Musica Gaetano Donizetti
Opera seria in un prologo e due atti
Libretto di Felice Romani da Victor Hugo
Durata: Prologo e Atto I 75' - Intervallo 25' - Atto II 60'
Direttore Roberto Abbado
Regia Valentina Carrasco
Maestro del Coro Ciro Visco
Scene Carles Berga
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
PERSONAGGI INTERPRETI
Alfonso I D’Este Alex Esposito / Carlo Lepore 19, 21, 23 febbraio
Lucrezia Borgia Lidia Fridman / Angela Meade 19, 21, 23 febbraio
Gennaro Enea Scala / Oreste Cosimo 19, 23 febbraio
Maffio Orsini Daniela Mack / Teresa Iervolino 19, 21, 23 febbraio
Jeppo Liverotto Raffaele Feo
Don Apostolo Gazella Arturo Espinosa
Ascanio Petrucci Alessio Verna
Oloferno Vitellozzo Eduardo Niave *
Gubetta Roberto Accurso
Rustighello Enrico Casari
Astolfo Rocco Cavalluzzi
Usciere Giuseppe Ruggiero / Michael Alfonsi 18, 20, 22 febbraio
* Diplomato “Fabbrica”, Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
Roma – Teatro dell’Opera dal 16 al 23 febbraio 2025
Più vado all’Opera di Roma, come in qualsiasi altro teatro lirico in Italia, e più non capisco perché il melodramma debba suscitare sentimenti di tragedia profonda, dove ogni spettacolo incede in cupe tinte, con disgrazie su disgrazie che si inanellano quadro dopo quadro, atto dopo atto, e non vi è spazio né per redenzione alcuna, né per pallide speranze. Per carità: non che Rigoletto o Tosca possano ascriversi al genere comico. Ma che si debba esagerare nell’esatto opposto: sinceramente, ce ne sarebbe da dire. Sono solo alcune delle riflessioni suggerite dalla visione della Lucrezia Borgia di Donizetti, in scena all’Opera di Roma per la regia della Carrasco. La vicenda di questa donna, crudele come la storia ci insegna, ma anche madre che dopo anni di separazione dal figlio, in seguito a coincidenze che hanno dell’inverosimile, lo rincontra, ne subisce il disprezzo e lo vede morire per sua stessa mano (troppo nota la storia raccontata nel libretto di Felice Romani mutuato da Hugo per starla qui a riassumere), può dirsi tutt’altro che allegra. Ma sentendo le musiche composte da Donizetti, e magicamente – è il caso proprio di dirlo – dirette da Roberto Abbado, si avvertono toni meno cupi. Esse comunicano nello spettatore un equilibrio fra pianto ed ironia. Perché, e ricorriamo al nostro Pirandello ché non guasta mai, il confine fra dramma e commedia sta tutto nello strappo che decidiamo di fare nel cielo di carta che ci sta sopra. Abbado, interpretando la partitura di Donizetti, ne comprende il messaggio e realizza una direzione che plana tanto sul dramma quanto sull’ironia. Quasi rappresenta le varie note, facendole eseguire all’orchestra. La Carrasco, al contrario, si tuffa a mani giunte fra i colori foschi, i più cupi, dell’opera; e vi sosta più che può. Per la regista, Lucrezia Borgia è la metafora della donna che decide, padrona consapevole del suo destino e del potere che detiene, sino alla fine e senza compromessi. Nel far questo, però, non fa sconti: bandisce i lati comici dal palco, come se nell’originale non esistessero. È una chiave interpretativa legittima, ma quanto rende dell’opera? Quanto di più, scegliendo di percorrere la via di Abbado sul piano musicale, sarebbe al contrario arrivato al pubblico? Bella l’immagine del bimbo, il figlio perduto (Gennaro), che apre lo spettacolo e lo chiude quando questi muore avvelenato sotto gli occhi della madre. Quanto al resto: una scenografia essenziale che riproduce interni fastosi di palazzi veneziani e ferraresi con al centro, posta sul palco, una grande maschera bianca che, a fine spettacolo, cala giù, chiudendo in un cerchio immaginario Lucrezia, Gennaro adulto ed il bimbo che fu. Ovviamente, nessun costume d’epoca, ma tutti moderni sebbene dal vago gusto rétro. Angela Meade è stata una Lucrezia dalla voce possente ma è apparsa poco immedesimata nel ruolo. Enea Scala un bravissimo Gennaro sul piano vocale, con acuti tondi e mai esagerati. Anche lui, però, poco partecipe del suo personaggio. Pierluigi Pietricola