato musicale da parte della Pratt piace al pubblico, che la sostiene, che si esalta con le sue performance liriche capaci di dare anima a personaggi spesso complessi nella loro ambiguità narrativa. Qui a Firenze si è avuta ampia dimostrazione di come lei abbia un ampio seguito che va oltre la stima ma che si fa affetto e ammirazione, proprio per quella particolare capacità di far entrare l'ascoltatore dentro le storie che lei porta in scena. Capace anche di scherzare quando, esaurito il programma la richiesta di bis si è fatta sempre più insistente, ecco che con un colpo di scena lei si sveste del pesante abito di scena di Linda di Chamounix per presentarsi in lungo lamè nero pronta a gettandosi nelle funamboliche note Glitter and be gay dal Candide di Bernstein. E qui è stata capace di condurre un sottile gioco di ammiccamento tra pubblico e orchestra coinvolgendo il primo violino Domenico Pierini, in uno scambio di gags. Dominando il palcoscenico, sotto la gestione sicura e attenta di Riccardo Frizza, e con accanto una giovane e promettente allieva dell’Accademia di canto del Teatro Aleksandra Meteleva, Jessica Pratt ha saputo dare prova di una sua unicità vocale prossima ancora a lanciarsi in nuove avventure.

Federica Fanizza