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SALOME' - regia Alexander Edtbauer

Salomé Salomé Regia Alexander Edtbauer

dramma musicale in un atto
dal poema di Oscar Wilde, musica di Richard Strauss
direttore: Massimiliano Caldi, regia: Alexander Edtbauer, scene e costumi: Karen Hilde Fries
con Leonardo Gramegna, Francesca Scaini, Sofia Soloviy, Costantino Finucci, Vincenzo Sarinelli, Francesca De Giorgi, Nicola Amodio, Massimiliano Silvestri, Domingo Stasi, Giovanni Coletta, Michele Aurelio Bruno, Emanuele Genovese, Giuseppe Ranoia, Marcello Rosiello
orchestra internazionale d’italia
Martina Franca, Palazzo Ducale, 22 e 24 luglio 2007

Corriere della Sera, 26 luglio 2007

Se la Salomé torna Francese

L' edizione dell' opera con le parole di Wilde è una rarità

Il celebre Dramma di Oscar Wilde Salomé (1891) è, come tutti sanno, in un letterato e artificiosissimo francese (il che spiega, peraltro, l' errato accento sulla e finale): sforzo virtuosistico di un non francese in questa lingua eguagliato solo, e superato, dal successivo Martyre de Saint-Sebastien di Gabriele D' Annunzio, che resta con le musiche di scena di Claude Debussy. Scritto a Parigi, ha per fonte indubbia il terzo, in ordine di pubblicazione, dei Trois contes di Flaubert, Hérodias (1877). Quest' ultimo vive imperituro di forza propria, nulla aggiungendovi una traditrice versione operistica di Massenet (stesso titolo, 1881). All' immortalità della Salomé di Wilde, per quanto si possa ammirarla, ha tuttavia dato l' apporto decisivo il Dramma Musicale in tedesco di Richard Strauss Salome (1905), da pronunciarsi, per le esigenze di quest' altra lingua, con l' accento sulla a, di nuovo errandosi, dunque. Ma tale è la forza di Strauss: chi oggi direbbe, filologicamente, Salòme, quando nella memoria del pubblico internazionale, sorta di deposito collettivo, risuona Sàlome? «Sàlome, tanz für mich» («Danza per me, Sàlome»), implora il tetrarca Erode, e tutti col fiato sospeso ci attendiamo il seguito della vicenda. Nel 1905 Strauss era già uno dei più celebri compositori sinfonici e direttori d' orchestra viventi. Aveva riportato, nel teatro musicale, due insuccessi i quali ex post appaiono ingiusti. Ma la sua versione del Dramma di Wilde fu una sorta di schiaffo al mondo musicale internazionale: invano si dice succès de scandale per la perversione della vicenda, ché l' opera s' impose dovunque e a dispetto di tutto e tutti per la sua immensa, ancor oggi inalterata, potenza drammatico-musicale, per sua forza nel raffigurare un mondo insieme barbarico e decadente come quello del Medio Oriente del I secolo p. Ch., per il miracolo d' un compositore sanissimo che penetra con totale sicurezza in abissi psicopatologici e sa trasfigurarli in bellezza. Da questo momento principia la folgorante carriera dello Strauss operista. Strauss era, oltre che sommo compositore, uomo di teatro infallibile. La Salome doveva essere, come l' originale, un atto unico. Wilde si piace di decadenti enumerazioni, del giuoco di puri nomi di cose ed essenze preziose: Strauss certo non rinuncia a questa possibilità estetistica, ma nel suo testo tedesco accorcia assai quello di Wilde. Così calcolati i tempi della musica, la declamazione musicale di Strauss essendo rapidissima ma comunque, per le oasi liriche, più lenta di quella parlata, si arriva a una rappresentazione di circa un' ora e quaranta minuti, dopo di che siamo tutti col cuore in gola. L' uomo di teatro infallibile fece tuttavia forse l' unica cosa superflua della sua vita. Con il prezioso aiuto di Romain Rolland, grande scrittore e storico della musica, volle riadattare al suo testo, ormai addirittura esemplare, i versi francesi di Wilde, coi quali il suo lavoro non aveva avuto mai un vero contatto «tecnico», solo ispirativo. O piuttosto volle adattare il suo lavoro a quanto del testo poteva usare, chi sa quale delle due sfumature vada più vicino al vero. Naturalmente questa Salome di Strauss, ridiventata Salomé, in francese colle parole proprie di Wilde, è una rarità e una ghiottoneria, specie per chi la sconosca, e si comprende l' idea del Festival di Martina Franca di metterla in cartellone, specie per l' autorità della versione musicale, dovuta al giovane maestro Massimiliano Caldi, a riprova che per gl' Italiani non debbono esistere confini nazionalistici di repertorio. Il risultato è curioso, e per due ragioni. La prima è che tutti posseggono praticamente memorizzato il testo tedesco e se l' aspettano in anticipo nel corso dell' azione, battuta per battuta, sicché ciò che si ascolta suona involontariamente ogni volta come una delusione. Poi, ogni lingua possedendo una sua sonorità, musicalità e musicabilità, le composizioni di vocali e consonanti immaginate da Strauss in tedesco non s' adattano sempre in modo felice, per ritmo e colore, al testo insieme primo e nuovo: la voce «passa» assai meno. Bisogna essere grati al Festival per l' allestimento perché solo grazie a esso possiamo giungere a emettere un giudizio pratico, altro che studio della partitura. Salome è un esile soprano leggero, Sofia Soloviy, Erodiade una forza come Francesca Scaini, ed un Erode pieno di esuberanza, malizia e di grande recitazione Leonardo Gramegna. La messinscena (regista Alexander Edtbauer) si definirebbe ridicola al quadrato se non fosse indegna. Primo, per il portar essa all' inizio del Novecento europeo quel mondo orientale antico ch' è miracolo di Strauss aver dipinto. Poi, perché la Danza dei Sette Veli è fatta a due, Salome ed Erodiade là dove il testo è formale, Erodiade vietandola alla figlia. Infine, perché spiccato il capo dal busto a Jochanaan (san Giovanni Battista) questi esce, integro, dalla cisterna, recando la sua stessa testa sul bacile. Qui si abusa.

Paolo Isotta

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:45
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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