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ORFEO (L') - regia Pier Luigi Pizzi

"L'Orfeo", regia Pier Luigi Pizzi "L'Orfeo", regia Pier Luigi Pizzi

musica di Claudio Monteverdi
edizione Critica Bernardo Ticci Edizioni
personaggi e interpreti:
Orfeo Giovanni Sala
La Musica Vittoria Magnarello
Messaggera Margherita Maria Sala
Pastore I Massimo Altieri
Pastore II Luca Cervoni
Proserpina Delphine Galou
Speranza Maria Luisa Zaltron
Caronte Mirco Palazzi
Plutone Federico Sacchi
Euridice Eleonora Pace
La ninfa Chiara Nicastro

Accademia Bizantina
direttore Ottavio Dantone
Coro Cremona Antiqua
maestro del coro Antonio Greco
regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
coreografo Gino Potente
danzatori Elvira Maria Ambruoso, Amedeo Angelone, Maria Novella della Martira, Giampaolo Gobbi,
Giovanni Imbroglia, Anna Occelli, Gino Potente, Lilia Santarossa
light designer e regista collaboratore Massimo Gasparon
direttore di scena Giulia Paniccia
maestro collaboratore Valeria Montanari
assistente costumista Lorena Marin
Responsabile sartoria Manuela Monti
sarta Giulia Nonni
Responsabile Trucco e Parrucco Sabine Brunner
coproduzione Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Comunale di Ferrara
22 Gennaio 2022 - 20.00 Teatro Comunale Ferrara

www.Sipario.it, 31 gennaio 2022

Il mito di Orfeo musicato da Claudio Monteverdi ha aperto la stagione operistica del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara. Il regista Pier Luigi Pizzi, che firma anche le scene e i costumi, reinterpreta la geniale versione che negli anni Ottanta Luciano Berio gli chiese di allestire sulla piazza di Spoleto, con una rock band e strumenti barocchi, cantanti con voci naturali e non impostate, per recuperare e attualizzare la favola in musica. Pizzi ha scelto di allargare il palcoscenico fino a metà platea e di posizionare l’orchestra, l’Accademia Bizantina, ed il Maestro Ottavio Dantone, al clavicembalo, sulla prima parte del palco assieme ai cantanti e al Coro Cremona Antiqua. Questa disposizione sottolinea quanto nella lettura del regista sia la musica la prima protagonista, come sottinteso dal prologo in cui è ancora la Musica ad aprire l’opera, che si compone di una “Prosopopea della musica” e cinque atti. Lo spazio particolarmente raccolto attorno al palco ha creato, inoltre, un’atmosfera più vicina alla concezione di rappresentazione di corte, per la quale questo lavoro musicale fu scritto nel 1607. Fedele alla concezione monteverdiana di favola in musica, la direzione di Ottavio Dantone tratta la musica come materia drammatica senza limitare l’interpretazione della partitura a sostenere l’azione e il testo. Ogni atto dell'opera inizia con una sinfonia, è collegato a un singolo elemento della storia, e si conclude con un coro. L’azione teatrale è inserita in una scenografia essenziale: un fondale con aperture che rievoca il proscenio palladiano del Teatro Olimpico di Vicenza. Al centro del palco che si espande nella platea, la buca, nella quale scendono due rampe di scale, rappresenta l’Ade. In essa si inabissano e da essa riemergono i cantanti, prevalentemente giovani interpreti con presenza scenica dinamica e appropriata, diretti con moderna linearità. I costumi bianco e nero sono anch’essi semplicissimi, quasi a non distrarre dall’interpretazione di strumentisti e cantanti. Dopo il prologo della Musica (Vittoria Magnarello), Orfeo ed Euridice entrano insieme con un coro di ninfe e pastori. I pastori si raccolgono attorno ad Orfeo (Giovanni Sala) e le ninfe circondano Euridice (Eleonora Pace), che si dirigono nel tempio per celebrare le nozze. Orfeo ritorna in scena con il coro principale ed elogia le bellezze della natura. Nei festeggiamenti gioiosi irrompe una messaggera (Margherita Maria Sala) che comunica la morte di Euridice, morsa da un serpente. Il coro esprime la sua angoscia. Orfeo, affranto e incredulo, comunica l'intenzione di scendere nell'Ade per persuadere Plutone a resuscitare Euridice. Speranza (Maria Luisa Zaltron) lo accompagna all’ingresso degli inferi, dove si imbatte in Caronte (Mirco Palazzi), che si rifiuta di portarlo attraverso il fiume Stige. Orfeo dopo vani tentativi prende la sua lira, incanta il traghettatore, che piomba in un sonno profondo. Orfeo prende poi il controllo della barca ed entra nell'Alde tra un coro di spiriti. Proserpina (Delphine Galou), incantata dalla voce di Orfeo, supplica Plutone (Federico Sacchi) di concedere al cantore di ricongiungersi ad Euridice. Plutone acconsente ma stabilisce che non dovrà mai guardarla prima di aver lasciato l’Ade. Orfeo infrange la clausola ed Euridice rientra per sempre nell’Ade. Ottavio Dantone e la sua Accademia Bizantina sono perfettamente a loro agio nel repertorio tardo rinascimentale e barocco: la sicurezza e la dinamica del ritmo offrono un’interpretazione ricca di sfumature musicali capaci di riprodurre la pratica degli affetti di cui Monteverdi è maestro insuperabile. Hanno ottenuto infatti risultati emotivi più intensi anche infrangendo le regole della poetica, secondo la singolare pratica monteverdiana. Tra i cantanti tuttavia calare Vittoria Magnarello negli atteggiamenti di una cantante pop mentre esalta la funzione platonica della musica, è una soluzione stridente che non sottolinea la musicalità della cantante e inserita in un’esecuzione fedele della partitura conferisce un sapore caricaturale. Seguono pulitissimi Massimo Altieri, Luca Cervoni e Enrico Torre nella parte dei tre pastori solisti del primo atto. Giovanni Sala è un Orfeo convincente e perfettamente a suo agio, l’interpretazione è molto espressiva soprattutto nel trasmettere il tormento del personaggio. Mirco Palazzi è un Caronte ben calibrato , e Federico Sacchi un Plutone misurato e preciso. Dopo gli accenti mesti della messaggera di Alice Grasso e la appassionata compostezza della Prosperpina di Daniela Pini, Euridice di Eleonora Pace delude un po’ le aspettative. Bella la rotondità timbrica della ninfa di Chiara Nicastro e il timbro scuro della Speranza di Margherita Maria Sala. Non convincono invece la danze moderne appena accennate da ragazzi in tenuta da tennis inizio ‘900 , ma lo spettacolo è nel complesso gradevole. Il regista assieme al direttore d’orchestra ha scelto per questa produzione un interessante finale aperto, né l’uccisione di Orfeo da parte delle Baccanti, che corrisponde probabilmente alla prima dell’opera, né Orfeo salvato da Apollo della successiva elaborazione. Nella lettura di Pizzi il cantore degli dei esce di scena solo, chiuso nella propria solitudine. Chiarisce il regista : “ È una soluzione che il pubblico di oggi può condividere. La prospettiva del finale aperto è più vicina al nostro tempo …”. Aggiunge Dantone: “Il Novecento è abituato alla prassi all’opera aperta. ….nella mia visione delle cose ciò che conta è recuperare e mantenere un linguaggio capace di trasmettere gli stessi identici affetti che si vivevano al tempo”.

Giulia Clai

Ultima modifica il Sabato, 05 Febbraio 2022 09:46

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