Duccio Ceccanti violino
Margherita Di Giovanni viola
Jacopo Di Tonno violoncello
Matteo Fossi pianoforte
AARON COPLAND PIANO QUARTET (1950)
MORTON FELDMAN FOUR INSTRUMENTS (1975)
WILLIAM BOLCOM PIANO QUARTET (1976)
SIENA, Teatro dei Rozzi, 21 febbraio 2025
MICAT in VERTICE – La Stagione di Siena
Per festeggiare i trent’anni del loro sodalizio, i componenti del quartetto Klimt hanno scelto un programma coraggioso, perfettamente nelle loro corde, sapendo di poter contare su di un pubblico di estimatori, di poter osare. Hanno osato non solo proporre un programma di musica del Novecento, tutto americano, tre brani non solo di difficile esecuzione, ma di altrettanto difficile ascolto. Qualcuno aveva pensato di trovare il Copland travolgente di Appalachian Spring, ma il Piano Quartet adotta il serialismo, una tecnica creativa che in questo caso utilizza undici note, e denota il percorso compiuto dallo stesso autore nel dopoguerra, frequentando la comunità artistica europea. Niente più emozioni, un trattato di logica. Con questa scelta di incipit il Quartetto Klimt continua il suo percorso di rapporto da musica e pittura, infatti il pensiero corre immediato alle proposte artistiche di Mark Rotkho o Robert Rauschenberg, concentrate su colore e materia che non vogliono esprimere altro che se stessi, un mondo estetico totalmente nuovo. Più lieve l’approccio con Four instruments di Morton Feldman, che fa percepire il silenzio all’interno del quale colloca le note, come Calder i suoi mobiles nello spazio. Impeccabile naturalmente l’esecuzione del Quartetto Klimt, che infatti nel 2014 ha pubblicato con Stradivarius la prima registrazione di Piano, violin, viola and cello, dello stesso, molto apprezzata dalla critica, dimostrazione di un percorso di ricerca che da Fiesole li ha portati oltreoceano. Più accessibile il Piano Quartet di William Bolcom, che alterna all’atonalità un magnifico Intermezzo in tempo di walzer accolto dai più con sentito piacere. Probabilmente i musicisti avrebbero preferito concludere il programma senza i consueti bis richiesti dal pubblico, poi hanno ceduto dapprima con un piccolo, delizioso Scherzino da divertissement di Alexander Gassmann, per poi concludere con l’Andante dall’op. 60 di Brahms…”era l’ora”, qualcuno ha sussurrato. Avranno un po’ tradito l’assunto che avrebbero voluto proporre nella sua rigida logica estetica, ma hanno preferito che il pubblico di ogni gusto se ne andasse contento. Perché, come abbiamo potuto constatare, qualcuno ha molto molto apprezzato proprio l’originalità della proposta, l’immersione in un mondo di suoni “altro”. Annamaria Pellegrini