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LUCIA DI LAMMERMOOR - regia Renzo Giacchieri

"Lucia di Lammermoor", regia Renzo Giacchieri. Foto ENNEVI, Fondazione Arena Verona "Lucia di Lammermoor", regia Renzo Giacchieri. Foto ENNEVI, Fondazione Arena Verona

Dramma tragico in due parti e tre atti.
Libretto di Salvadore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti
Direttore Andriy Yurkevych
Regia e costumi Renzo Giacchieri
Scene e projection design Alfredo Troisi 
Movimenti mimici Barbara Pessina
Luci Paolo Mazzon
Personaggi e interpreti
Lord Enrico Ashton Alberto Gazale
Lucia Ruth Iniesta
Sir Edgardo di Ravenswood Pietro Adaini
Lord Arturo Bucklaw Enrico Zara
Raimondo Bidebent Simon Lim
Alisa Lorrie Garcia 
Normanno Riccardo Rados
ORCHESTRA, CORO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA
Maestro del Coro Vito Lombardi
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese
Allestimento del Teatro Comunale G. Verdi di Salerno
Stagione Lirica 2020
Verona Teatro Filarmonico 28 gennaio, 2020

www.Sipario.it, 30 gennaio 2020

Riprende l'attività di programmazione ordinaria del Teatro Filarmonico con la Stagione Lirica 2020, dopo la felice esperienza di Viaggio in Italia, che tra ottobre e di dicembre ha dato modo al pubblico veronese di non perdere l'abitudine del teatro, con questo progetto di percorsi paralleli tra opera e musica sinfonica della produzione italiana tra '700 e '900. Stagione lirica 2020 che si articola su titoli consolidati come Lucia di Lammermoor, Italiana in Algeri, Un Ballo in maschera (a chiusura di stagione) ma che tiene alta l'attenzione su un repertorio lirico italiano desueto e poco praticato con l'Amleto di Franco Faccio, il Segreto di Susanna di Ermanno Wolf-Ferrari, affiancando, smembrando il Trittico pucciniano, a Il Tabarro, mentre Le Villi e Suor Angelica renderanno omaggio al genio lucchese in un assieme inedito.
Programmazione che deve far quadrare bilancio e pubblico battendo quindi strade tra tradizione e curiosità. La Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, titolo inaugurale di questa stagione percorreva la strada sicura della tradizione, recuperando dal Teatro di Salerno l'allestimento di Renzo Chiacchieri del 2018, sue regia e costumi. Capita ormai per i teatri lirici di non vedere più Lucie di tale fattura: la regia trasporta nell' epoca della Scozia secentesca al tempo della monarchia degli Stewart, la vicenda di Lucia e di Edgardo, pochi i tartan tanti i costumi di corte; scene, di Alfredo Troisi con fondali di sapore ottocentesco elaborati con qualche effetto video come le nubi, il sangue della pazzia, le colombe in volo. Il tutto da un sapore antico compresa la scelta musicale di riproporre i tagli musicali, con evidente esigenza di non piegarsi ai diktat delle edizioni critiche, compreso quello totale della "scena della torre" con il duetto tra Edgardo ed Enrico, tra l'altro quasi una prassi consolidata in area iberica dove si induce a sfoltire questa scena. Ritorno in grande stile del flauto, senza filologiche glassharmoniche, offrendo ampio spazio alla cadenza della “pazzia” lasciata alla libera interpretazione del soprano.  Regia rassicurante, quindi, senza tante schizofrenie e patologie, che scorre sulla scena come un album a fumetti o un grande libro illustrato dove tutto è prevedibile. Lasciamo pure il bambolotto in mano al soprano nella sua follia, concessione alla attualità registica.
Si poteva pretendere però qualcosa di più dalla regia almeno nei gesti degli artisti, lasciati a loro stessi e scontati, senza grande azione nelle scene d'assieme, come d'altronde dalla direzione musicale di Andriy Yurkevych a tratti confusa nel gestire le parti d'assieme con il risultato di far perdere tensione drammatica al Sestetto e alle scene d’assieme. Tra l’altro grande protagonista il coro areniano diretto da Vito Lombardi nei suoi inserti di massa.
Eppure le voci sono emerse in tutta la loro qualità interpretativa. Lucia era il soprano Ruth Iniesta, soprano di coloritura, ma capace di dare senso drammatico al fraseggio, che ha fornito una ottima prova essendo dotata di una linea vocale sicura e pulita che, con forza drammatica cha reso con particolare precisione, senza sforzo alcuno, le asperità della scena della follia, anzi intervenendo con una sua propria cadenza dimostrando quanto i suoi acuti e agilità siano sostenuti e continui.
In questa rappresentazione Edgardo era interpretato dal giovane tenore Pietro Adaini, di voce giovane e squillante, tenore di grazia ma capace anche di escursione nelle zone acute senza sforzi ma con generosità senza eccedere, anzi dando prova controllo dei propri mezzi vocali. Esuberante nel suo amor tragico e senza speranza.
Di esperienza l'Enrico di Alberto Gazale, voce sonora con qualche limite nei fraseggi ma capace di tirare la voce verso l'altro come nella chiusura del duetto con Lucia. Interessante il basso che dava voce a Raimondo Bidebent, il coreano Simon Lim, di spessore, buon fraseggio da perfezionare la dizione ma già di per sè buona e chiara.  Interessanti le "seconde parti", a partire dal buon lord Arturo di Enrico Zara, come interessante la Alisa di Lorrie Garcia ed il Normanno di Riccardo Rados. 
Successo di pubblico se evidenza il profondo legame d'affetto per questo titolo, anche se a teatro non pienissimo, ma con una nutrita presenza giovanile legati ai circuiti dell'associazionismo musicale universitario. 

Federica Fanizza

Ultima modifica il Venerdì, 31 Gennaio 2020 12:15

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