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RAFFAELE PE, LA LIRA DI ORFEO – musiche di Händel, Vivaldi, Vinci, Broschi

Raffaele Pe e La Lira di Orfeo. Foto Serena Gallori Raffaele Pe e La Lira di Orfeo. Foto Serena Gallori

“Virtuosissimo”. Cinque cantanti, una voce
Anais Chen, violino I
Davide Medas, violino II
Krishna Nagaraja, viola
Nicola Brovelli, cello
Alberto Lo Gatto, contrabbasso
Nicolò Pellizzari, cembalo
Yoan Otano, fagotto
Martino Noferi, oboe e flauto
Gabriele Cassone, tromba naturale
Teatro alle Vigne, Lodi, 17 ottobre 2021

www.Sipario.it, 19 ottobre 2021

L’esecuzione vocale è ideale, l’alto livello offerto da “Virtuosissimo” ha donato la bella voce che ben conosciamo, nutrita da una chiarezza di dizione nonché di autorità. Nelle agilità è di una levigatezza assoluta, si destreggia tra un registro l’altro spaziando con eleganza ed omogeneità. Il gusto del programma, porta in sé il fascino delle sfumature, e quando l’emissione diventa così leggera e soave permette al controtenore lodigiano di salire con facilità grazie ad una tessitura in grado di modulare, alleggerire e vocalizzare. Nulla è lasciato al caso, i musicisti della “Lira di Orfeo” oltre ad una palpabile complicità possiedono nobiltà e personalità. Sanno legare, fare agilità, levità e restituire dalla ribalta – soprattutto negli assolo – l’espressività del rigo musicale. Ma come soleva dire in passato, i merletti e le trine di tali stupendi brani vengono sfoggiati con precisione, con una trasparenza e una ricchezza che assurgono al virtuosismo, come del resto già anticipato dal titolo della serata. Raffaele Pe, a margine del concerto ha concesso in esclusiva per Sipario il seguente pensiero “... Virtuosissimo è un invito a entrare nel mio mondo sonoro, nel mio modo di sentire questa musica dalla voce alla sfera strumentale... un mondo in cui ‘barocco’ è qualcosa di sorprendentemente vivo e attuale, adatto agli ascoltatori di tutti i tempi e di tutte le età... Cantare queste arie così impervie, composte per i più grandi divi del Settecento significa riportarne in vita lo spirito, l’entusiasmo, la spettacolarità contagiosa, insomma qualcosa di davvero irresistibile...”. E in effetti irresistibile lo è stato, il pubblico del Teatro alle Vigne di Lodi ha risposto con entusiasmo, ripetute chiamate in proscenio, richieste di bis e festanti applausi... Generosamente Raffaele e i suoi talentuosi musicisti (Anais Chen, Davide Medas, Krishna Nagaraja, Nicola Brovelli, Alberto Lo Gatto, Nicolò Pellizzari, Yoan Otano, Martino Noferi, Gabriele Cassone) hanno concesso arie supplementari ad impreziosire un già ricco programma così articolato: di Georg Friedrich Händel Suite in re maggiore “Water piece”, “Sento la gioia” da “Amadigi di Gaula” (aria di Amadigi per Nicolini), “Dove sei amato bene” da “Rodelinda” (aria di Bertarido per Senesino), “Curde furie” da “Xerses” (aria di Serse per Caffarelli), “Or la tromba” da “Rinaldo” (aria di Rinaldo per Nicolino), di Antonio Vivaldi “Concerto per flautino in do maggiore” e “Grave” dal Concerto per violino “Grosso Mogul”, di Leonardo Vinci “Son qual fiume” da “Didone abbandonata” (aria di Jarba per Gaetano Barendstadt), di Riccardo Broschi “Ombra fedele” da “Idaspe” (aria di Dario per Farinelli). Si parlava di bis, come non chiudere con “Lascia ch’io pianga” notissima e toccante aria, scritta per soprano da Händel. La rinascita culturale avviene non solo grazie alla scoperta ma soprattutto alla riscoperta, questo è il pregio del lavoro di Raffaele Pe con il suo ensemble: riarrangiare i brani preservandone l’intenzione originaria. È il punto fermo a cui si rifanno il gruppo strumentale cameristico per la musica barocca, capace di avvolgere l’astante, in un trionfo di solennità animata, con la grandiosità propria del periodo, supportata da elementi significativi e passaggi di abilità tecnica. Il controtenore dialoga con l’orchestra, tanto da rendere la sua voce una sinfonia, un tutt’uno imprescindibile tra eroi e divinità, tra cinque voci “divine” appartenute ad un glorioso passato, e a quel repertorio melodrammatico in grado ancora oggi di emozionare. Raffaele Pe conosce bene la musica e le sue interpretazioni restituiscono la melodiosità e la cantabilità tipiche della tradizione barocca, pur essendone caratterizzate da una contemporanea ricerca, raggiungendo così effetti di lucente drammaticità. Il pubblico se ben educato all’ascolto, adora il virtuosismo, che nei cantanti come l’artista lodigiano consiste soprattutto nell’esecuzione di variazioni ai brani cantati, in cui l’aspetto della laboriosità tecnica estrema arricchisce la pura efficacia dei sentimenti. Gli spettatori si sono lasciati conquistare dall’eccellenza barocca per perdersi nella poetica bellezza. Parafrasando un brano presentato in serata, “Raffaele ci ha consolati”, nel ritrovare la gioia del teatro dopo una lunga, e per certi versi dolorosa, assenza. Tra i più antichi maestri d’Italia, vigeva il “metodo Porpora”, i cui risultati non sono mai in dubbio quando si applicano anche all’oggi: rendere puro il suono, preservarlo da ogni inflessione gutturale e nasale, svilupparlo in tutta la sua ampiezza possibile, estendere i limiti, unire i registri laringei e sopralaringei, dare alla vocalizzazione facilità, agilità, fermezza e legato, e infine infondere all’articolazione della parola cantata, la più grande chiarezza possibile, nelle modificazioni dei diversi accenti. Come ci viene riportato da Sandro Cappelletto ne “La voce perduta: vita di Farinelli, evirato cantore” l’impegno di studio giornaliero era così suddiviso: alla mattina un’ora di passaggi di difficile esecuzione, un’ora di lettere, un’ora di esercizi di canto davanti allo specchio per apprendere i vantaggi della parsimonia e i rischi dell’abbondanza nei gesti e nelle espressioni da fare in scena. Al pomeriggio mezz’ora di teoria musicale, mezz’ora di contrappunto improvvisato su cantus firmus, un’ora di lettura dei libretti che gli allievi avrebbero in seguito intonati, infine esercizi di respirazione (...) il risultato era quello di ottenere una grande potenza sonora quasi surreale rispetto al timbro di voce, e una lunghezza di fiati spropositata rispetto agli standard moderni”. Ci piace pensare che ancora oggi sia così con i dovuti distinguo, l’arte tutta necessita di impegno, rigore, disciplina, e ordine. Raffaele afferma che “Il barocco è la gemma più preziosa e più rara, non può essere di tutti... La musica quando è veramente bella sa sempre come rapirti e ti mostra la strada”. Nello spettacolo musicale presentato a Lodi (che ha visto il suo debutto alla Pergola di Firenze, ed ora in tourneé per la stagione 2021/2022), si trova un barocco dalle differenti e molteplici ambiguità, ma anche estrosità, fantasie e bizzarrìe, perché quello è stato il secolo degli stili. Forse il periodo storico con la maggiore variazione linguistica in musica, quasi di pari passo col mutare delle stagioni teatrali. Sovente si sfoglia il barocco come un enorme contenitore, ma più lo si approfondisce e più si nota una esplorazione incessante di novità”.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Martedì, 19 Ottobre 2021 03:47

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