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GUGLIELMO TELL - regia Arnaud Bernard

"Guglielmo Tell", regia Arnaud Bernard. Foto Alessia Santambrogio "Guglielmo Tell", regia Arnaud Bernard. Foto Alessia Santambrogio

Melodramma tragico in quattro atti di Étienne de Jouy e Hippolyte-Louis-Florent Bis.
Musica di Gioachino Rossini
Traduzione italiana di Calisto Bassi
Prima rappresentazione: Lucca, Teatro del Giglio, 17 settembre 1831
Interpreti:
Gezim Myshketa (Guglielmo Tell), Giulio Pelligra (Arnoldo), Davide Giangregorio (Gualtiero Farst), Pietro Toscano (Melchtal), Barbara Massaro (Jemmy), Irene Savignano (Edwige), Nico Franchini (un pescatore), Luca Vianello (Leutoldo), Rocco Cavalluzzi (Gessler), Marigona Qerkezi (Matilde), Giacomo Leone (Rodolfo)
Direttore Carlo Goldstein
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI CORO OPERALOMBARDIA
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Arnaud Bernard
Scene Virgile Koering
Costumi Carla Galleri
Luci Fiammetta Baldiserri
Collaboratore alla regia Yamal Das Irmich
Nuovo allestimento Teatri OperaLombardia in coproduzione con Fondazione Teatro Verdi di Pisa
Cremona Teatro Ponchielli 6 ottobre 2019

Corriere della Sera, 9 ottobre 2019

Gruppo di famiglia in un interno: il Guglielmo Tell di Rossini immaginato da Arnaud Bernard senza pathos ed eroismo.

E' approdato a Cremona il Guglielmo Tell di Gioachino Rossini nel nuovo allestimento con la regia di Arnaud Bernard, del circuito OperaLombardia, in coproduzione Teatro Verdi di Pisa, dopo il debutto a settembre a Como, che circuiterà a Brescia e poi, tra gennaio e febbraio a Pavia, Bergamo e infine Pisa. Un Guglielmo Tell, in versione italiana, sforbiciato e alleggerito ma che scorre velocemente sul palco nella successione dei suoi quattro atti e più di 3 ore e mezza di musica. Spettacolo leggero anche per la scelta del regista di cambiare sostanzialmente ambientazione: dalle aspre montagne della Svizzera medievale e arcaica che furono teatro della vicenda dell'eroe dell'indipendenza dei cantoni dalla autorità imperiale asburgica, ad un ambientazione borghese dell'800, tra un salotto e una camera di bambini. Arnaud Bernard ci sta abituando ad una lettura (vedi il Nabucco in ambito risorgimentale per l'Arena di Verona del 2017) improntata su suggestioni. Nulla è epico nel suo Guglielmo Tell: è un eroe da libri di avventura, che irrompe nella realtà evocata dalla lettura delle sue gesta intrapresa da un bambino, in qualche modo solitario e incompreso. Il grande libro che porta sempre con sé, che legge in qualsiasi angolo della sua camera, è capace di dar vita ai personaggi della leggenda. Personaggi reali che come in qualsiasi romanzo fantasy, caro alla letteratura dei ragazzi, irrompono nello spazio reale da passaggi segreti, sia esso il camino, o il grande armadio, il baule dei giochi o da sotto il letto, passaggi segreti che solo un ragazzino sa attivare con la fantasia. E così gli svizzeri, con i loro costumi folclorici delle vallate alpine, raccontano in palcoscenico la loro storia di libertà. E così l'immaginazione diventa epopea, come la balestra e la mela, le montagne, che prendono forma con coperte e tappeti, il lago in tempesta, con il classico gioco delle stoffe blu che vengono agitate, le barche, strumento di fuga e di lavoro nella più classica forma delle barchette di carta, così come il bosco in cui si perde Matilde, fatto nel salotto con piccoli alberelli.
La storia c'è tutta e comprensibile con il cattivo Gessler nella sua divisa bianca e rossa da granduca austriaco, e i soldati nelle loro divise, che sembrano uscite da quadri delle nostre raffigurazioni risorgimentali, costumi curati da Carla Galleri. Una peculiarità delle regie di Bernard è l'uso del fermo immagine che blocca le azioni in scena, mostrando la sua capacità di gestire le masse e di attirare l'attenzione del pubblico su un particolare passaggio dell'azione teatrale e musicale. Pare scorrere vecchie iconografie delle rivolte storiche delle Alpi, nel momento del fermo, ma l'eccesso utilizzo rischia di far perdere lo scorrere della narrazione scenica. Sotto il segno della leggerezza di conseguenza la gestione musicale affidata a Carlo Goldstein e all'Orchestra dei Pomeriggi Musicali che non eccede nella risonanza della sinfonia, tra l'altro già colonna sonora dell'azione scenica in cui i personaggi in versione borghese si ritrovano a pranzo con il nostro piccolo eroe che si agita per trovare un momento di ascolto. Tutto scorre fluidamente senza grandi ricerche di effetti dando l'impressione che il modello musicale non sia il Rossini serio e maturo dell'esperienza parigina, ma un gioco da operacomique di qualche decennio posteriore. La lettura sia registica che musicale elimina qualsiasi pathos alla vicenda e fa tabula rasa di tutta la percezione della Natura che irrompe nel mondo dell'ultimo Rossini, scelta con la quale il compositore pesarese voleva dimostrare di essere capace di comprendere le nuove istanze della cultura romantica e la sua declinazione nel mondo del melodramma. Qui diventa oggetto di evocazione domestica che traspare nelle scene d'ambiente di Virgile Koering attraverso alcuni elementi che prendono forma a vista. Scelte opinabili, ma anche riuscite. Le luci di Fiammetta Baldiserri hanno contribuito a creare sapienti tagli di luci e giochi d'ombre. Protagonista assoluto della scena è il ragazzino che solo alla fine scopriremo che sarà lui stesso personaggio del dramma, Jemmy, figlio di Guglielmo Tell, quando si infilerà anche lui in un accesso segreto per ricomparire nella pienezza del suo ruolo di figlio d'eroe, con la voce del bravissimo soprano Barbara Massaro, impavida nella scena della sfida e riprendendosi alla fine il ruolo iniziale. Ritorna nel circuito As.Li.Co (aveva vinto il concorso nel 2006) il baritono albanese Gezim Myshketa a suo agio sia scenicamente che vocalmente nel ruolo di protagonista. L'ardua parte di Aroldo, scrittura impervia come praticava Rossini per le voci tenorili della sua epoca era sostenuta da Giulio Pelligra, capace di superare le improbe prove riuscendo a dimostrare padronanza nel risolvere le asprezze del recitativi iniziali con un buon fraseggio delle sue arie da "Il mio giuro, egli disse!" a "O muto asil del pianto" con buona linea di canto e ottimi acuti, ma mostrando alla fine segni di stanchezza vocale. Sorprendente è stata la Matilde del giovane soprano croato Marigona Qerkezi che ha dimostrato espressività nel canto e di possedere buone capacità vocali giocate nella parta più alta della gamma di voce, meritandosi l'ovazione del pubblico al termine della sua "Selva opaca". Nella parte di Gessler il giovane basso Rocco Cavalluzzi, tendente a cedere nel recitato e nel canto forzato. Per il resto del cast Irene Savignano nel ruolo di Edwige ha mostrato professionalità, come buona la prova del pescatore interpretato con gusto dal giovane Nico Franchini, insieme al Melchtal affidato alla voce di Pietro Toscano. Da segnalare Davide Giangregorio (Gualtiero Farst), Luca Vianello (Leutoldo) e Giacomo Leone (Rodolfo). Tra gli artefici dello spettacolo il contributo del coro OperaLombardia, ben preparato da Massimo Fiocchi Malaspina fondamentale nel corso di tutta lo scorrere dell'opera con interventi da retropalco e al maestoso finale.
Successo pieno e convinto da parte del pubblico, con presenze straniere, che ha riempito il teatro nella recita festiva pomeridiana.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Venerdì, 11 Ottobre 2019 09:04

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