Di Gaetano Donizetti
Libretto di Eugene Scribe, Gustave Vaez Alphonse Royer
Regia: Allex Aguilera
Allestimento del teatro Massimo di Palermo
Direttrice d’ orchestra: Beatrice Venezi
Re Alfonso : Damiano Salerno – Nelson Martinez
Leonora di Gusman: Nazomi Kato – Emilia Rukavina
Fernando: Antonio Siragusa – Matteo Desole
Baldassarre ( priore): Ramaz Chikviladze – Alessandro Abis
Don Gasparo : Andrea Schifaudo – Carmine Riccio
Ines: Michela Varvaro
Orchestra e coro del teatro lirico di Cagliari.
Teatro Lirico di Cagliari dal 6 al 15 giugno 2025
In questa Favorita Aguilera ha fatto una scelta. Quella di non discostarsi di un millimetro dalla tradizione e dai suoi stilemi consolidati nei secoli. Scelta forse discutibile, ma è lui stesso, Aguilera, a spiegarne le ragioni: “Siamo circondati da notizie di cronaca e immagini orrende. Il teatro diventa un’oasi di pace e di bellezza”. Evasione, certo. Pura evasione. Ma evasione nel bello. E dio sa quanto ne abbiamo oggi bisogno. Aguilera non si è risparmiato. Si è occupato delle luci (scure e radenti negli interni gotici del monastero, piene e chiare nei saloni del Palazzo, complici e avvolgenti negli incontri notturni degli innamnorati). Poi dei costumi dai bei colori pastello e curati nei minimi dettagli (splendide tuniche e corsetti per le donne, farsetti e ricchi broccati per gli uomini, e il mantello del re, opulento). Gestisce a regola d’arte gli spazi, le masse, i gesti...insomma siamo al revival del teatro romantico di inizio ottocento, ma e deve esserne stato tentato, visto che l’opera nasce a Parigi) senza la sovrabbondanza ‘pompier’ del Grand’ Opera francese. I cantanti hanno fatto chi discretamente, chi bene. Siragusa (Fernando) ha tenuto bene sulle note intermedie, voce limpida, buon legato e dizione perfetta, ma andava in apnea sulle note più acute, che riusciva a raggiungere solo con evidente sforzo e inasprendo la voce. Se l’ è cavata abbastanza bene nei duetti e nella romanza del primo atto ( Una vergin, un angel di Dio...), per poi arrancare un pò nella scena madre dell’ opera, l’ultima del terzo atto, quando getta a terra il collare, dono del re, e spezza la spada, mentre canta : ‘ Maledetta è l’ora e il giorno...’ . Scarsa souplesse anche nell’ ultimo acuto (E’ spenta...), sul quale scende il sipario. Ultima notazione (ma quì Siragusa va assolto) : incoraggiata dalla evidente simpatia del pubblico, la Venezi deve essersi lasciata prendere un pò la mano tanto da riempire, a tratti, la sala di sonorità eccessive. A scapito del povero Siragusa, appunto, (vedi il suo duetto con il priore, primo atto) che ha voce ben modulata ma non potente. Nazomi Kato, soprano giapponese, voce di velluto, compatta, vicina al mezzosoprano, ha reso bene la grazia, il trasporto amoroso ( Ah, mio ben un Dio ti invia...), l’angoscia (Ah d’ un Dio vendicator...), il dolore (Deh, Vanne, parti, fuggi da me) , infine la serena rassegnazione (Io muoio, perdonata, ...), insomma tutta la complessità del personaggio. Re Alfonso ( Damiano Salerno) è un baritono profondo ( gran cassa toracica), adatta al ruolo (un re di quel tipo è spesso un basso) ma è poco agile nella voce e nel gesto e canta spesso nella assoluta immobilità. Bene Chiklivadze (Gaspare): corpulento, ieratico, basso profondo di vecchia scuola. Bene anche la Varvaro (Ines, la confidente di Leonora), soprano anche ella, ma di una tessitura diversa, più centrata sulle note intermedie rispetto alla Kato. Ottimo, come sempre il coro del maestro Andreoli, grande protagonista drammatico dell’opera. Apprezzabile anche l’orchestra nei guizzi vigorosi della prima ouverture e nel bel disteso andante che segue, dialoga abbastanza bene con i cantanti (e il coro) ma a tratti, come dicevo, emette qualche decibel più del giusto. E la Venezi ha avuto la sua generosa dose di applausi dall’ ospitale pubblico di Cagliari. Attilio Moro