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SCALA DI SETA (LA) - regia Stefania Bonfadelli

"La scala di seta" regia Stefania Bonfadelli. Foto ENNEVI "La scala di seta" regia Stefania Bonfadelli. Foto ENNEVI

Farsa comica in un atto. Libretto di Giuseppe Maria Foppa
Edizione critica della Fondazione Rossini in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Anders Wiklund
Musica di Gioachino Rossini
Direttore Nikolas Nägele
Regia Stefania Bonfadelli
Scene Serena Rocco
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Fiammetta Baldiserri
Orchestra e tecnici della Fondazione Arena di Verona
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
Personaggi e interpreti
Dormont Manuel Amati
Giulia Eleonora Bellocci
Lucilla Caterina Piva
Dorvil Matteo Roma
Blansac Carlo Lepore
Germano Emmanuel Franco
Verona, Teatro Filarmonico, 30 marzo 2022

www.Sipario.it, 31 marzo 2022

Prosegue la Stagione Lirica 2022 al Teatro Filarmonico di Verona con il terzo spettacolo in calendario, La scala di seta, farsa giovanile di Gioachino Rossini, mai rappresentata in questo teatro. Con questo titolo, composto quando non aveva ancora vent’anni, Gioachino Rossini si era guadagnato il titolo di erede di Cimarosa nel campo buffo, complice anche una trama che l’opera condivide con Il Matrimonio segreto cimarosiano. La Scala di seta rappresenta una delle creazioni più fresche e frizzanti del Pesarese, per l’azione ininterrotta e la ricca e geniale vena melodica. Su librettista Giovanni Maria Foppa, scritta per Rossini per il Teatro San Moisè nel 1812, (scrisse per Rossini, le farse Il signor Bruschino e l'Inganno felice) è montata sull'intreccio di una farsa amorosa costruita su consolidato gioco di relazioni ad incastro tra sposi segreti, tutori ossessivi, ed equivoci amorosi dove sempre tutto si ricombina nel migliore dei modi. Dando spazio a titoli che non comportano l'utilizzo di figuranti e coro, (sola eccezione il Rigoletto appena allestito) la Fondazione Arena per questa parte di stagione lirica si è incentrata sulla messinscena di atti unici o variamente assemblati, titoli di rara rappresentazione che hanno dato modo di far conoscere e apprezzare un altro repertorio, ma che con difficoltà ha fatto breccia nel pubblico più abitudinario. Nel contempo ha offerto opportunità a giovani artisti di consolidare la loro esperienza artistica e di sperimentare nuovi team tecnici con una particolare attenzione alla creatività femminile. Così è stato per questa produzione della farsa rossiniana che si presentava con la regia di Stefania Bonfadelli, già soprano con una importante carriera internazionale, passata alla regia, affiancata qui per le scene da Serena Rocco, per costumi da Valeria Donata Bettella, con luci di Fiammetta Baldiserri. Titolo non nuovo per Stefania Bonfadelli già sperimentato in una brillante e innovativa regia nella passata edizione del festival Rossini in Bad Wildbad 2021. La regista, nell’allestimento veronese, ha trasportato la vicenda negli anni'50, in un negozio di stoffe e di abbigliamento, che nulla toglie alla funzionalità dell'azione e al gioco delle parti, anzi ne amplifica quasi la modernità di commedia borghese. Ne risulta una regia raffinata che evidenzia il ritmo dell'azione nella successione dei numeri musicali, senza cadere nella trappola della farsa comica o nella marcatura grottesca dei personaggi, tenendo ben legati tutti i personaggi l'uno con l'altro. Uno spettacolo ben gestito, equilibrato, caratterizzato anche da una gestualità accurata e contenuta, finalizzata alla concretezza dell'azione scenica, mai banale o fuori luogo, comprensibile al pubblico che riesce ad essere partecipe della trama e delle sottigliezze interpretative. Certamente il giovane cast ha saputo ben interpretare i dettami della regia ciascuno per le sue caratteristiche vocali e d'interprete. Il soprano Eleonora Bellocci, già Gilda nel Rigoletto appena concluso, definisce una Giulia giovane ma consapevole delle sue scelte, senza sfrontatezza. Si esprime con sicurezza nelle parti più acute della sua parte specie nell'aria “Il mio ben sospiro e chiamo”. Possiede una bella voce anche se non di volume, chiara nel fraseggio e sicura nelle salite all’acuto come ha dimostrato dell’aria “Il mio ben sospiro e chiamo”. Nel gioco delle parti le ha fatto da contrasto sua cugina Lucilla, che seduce e incanta Blansac (destinato ad essere lo sposo di Giulia secondo il volere del tutore Dormont), tanto che è facile capire che Blansac non ha avuto difficoltà a decidere di sposare invece Giulia, una Lucilla ben delineata dal mezzosoprano Caterina Piva, dotata di voce morbida e facile alle parti acute della sua tessitura. Anche le parti maschili sono risultate interessanti con il giovane tenore Matteo Roma, come giovane sposo segreto Dorvil, che ha dimostrato di avere doti di tenore di grazia, in possesso di note acute che sa gestire con competenza e senza irruenza eccessiva. Maestro del genere comico rossiniano, il basso Carlo Lepore nel ruolo di Blansac che porta in dote alla spettacolo questa sua esperienza di basso rossiniano resa sempre con note potenti e vocalità capace di dare sostegno ai sillabati dei concertati dimostrando di essere parte e guida di questa giovane compagnia. Proveniente dall'esperienza nello stesso ruolo nel Rossini in Wildbad del 2021, Emmanuel Franco, come Germano, che nell'apparire sempliciotto e imbranato, ha dimostra di possedere una buona capacità di buffo-baritono ma ancora da perfezionare. Un momento clou è stato il suo duetto con Giulia, in cui interpreta male le sue richieste come una presunta dichiarazione d'amore innescando l'equivoco della grande scena del cosidetto "rendezvous", l'incontro degli sposi che si incontrano grazie alla scala di seta lasciata pendolare alla finestra, riservando a lui la caratterizzazione più comico e farsesca dell'opera. Completa il cast il Dormont di Manuel Amati, che il libretto ritaglia una parte poco più da comparsa. La direzione di Nikolas Nägele, con l'Orchestra della Fondazione Arena, ha restituito la frivolezza della musica rossiniana, senza fretta, segnando i momenti più lirici della partitura, e soprattutto guidando e sostenendo i cantanti in palcoscenico. Gli sono sfuggiti alcuni passaggi un po’ sfuocati degli archi, ma nella condizione di un’orchestra collocata a livello della platea, è stato capace di non soverchiare le voci e di non esagerare con i volumi sonori. Pubblico divertito, peccato che non fosse così numeroso visto il titolo e la sua durata (90min.), nella seconda rappresentazione del mercoledì sera, eppure capace di generosi applausi per solisti e direttore.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Giovedì, 07 Aprile 2022 12:29

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