di Gioachino Rossini
direttore: Antonino Fogliani
regia: Marco Spada
scene e costumi: Alessandro Ciammarughi
con Michele Pertusi / Randal Turner, Giorgio Surian / Alessandro Guerzoni, Lawrence Brownlee / Filippo Adami, Anna Rita Taliento, Paula Almerares, Francesco Piccoli, Irene Bottaro, Federico Lepre
Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Roma, Teatro dell'Opera, dal 27 novembre al 2 dicembre 2007
Penultimo appuntamento della stagione lirica al Costanzi di Roma, stavolta col "Mosè in Egitto", di Gioacchino Rossini. L'opera assente sulla scena romana da vent'anni, è stata per l'occasione allestita dall'ente Concerti Marialisa de Carolis di Sassari. Con l'Orchestra e il Coro del Teatro preparati dal maestro Andrea Giorgi, è stato egregiamente sul podio uno dei direttori giovani più affermati: Antonino Fogliani. Per curare la regia è altresì tornato nella sua città, dove ha lavorato come critico, il musicologo Marco Spada, da 1998 direttore artistico del teatro di tradizione sassarese. Alessandro Ciammarughi ha firmato le scene e costumi, Nevio Cavina il disegno luci.
Nei panni di Faraone si sono alternati il basso Michele Pertugi, noto alle grandi platee internazionali, e Randal Turner. Il ruolo di Mosè è stato ricoperto da Giorgio Surian e Alessandro Guerzoni. I panni di Osiride sono toccati a Lawrence Brownlee e Filippo Adami. Il soprano Anna Rita Taliento, appena applaudita al Teatro Nazionale nel mozartiano "Così fan tutt" diretto da Gelmetti, è stata la giovane Elcia. La regina Amaltea ha avuto ad interprete l'italo-argentina Paula Almerares. Francesco Piccoli è stato Aronne, Irene Bottaro sua sorella Amenofi, Federico Lepre è Mambre. Il dramma, definito dal suo autore "tragico sacro", si dipana nella narrazione della fuga attraverso il Mar Rosso del popolo guidato dal profeta Mosè e quindi sull'impossibile amore tra Elcia e Osiride, la giovane ebrea segretamente sposata dal figlio del re egizio. Va aggiunto che Rossini la compose in età giovanile negli anni passati a Napoli. Aveva già creato capolavori come "L'italiana in Algeri", "Il barbiere di Siviglia" e "La gazza ladra". Eppure questo debutto di un lavoro a sfondo biblico, avvenuto il 5 marzo 1818 al Teatro San Carlo di Napoli, fu segnato da una serie di comici inconvenienti tecnici che finirono col rovinare il pathos della scena finale. Là dove in cui le acque si spalancano e si richiudono miracolosamente. La successiva stesura di un nuovo terzo atto, con la famosa preghiera corale "Dal tuo stellato soglio", porta finalmente al successo un titolo destinato in realtà a una rapida e lunghissima eclissi, a favore della rielaborazione francese datata 1827, terminata solo negli ultimi decenni del ventesimo secolo. Va tenuto conto che l'opera, senza sinfonia, proietta immediatamente il pubblico nella vicenda biblica, attraverso la scena delle tenebre, un effetto che al di là del piano scenografico, viene reso in maniera perfetta dal compositore, sul piano drammaturgico musicale. Il tutto è incentrato non sullo sviluppo e sullo scontro di passioni individuali, sull'avvicendarsi di affetti e sentimenti umani, ma si svolge su un piano più alto, nel quale l'elemento soprannaturale ha un ruolo determinante e dove si consuma, come afferma in una nota critica Pierluigi Petrobelli, una "contrapposizione violenta di forze e volontà trascendenti la sfera dei singoli". I modelli qui utilizzati da Rossini, primo su tutti la caratterizzazione musicale dei due popoli, non sono certo nuovi, in quanto già anticipati dai drammi appartenenti alla medesima tradizione di opere bibliche. Ma è proprio la superiorità e la raffinatezza del risultato ottenuto dal punto di vista drammaturgico - musicale, che spiega il motivo per cui "Mosè in Egitto" rimane unico esempio sopravvissuto di quella stessa tradizione. Rendendolo un modello di riferimento per tutta la storia dell'opera dell'Ottocento.
Renato Ribaud
Il Mosè in Egitto di Rossini è tornato al Teatro dell'Opera dopo quasi vent'anni e non ha entusiasmato. La "prima" di martedì scorso è saltata per uno sciopero, e la sera dopo a dare voce e corpo ai personaggi di questa "azione tragico-sacra in tre atti", invece di Michele Pertusi (Faraone), Giorgio Surian (Mosè) e Lawrence Brownlee (Osiride), c'erano Randal Turner, Alessandro Guerzoni e Filippo Adami. Il resto del cast non era cambiato: Anna Rita Taliento (Elcia), Paula Almerares (Amaltea), Francesco Piccoli (Aronne), Irene Bottaro (Amenofi) e Federico Lepre (Mambre).
Il cast era disomogeneo: si distinguevano solo Guerzoni e la Taliento. Il primo si è disimpegnato bene sia dal punto di vista vocale sia da quello scenico, e la Taliento ha tratteggiato un'Elcia appassionata e convincente.
Per questo allestimento, proveniente dall'Ente concerti "Marialisa de Carolis" di Sassari, è stato chiamato sul podio Antonino Fogliani, trentunenne direttore siciliano di buona esperienza ed importanti esperienze rossiniane alle spalle. A parte qualche problema nel rapporto tra orchestra e palcoscenico nel primo atto, Fogliani ha poi trovato i giusti fraseggi e respiri. La risposta dell'Orchestra e del Coro (preparato da Andrea Giorgi) è stata puntuale.
Il regista Marco Spada ha chiesto allo scenografo Alessandro Ciammarughi soluzioni geometriche e simboliche: porzioni di piramidi, piani inclinati praticabili per i protagonisti, proiezioni, un rettangolo in verticale. Belle e funzionali le luci di Nevio Cavina. Alla fine applausi non più che cordiali. Nota dolente è stata la scarsa affluenza di pubblico: la platea era piena a metà e i palchi semivuoti. Con un titolo come Mosè una Fondazione dovrebbe sempre riempire il teatro.
Luca Della Libera